In un momento del genere è difficile farsi coraggio con la razionalità. Perché la razionalità può produrre al massimo illusione o speranza, non può produrre evidenza e consapevolezza che sono caratteristiche di un percorso per accedere a un nuovo livello di coscienza.
Ci sono dei periodi che portano ad accelerare questo processo, anche se ogni forma di esperienza che voglia portare a una percezione diversa dell’esistere deve passare necessariamente attraverso una diversa possibilità di esperire l’esistenza.
Questa possibilità è stata a lungo relegata in scuole iniziatiche o all’interno di percorsi esoterici, ossia nascosti alla generalità degli esseri umani.
Questo percorso ha come caratteristica principale la percezione dell’irrealtà dell’esistenza, del velo di Maya che si frappone tra noi e la percezione della realtà.
Quale può essere la via maestra per affrontare questo periodo per chi vuole coglierlo come opportunità di trasformazione?
Il paradosso è che questo percorso iniziatico ci sta venendo imposto.
Si potrebbe dire che la gestione del Covid è un insegnante saturniano: per quanto ci minacciano, la loro minaccia è di toglierci il superfluo.
Una delle prime evidenze che scopre chi affronta questi percorsi di trasformazione è la consapevolezza del nulla che attira i nostri desideri. Stanno impedendo di accedere a luoghi che vengono chiamati di socialità quando invece sono semplicemente una forma di aggregazione superficiale basata su modi di consumismo. Il fatto che la chiamino socialità fa venire la pelle d’oca perché è il contrario di una socialità di valore.
La socialità falsa è una simulazione di una vicinanza fisica ma che rimane in una distanza sostanziale. La socialità autentica si fonda sull’evoluzione interiore dei singoli soggetti che a quel punto non hanno più bisogno di luoghi ma sono essi stessi i fondamenti di una socialità che è seme di evoluzione.
Il consumismo è quello della personalità: più si consuma più si viene consumati. Quando un evento esterno richiama gli uomini al nulla della loro esistenza, allora si apre una nuova porta. Ed è inutile definire tiranno chi in realtà ha fatto suonare la sveglia e ci ha messo di fronte alla nostra realtà. Come se avessero chiuso le giostre a chi pensava che fossero la vita.
Quello che stiamo vivendo è un periodo che sembra disperato per chi da tempo si è fatto dannare: in realtà si deve accettare in sé questo dolore, questa sottrazione di superfluo e comprendere che la disperazione che ne consegue è la disperazione per la mancanza di sé, non perché indotta da eventi esterni che, per quanto drammatici, nulla potrebbero se avessimo mantenuto la nostra consistenza interiore.
È inutile affrontare la snervante dialettica indotta dal sistema, perché si cerca solo di saltare con la razionalità sostituendo un pensiero con un altro pensiero, ma il sistema psicorganico è ormai strutturato e pensare che un pensiero possa sostituirsi a quel modo è assolutamente illusorio.
Se si ha il coraggio di abbandonare questa dialettica, ritroveremmo una domanda semplice che è alla base di ogni percorso di ricerca: io chi sono?
Potremmo così individuare nel mostro il maestro, scoprendo il buono che agisce con il viso del cattivo.
Ci siamo ritrovati tutti in un percorso iniziatico che sta costringendo i più capaci a rinunciare al mondo. Una rinuncia che sta venendo imposta non deve suscitare la nostalgia di un mondo che era la reale causa di tutto ciò che stiamo vivendo adesso.
È inutile prendercela con l’effetto, bisogna prendercela con la causa: avere accettato entusiasticamente il luna park.
La giostra è finita, le luci si spengono. È in questo buio che va cercata la scintilla di una luce non più artificiale.
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