La scelta sulla riapertura dei navigli sembrava una decisione che riguardava solo i milanesi. Sembrava. Perchè alla prova dei fatti si sta capendo che il potere di decisione non spetta a Milano.
DI CHI è Milano? Dei milanesi o di Roma?
Erano stati oggetto della campagna per diventare sindaco. Navigli: riaprirli oppure no?Su questo Sala aveva fatto all in, per dimostrare a chi lo accusava di essere troppo poco visionario di avere per Milano un progetto di alto respiro. In fondo, già i milanesi (il 94%) si erano espressi a favore, con il referendum del 2011. Quindi abbiamo i cittadini e il sindaco di Milano d’accordo. Può bastare, sì? In realtà no. E lo abbiamo capito dal dibattito degli ultimi giorni.
Ministro contro Ministro
Bonisoli, ministro della Cultura dei Beni Culturali, è infatti entrato a gamba tesa dichiarando che «Riaprire i Navigli è sciocchezza totale». Al suo attacco si è opposto un altro ministro, Salvini «I Navigli sono storia, sono cultura, sono bellezza».
Una questione locale, la riapertura di una parte di Navigli, è così diventata una questione nazionale. Un ministro contro un altro ministro. Si tratta della solita Roma ficcanaso su questioni locali oppure la realtà è un’altra? Se fosse proprio Roma ad avere competenza di decidere sui Navigli?
Almeno nel nostro ordinamento la realtà è che, ci piaccia o no, Milano non è di Milano: chi ha competenza sulla scelta della riapertura dei navigli è Roma, così come per qualunque altra decisione strutturale nella città. L’architettura dello Stato italiano è chiara, avvalorata tra l’altro dalla stessa storia dei navigli.
Chi ha interrato i navigli?
La decisione di interrare i navigli è del 1929. Quasi un secolo fa. Risale al 1929: mentre Wall Street crollava a Milano i navigli finivano sotto il cemento. In piena era fascista il governo di Roma prese una decisione che si infischiava della storia di Milano. Forse oggi i milanesi hanno maggiore libertà di esprimere la loro volontà, come infatti suggerisce lo stesso ministro Bonisoli ipotizzando un nuovo referendum, ma la verità è che i milanesi non hanno potere sulle scelte strutturali che riguardano la loro città.
Chi decide infatti qualunque modifica rilevante sull’urbanistica della città? Risposta: il braccio armato a Milano del ministero dei beni culturali.
Il braccio armato di Roma a Milano
Chi prova a fare qualcosa di impatto urbanistico, a Milano come in ogni altra città d’Italia, lo sa bene. Non si muove foglia senza che la Soprintendenza lo voglia. Anche perchè il suo potere in materia è pressoché illimitato.
Come stabilisce la legge dello Stato, “La Soprintendenza esercita, nel territorio di competenza, un’articolata attività di tutela, conservazione e valorizzazione dei beni immobili di interesse storico e artistico realizzati, appartenenti a enti pubblici o istituti legalmente riconosciuti; l’attività si estende anche ai beni immobili appartenenti a privati, se dichiarati di interesse particolarmente importante”.
In realtà sono diverse le Soprintendenze, che seguono delle regole istituite in gran parte con la riorganizzazione del 1939. Già, il fascismo. Sempre lui. Anzi, una delle prime riforme del governo Mussolini fu proprio l’istituzione delle “soprintendenze dell’arte medioevale e moderna” nel 1923 che rilanciavano i poteri attribuiti con l’Unità d’Italia.
La nostra città non è nostra
Il dibattito sui navigli a Milano rischia di essere pertanto uno specchietto per le allodole, siamo andati fuori tema, come si diceva a scuola. E’ inutile che sindaco, giunta o noi stessi accusiamo di ingerenza il ministro di turno che si esprime sul futuro dei navigli come di qualunque altra cosa strutturale della nostra città. E’ inutile perchè dobbiamo riconoscere che la nostra città non è nostra. Non è del sindaco, della giunta, del consiglio o dell’oligarchia di chi ha più potere in città. La realtà è che Milano è di Bonisoli, è del governo di Roma e, se vogliamo fare qualcosa, possiamo solo chiedere a Sala di andare con il cappello in mano dalla Soprintendenza. Dove un funzionario romano deciderà se concederci la riapertura dei navigli, l’accesso a un parco pubblico o, perfino, la ristrutturazione di un palazzo privato.
Tutto a Milano è di Roma, anche le nostre case più belle. Senza diventare città stato qualunque lamento o rivendicazione di maggiore potere è solo un buco nell’acqua. Anche se dei navigli.
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ANDREA ZOPPOLATO
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