Porta Nuova è il nuovo polo d’attrazione di Milano: con la passerella inaugurata nel 2015 che regala un suggestivo colpo d’occhio su Bosco Verticale, Piazza Gae Aulenti, quello che resta del quartiere di Brera e il rinato quartiere Isola. Nelle belle giornate a nord si possono ammirare anche le Alpi con le creste innevate. Tutto splendido, se non fosse per un parallelepipedo di acciaio, ferro, vetro, grigio, lasciato a se stesso, sopra la fiumana di mezzi che lo solca da sotto in Via Melchiorre Gioia. E pensare che immaginando il naviglio che un tempo passava lungo la via, quella costruzione potrebbe rappresentare il nostro Ponte Vecchio. Con le debite differenze, si intende. Ma cos’è questo edificio che fa da ponte su Via Melchiorre Gioia e come mai è abbandonato?
Quel Palazzo a forma di Ponte che aspetta il ritorno dell’acqua
Ogni giorno migliaia di automobili passano sotto questo colosso caduto in disuso e che si staglia come un ponte sopra Melchiorre Gioia, il lungo viale dedicato al sacerdote, patriota e martire, studioso, esperto di scienze economiche, autore, tra gli altri scritti, del “Nuovo Galateo”, 1838.
Potremmo ribattezzarlo “il Ponte Vecchio di Milano”, un po’ per prenderlo in giro, un po’ per tornare con l’immaginazione agli inizi del ‘900, quando la via era solcata dai battelli e dall’acqua. [continua dopo le foto]
Su questo punto di via Melchiorre Gioia, fino agli ’60 scorreva il Naviglio della Martesana, così come il canale artificiale era stato voluto in età sforzesca a partire dal 1460 (circa).
Il fratello più moderno, e più brutto, del Ponte Vecchio, è stato costruito come Centro Direzionale di Milano con gli uffici comunali, ovvero era una emanazione di Palazzo Marino, seguendo il piano regolatore del 1953. Peccato che non sia mai stato completato.
Qualche irriducibile e fautore della riapertura dei Navigli l’ha immaginato come un palazzo-ponte sotto cui far tornare a scorrere l’acqua. Prima di sognare però è lecito chiedersi come mai questo edificio così in vista sia in totale stato di abbandono.
A cosa doveva servire il “Ponte Vecchio” di Milano?
L’obiettivo del palazzo era farne un polo terziario posto a nord del centro cittadino, fra le due importanti stazioni ferroviarie Centrale e Garibaldi, più agevole da raggiungere considerata la congestione del centro cittadino con il traffico delle auto.
La posizione era stata pensata come ‘super strategica’: da una parte, Stazione Centrale; dall’altra, la vecchia stazione di Porta Nuova, oggi hotel di lusso e di eventi by Maison Moschino, più di recente sostituita nella sua funzione da Stazione di Porta Garibaldi.
“Il baricentro dell’hinterland milanese, persino dell’intera Regione” dicevano che sarebbe diventato. Un po’ perché sarebbe stato collocato all’incrocio tra due assi attrezzati – due autostrade urbane mai realizzate, la metropolitana verde (oggi M2), la nuova stazione ferroviaria collegata alle linee regionali delle Ferrovie dello Stato (attuale Porta Garibaldi FS), le Linee celeri della Brianza che non vennero mai realizzate. Un po’ perché, per renderlo un sito iper-accessibile, per lui sarebbero arretrate stazioni e sarebbero stati sventrati quartieri e palazzi (come Corso Como, via Borsieri).
Le campagne per realizzarlo? Furono divise in due momenti: la prima, nel 1955; la seconda, nel 1962. A interrompere i lavori fu la mancanza di normative “che limitassero l’ulteriore espansione del terziario nel centro storico, che proseguì inesorabilmente per tutti i decenni successivi”, si trova scritto nel web, “e l’ostilità al progetto degli abitanti dei vari quartieri” oltre che l’inevitabile insostenibile costo degli espropri.
Tutto intorno, un’anarchia architettonica. Se da una parte sorgevano i Grattacieli come il Pirelli, le aree rimaste vuote e inedificate per decenni venivano parzialmente occupate dal Luna Park delle Varesine.
Il progetto venne definitivamente abbandonato nel 1978, con la variante al “piano regolatore [che] sancì il definitivo abbandono del progetto, definendo genericamente le aree ‘di interesse pubblico’, sostanzialmente impedendo qualsiasi edificazione o sviluppo della zona”.
E così rimase abbandonato e ignorato fino al 2004, quando il progetto di riqualificazione “Progetto Porta Nuova“, fece dell’area delle ex-Varesine e dell’attiguo quartiere isola un po’ come accadde alla Fenice: risorse dalle sue ceneri.
E il “Ponte Vecchio” di Milano? Neppure la riqualificazione dell’area lo ha sottratto dal suo degrado. E per ora del “gemello” bello di Firenze gli resta solo la forma e il sogno di venire riscoperto un giorno nei secoli a venire.
Foto dal web