Quali sono le regole del pranzo o della cena di Natale? Molte sono innate in ogni italiano, ma ogni Regione o città ha le sue. Ecco allora i 10 comandamenti da rispettare a tavola durante le feste se ci si trova a Milano.
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Il Natale gastronomico milanese: i 10 comandamenti
#1 Non avrai altri occhi che per lui
Sua maestà il panettone. Anzi Panettone. Nato nella notte dei tempi come panetun o pan grand panaton denatà è lui ad essere il fulcro della sacralità laico-gastronomica milanese del 25 dicembre. Nonostante gli eccessi a tavola tendano ad oscurarne il desiderio e a minimizzarne l’opportunità di consumo, lasciamo il doveroso spazio per concludere il santo desco con il dolce lievitato simbolo di Milano.
#2 Non nominare altri panettoni farlocchi con il suo nome
Saranno buonissimi, estrosi, artistici, gastronomici e gourmet. Ma le gocce di cioccolato e lo zenzero, la polvere di caffè e le pere non rientrano nel concetto di “Panettone tipico della tradizione artigianale milanese”. Sono altro: opere pregevoli e magari stellate. Ma a Natale all’ombra della madunina occorre santificare quello tradizionale che sa di burro, uvetta, cedro e arancio canditi.
#3 Ricordati di santificare la tavola di Natale
Non è giorno di dieta e di leggerezze, di innovazioni e aperipranzi. A Natale ogni piatto vale, purché preparato con passione e amore, con voglia e desiderio di condividerlo con le persone più preziose.
#4 Onora il brodo e le lunghe cotture
Il primo corrobora, riscalda e dona preziosi nutrienti all’organismo. Le seconde, beh, se non a Natale, quando? Lasciamo bollire un cappone o cuocere a fuoco lentissimo un arrosto. Approfittiamo dei tempi non lavorativi per cuocere a ritmi umani.
#5 Non uccidere la fine del pasto con spumante o champagne
Che sia Franciacorta o un Trento doc, le bollicine si stappino all’apertura delle danze gastronomiche natalizie. La finezza e il perlage di questi vini speciali mal si sposano con la pesantezza e il trionfo zuccherino della fine pranzo.
#6 Non commettere atti impropri
Non assassinare il panettone (la sua fragranza e leggerezza, la sua divina struttura alveolata creata dai saccacromiceti) con il mascarpone. È come usare il cemento per un castello di carte. Il panettone, se è fatto come dio comanda, si apprezza da solo. Non c’è crema che possa esaltare ciò che dovrebbe essere già perfetto da solo.
#7 Non rubare troppe idee da Giallozafferano e dalla Prova del cuoco
O meglio: non esagerare, non osare troppo. Natale è comfort food, è viaggiare su preparazioni di cui si sa il punto di partenza e quello di arrivo. Benissimo le cocottine di verdure come aperitivo, ma il petto d’anatra con salsa d’uva al Porto e purè di sedano rapa possiamo lasciarlo per altre situazioni.
#8 Non dire falsa testimonianza su quanto c’è in tavola
Se lo chef che ha preparato il cocktail di gamberi o le capesante gratinate è il gastronomo dell’Esselunga, non bariamo e riconosciamogli il merito. Se il limoncello è passato di mano in mano fino ad arrivare sulla nostra tavola, beh, non decantiamo la strenua opera di estrazione di aromi e colore dalle bucce del dorato agrume.
#9 Non desiderare la location d’altri
La neve di Cortina o le spiagge di Miami appartengono ai film, sono proiezioni che basta spegnere per catapultarsi con gioia nelle soddisfazioni delle case, delle famiglie, degli amici e dell’allegro e sincero trantran del Natale ambrosiano.
#10 Non desiderare la roba d’altri
Allontana desideri gonfiati dei pensieri come i muscoli anabolizzati di certi culturisti. Certo, il Moet & Chandon è il top, così come il caviale di storione albino iraniano o il gambero rosso di Mazzara del Vallo. Ma la pietanza più pregiata e l’ingrediente più ricercato sono la passione e l’affetto che, chi ha preparato, ci ha messo dentro nel piatto.
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STEFANO CORRADA
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