Il vasto triangolo d’asfalto compreso tra via Giotto, via Pagano e via del Burchiello è un redditizio parcheggio a pagamento, per auto e per bus turistici (ospita anche una nutritissima schiera di venditori e parcheggiatori abusivi). La domenica, vi si insedia un mercato (la parte sfrattata delle bancarelle della fiera di Sinigaglia, quando questa fu trasferita sul naviglio senza poter dare più ospitalità a tutti gli ambulanti di un tempo). Nel periodo delle festività natalizie, s’innalza il tendone del Banco di Garabombo. Senza scordare, in vari momenti dell’anno, qualche altro tendone per iniziative varie, commerciali, sociali, benefiche, senza una vera regola o logica.
E’ fin troppo evidente come questa porzione di città non abbia avuto la valorizzazione che si sarebbe meritata, e oggi appare così, un po’ terra di nessuno, come una piccola landa dimenticata all’interno di un bel quartiere fatto di palazzi signorili, vie commerciali e i piacevoli giardini. Il tutto a due passi da corso Vercelli e corso Magenta.
E neppure il discorso della salvaguardia di uno dei pochi parcheggi milanesi sta in piedi, visto che proprio sottoterra si trova un ulteriore, più discreto, parking.
Per capire come sia nato questo “buco nero” dell’urbanistica, è necessario andare parecchio indietro nel tempo. Proprio qui, e dove oggi abbiamo i giardini che costeggiano via Pallavicino, intitolati a Vargani e a Bompiani, si estendeva un tempo l’immenso scalo ferroviario Sempione. Collegato verso sud alla stazione di porta Genova e alla cintura Sud mediante la scomparsa cintura Ovest, e alla stazione centrale (più a nord), era un importante snodo per le merci in arrivo e in partenza, al servizio della città.
Faceva il paio, per importanza, con lo scalo merci di Porta Romana (che ancora agonizza, in attesa di una vera riconversione).
L’atto di morte dello scalo Sempione arrivò nel 1931, quando fu inaugurata la nuova stazione Centrale, stazione di testa e non più di passaggio come la sua antenata posta in piazza della Repubblica.
Così, nell’ottica del vasto ripensamento del sistema ferroviario milanese, anche lo scalo Sempione e i binari che lo collegavano alla rete furono nell’arco di pochi anni dismessi completamente.
Un po’ alla volta furono demoliti i rilevati ferroviari (nel 1936 cadde il ponte che attraversava il contiguo corso Vercelli), e allo scoppio della guerra, i terreni un tempo occupati dai 15 binari e dai magazzini apparivano oramai come una vasta spianata in attesa di riconversione.
Il dopoguerra vide l’approvazione del Piano Regolatore del 1954: in questo documento di programmazione urbanistica lo spazio dell’ex scalo appare destinato a edificazione residenziale. In realtà, e per fortuna, una buona parte fu poi riservata a verde pubblico, come possiamo vedere oggi.
Solo la parte oggi adibita a parcheggio rimase al di fuori di qualsiasi progetto, essendo predestinata ad ospitare il cantiere per il passaggio (e una fermata) della linea uno della metropolitana, ideata per correre (inizialmente) da Sesto Marelli a Lotto.
E così fu: nel 1957 qui si aprì il grande cantiere per la fermata Pagano. Ma non solo: prima ancora che la linea venisse inaugurata (nel novembre 1964), proprio qui iniziarono i lavori per realizzare la biforcazione, quella che avrebbe portato alcuni treni fino a Gambara (passando per Wagner e De Angeli), a partire dall’aprile 1966.
Così, gli scavi tennero questo triangolo in scacco per quasi un decennio.
Terminati i lavori e ricolmata la voragine, lo spazio fu subito asfaltato e adibito a “parcheggio per la metropolitana”. Qui si lasciava la macchina per andare in centro con il nuovo (per l’Italia), superveloce, trovato della tecnica ferroviaria.
Peccato che neppure in tempi recenti, portata la linea uno fino a Bisceglie e fino a Rho, nessuno abbia avuto il coraggio di ripensare questo spazio per donargli una dignità, magari la medesima che ebbe e tutt’oggi ha il restante spazio un tempo occupato dallo scalo Sempione.
MAURO COLOMBO
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