I sindaci di Budapest, Praga, Bratislava e Varsavia hanno firmato il “Patto delle città libere” per proteggere e promuovere i valori comuni di libertà, dignità umana, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, giustizia sociale, tolleranza e diversità culturale che sono più governabili a livello di città che di nazione. Una sfida contro l’attuale idea di Europa dominata dagli stati nazionali a forte rischio di derive autoritarie. Milano da che parte starà?
Il patto per le CITTÀ STATO: quattro città europee lanciano la SFIDA agli STATI NAZIONALI
Pubblichiamo estratti articolo su “Insideover” – La “Visegrad parallela”: il patto tra i sindaci per sfidare Orban & Co.
# I sindaci delle quattro capitali sognano di rifondare le città-Stato
Come riporta Insideover: “Nel blocco di Visegrad sta rinascendo l’età comunale. Al nuovo “feudalesimo” instaurato dai governi di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, fatto di forte accento nazionalistico, difesa dei confini, tutela della sfera agricola e militare come baluardo di identità e formazione dell’individuo, i sindaci delle quattro rispettive capitali sognano di rifondare le città-Stato, realtà mercantili abitate da cittadini “orizzontali” con diritti di stampo più progressista e una maggiore partecipazione al governo, ponendoli quasi tutti su un piano di sostanziale parità.”
# Il “Patto delle città libere”
Per riuscire nel loro intento, “il sindaco di Budapest Gergely Karacsony, il primo cittadino di Praga Zdenek Hrib, lo slovacco Matúš Vallo di Bratislava, e il polacco Rafał Trzaskowski di Varsavia hanno firmato lo scorso dicembre nella capitale ungherese il “Patto delle città libere.”
Nel testo si legge: “Noi sindaci di Bratislava, Budapest, Praga e Varsavia ci impegniamo a proteggere e promuovere i nostri valori comuni di libertà, dignità umana, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, giustizia sociale, tolleranza e diversità culturale”. I primi cittadini si sono dunque impegnati a mettere a sistema tra loro le buone pratiche di gestione amministrativa e urbana in ambiti come la sostenibilità, la difesa dell’ambiente, l’inclusione sociale, l’edilizia urbana, i trasporti etc. In aggiunta a questo “Se come sperano i sindaci, dall’Ue dovessero trovare il modo di far arrivare, attraverso fini operazioni di lobbying, finanziamenti nelle casse delle Capitali anziché in quelle dei governi centrali, avrebbero modo di contrastare dall’interno molte delle derive politiche che hanno creato a vario titolo fratture tra l’Europa e i Paesi di VisegrAd.”
# Motivazione comune: rispondere alla crisi illiberale all’interno dei loro Paesi
Per motivare le singole iniziative ogni sindaco ha puntato sul contesto interno del proprio Paese. Detto dell’Ungheria “illiberale” di Orbán, Hřib ha invece fatto riferimento a un audit dell’Ue sui sussidi ricevuti nel 2015 da una società di proprietà del primo ministro Andrej Babiš, il “Donald Trump ceco” che però governa con l’appoggio esterno dei comunisti e in Europa sta con i liberali di Alde. Matúš Vallo invece, che ha detto di considerare le quattro capitali come “isole di democrazia”, sostiene che le Capitali siano capaci di mantenere la più alta concentrazione di diversità, sociale, religiosa, politica ed etnica e debbano vivere in base a criteri di tolleranza e apertura. Trzaskowski, che contro tutti i sondaggi ha sfiorato la vittoria alle scorse elezioni presidenziali contro Andrzej Duda, è riuscito a battere l’avversario in sede di ballottaggio in ben 26 delle prime 30 città della Polonia. Eppure, alla fine ha perso.
# La dicotomia tra progresso delle città e spopolamento aree rurali
Come sottolinea sempre Insideover “Se da un lato infatti i sindaci sostengono, a ragione, che lo sviluppo del blocco di Visegrad sia direttamente proporzionale alla crescita delle Capitali, dall’altro le aree rurali, oltre ad essere sempre più disabitate, sono addirittura più povere di prima. Le politiche pro-mercato che hanno fatto seguito alla fine del comunismo senza un reale passaggio di consegne, hanno permesso difatti al Pil pro capite di schizzare in alto, ma alla ricchezza di finire nelle mani dei pochi, aumentando le disuguaglianze e quindi anche il malcontento. Il tutto, poi, viene condito dalla voglia delle famiglie di “difendere i valori cristiani”, radicatissimi specie in Polonia e Ungheria, dall’avanzata delle istanze Lgbt e dall’atteggiamento delle élite liberal delle città cosmopolite che non perdono occasione per disprezzare i “retrogradi” delle campagne. Come un po’ in tutto il mondo, del resto, i nuovi aristocratici finiscono per odiare ciò che di fatto non riescono più a comprendere.”
# Le 3 vie per uscire dalla contrapposizione tra città e campagne
Uno scontro secondo Insideover, che più che tra città e nazioni, si terrebbe tra città a aree rurali: “La sfida della destra di Visegrád, dunque, che a ben guardare è più una battaglia di civiltà, consiste nel puntellare la presenza al di fuori delle città, ripopolare le campagne e incentivare la natalità. Così, se per Hřib l’apertura di canali finanziari indipendenti per affrontare le sfide delle città sarebbe l’unica ricetta giusta per combattere il populismo nella regione, i governi centrali potrebbero addirittura rafforzarsi qualora riuscissero a convincere i popoli del ruolo antagonista dei sindaci urbani liberali che incanalano i preziosi fondi Ue verso aree relativamente ricche. C’è anche una terza via, ben più estrema. Queste fratture tra campagne e città potrebbero portare a sollevazioni di carattere populista anche negli ambienti liberal, che finirebbero per avanzare istanze autonomiste o addirittura indipendentiste. Come già succede in diverse parti d’Europa e come potrebbe accadere anche in una Regione che, tra dominazioni straniere di vario tipo, retaggi totalitari e disuguaglianze sociali, presenta al suo interno culture, modi di vivere, sensi d’appartenenza e aspirazioni molto diverse tra loro.”
Fonte: InsideOver
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