Prima della Rivoluzione Francese gli scontri sulla scarsità del pane portarono il popolo all’esasperazione. Le rivolte di piazza per accaparrarsi quello che c’era nei forni si dice che portarono Maria Antonietta a dichiarare che se mancava il pane potevano mangiare le brioche.
Questa espressione è diventata simbolo dell’incapacità del potere di comprendere i disagi del popolo.
Ancor più colpevole è il potere che non capisce il malessere dei cittadini in un sistema democratico. L’articolo 1 della Costituzione italiana recita inequivocabilmente che la sovranità è del popolo. Significa che Governo e Parlamento sono dei delegati del popolo.
In questi ultimi tempi, con la protesta nelle piazze e sui mezzi di comunicazione più spontanei, sta emergendo un movimento popolare che si oppone al clima reazionario e autoritario, fatto di autorizzazioni imposte dal governo su attività che dovrebbero essere sempre liberamente consentite e che pongono l’Italia in una condizione di estremismo dispotico rispetto alle altre democrazie occidentali.
Invece di porsi con umiltà a cercare di comprendere queste istanze che vengono rivolte in modo trasversale da ogni parte geografica e settoriale, il governo, i politici e i media a loro prossimi trattano con disprezzo qualsiasi azione di protesta popolare.
Tutto ciò che è espressione del popolo e che si riallaccia alla sovranità popolare viene considerato dal potere in Italia in maniera denigratoria.
Chi governa tende a ridurre la sovranità popolare semplicemente al momento del voto, arrogandosi poteri illimitati tra una scadenza elettorale e quella successiva. Ma sovranità è un concetto più ampio del diritto di voto: il sovrano non era chi votava ma chi in modo permanente esercitava il potere.
Quindi il popolo è fonte, controllo e il soggetto abilitato, in quanto sovrano, anche a togliere il potere ai suoi delegati, nel caso in cui non siano in grado di esercitarlo nell’interesse dei cittadini.
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