La Grande Bellezza vanta anche il suo primato opposto: ha il palazzo più brutto del mondo. Si tratta dell’edificio più sgraziato che abbiate mai immaginato. Talmente brutto che persino il soprannome, “serpentone”, è inadeguato. Di forma non è nemmeno sinuoso, bensì dritto.
Il soprannome corretto, semmai, dovrebbe essere “diga antiestetica”, che fa da sbarramento al concetto oggettivo del bello. Ma scopriamo la sua storia.
Il “SERPENTONE”: nella GRANDE BELLEZZA c’è l’edificio più BRUTTO del mondo
# L’edificio lungo quasi un chilometro
Cose da fare quando un piano urbanistico deve per forza rispondere alle esigenze abitative: scegliere un lungo viale, prendere righello e matita, disegnare una diga alta più di 30 metri e lunga un chilometro e rovinare per 40-50 anni le vite di migliaia di persone, costrette ad abitare all’interno o vicino la mostruosità del Corviale.
Nato nel 1972 dalle idee di Mauro Fiorentino ed un team di 23 architetti, di proprietà dell’ex IACP oggi ATER Lazio, il complesso è composto da una mastodontica struttura principale di 986 metri di lunghezza, 37 di altezza, per 1200 appartamenti che ospitano migliaia di persone. Senza alcun senso e misura, hanno trovato spazio altri due edifici: uno parallelo al primo, ma più basso, ed un altro più lontano, orientato a 45° rispetto alla diga.
# Nato per risolvere la crisi degli alloggi
Originariamente pensato per risolvere la crisi di alloggi, scatenata da una massiva immigrazione, ha svolto due mansioni: aver dato riparo e mura ad esseri umani che vivevano davvero ai margini della città, in baraccopoli o all’addiaccio, e, essendo arrivato dopo lo squallore dei quartieri dormitorio privi di qualunque servizio, è stato realizzato prevedendo una notevole presenza di unità commerciali e servizi all’interno di questa che è, a giusto titolo, una città nella città.
L’idea di per sé era innovativa, un ripensamento delle periferie che avrebbe dovuto migliorare le condizioni di vita di intere famiglie. Ma pensare di realizzare migliaia di appartamenti ed assegnarli, con i tempi della lentocrazia romana, ha reso il Corviale vittima di occupazioni abusive fin da prima del fine-lavori. Ed è normale che da chilometro del cattivo gusto, il Corviale si sia tramutato nel chilometro del degrado.
# Le Corbusier muto!
La stecca principale del serpentone (chiamiamolo affettuosamente così anche noi, prima di irritare ulteriormente gli animi sensibili) è alta nove piani. Il progetto originario è, a detta di Fiorentino, ispirato a L’Unité d’Habitation di Marseille, una delle realizzazioni pratiche del pensiero urbanistico proposto da Le Corbusier. L’architetto svizzero, infatti, aveva una visione che lo ha portato a sviluppare L’Unité integrata con servizi quali asilo, negozi, lavanderia e ristorazione. Il progetto di Marsiglia era pensato per eliminare, secondo Le Corbusier, il livello dimensionale tra il singolo edificio e la città, relegando il primo ad un sottomultiplo della seconda.
# Tutta un’altra storia
Le Corbusier a Marsiglia è riuscito a sviluppare l’Unità di Abitazione in verticale, con ragguardevoli introduzioni architettoniche. Si pensi, ad esempio, all’adozione dei pilotis a forma di cono rovesciato per sorreggere tutto l’edificio e separare le abitazioni dal contatto con la terra e alla rinuncia ai muri portanti, delegando tutto il peso della struttura ai soli pilastri. Oppure all’intuizione dell’arretramento degli stessi pilastri rispetto al filo dei solai, che permette la realizzazione delle facciate indipendentemente dal resto dell’abitazione; fino al tetto abitabile, o tetto giardino, adibito a diverse funzioni di aggregazione sociale degli abitanti l’Unità.
Noi no, non siamo stati così fortunati. I servizi commerciali previsti lungo tutto il quarto piano del Corviale, non hanno mai visto la luce. Le unità sono infatti vittime, fin da subito, di occupazioni abusive e la situazione perdura ancora oggi, dopo 40 anni. Qualche servizio qua e là è fornito, certo. All’interno delle stecche si trovano, ad esempio, un distaccamento del Municipio XI, uno dei vigili urbani, un centro anziani ed anche un centro per il disagio mentale (chissà come mai). Così come qualche artigiano, che si è visto sfrattare dalle botteghe in centro, è riuscito a realizzare la propria attività in alcuni spazi ricavati appositamente nella spina centrale. L’edificio ospita anche l’incubatore di impresa del Comune di Roma che, in un ambiente così suggestivo ed ispirante, rende uffici, sale riunioni e attrezzature multimediali, a disposizione delle nuove imprese culturali.
# Quale futuro per il Corviale?
Il 2021 sarà l’anno di rinascita del Corviale, annunciano trionfanti alcuni giornali e addetti ai lavori. Il serpentone è un paziente molto malato: guardato a vista da sempre, osservato da vicino e da lontano per trovare la cura migliore e, si auspica, la completa guarigione. Dopo anni di idee e proposte, tra cui l’unica ragionevole l’abbattimento, vince la cocciutaggine tipica della mancanza di coraggio: il Corviale è oggetto di diversi bandi, che durano anche da decenni, per una sua riqualificazione.
L’architetta Laura Peretti, vincitrice del bando nel 2015, si ispira alle grandi fortezze, ma anche agli antichi acquedotti romani per «liberare il gigante» dal degrado, con un piano che riguarda solo gli spazi pubblici. “L’intenzione è di restituire un’identità al luogo. Finora Corviale è stato riconoscibile come icona, ma mancano del tutto gli spazi dove la comunità possa formarsi e riconoscersi. Una lacuna ben più grave della generica “assenza di servizi” che viene spesso citata”.
Finalmente verranno differenziati gli accessi portandoli dagli attuali 5 (sic) a 27, cosicché “ogni abitante potrà arrivare a casa in maniera diversa, troverà all’ingresso un giardino diverso, e potrà appropriarsi del parterre davanti casa costituendo magari un nucleo coi vicini, una comunità”.
# L’epoca dei rendering
Oggi siamo tutti un po’ fissati con la mania del controllo, con la pretesa di vedere un rendering prima che venga presentata una qualsiasi opera, soprattutto nelle periferie delle grandi città. E il motivo è ben giustificato: mentre gli amministratori locali e le archistar sono destinati a tornare nelle loro belle case in centro o nelle dolci colline di una qualunque tra le meraviglie del mondo, i cittadini, che la periferia la vivono, sono poi gli unici a dover coabitare con quelle scelte.
# Bisogna pensar bene a ciò che si idea
E se dobbiamo suddividere gli spazi costruendo città nelle città, in modo così brutale e orrendo, è segno che dobbiamo trovare il coraggio di ripensare l’espansione amministrativa perfino del singolo comune, prima che queste manie di grandezza si scontrino con il buon gusto, o costringano veri esseri umani a vivere in un super quartiere integrato dai servizi, ma isolato da tutto. Neanche il più azzardato esperimento quantistico potrebbe immaginare di prendere Colico (comune in provincia di Lecco che ha pressappoco gli abitanti del Corviale) e comprimerla in 986 x 37 metri. Senza prevedere, per lo meno, un paio di musei per i suoi 7.000 abitanti.
Continua la lettura con: ROMA si TRASFORMA: tre nuovi progetti per ex-Poligrafico, ex-Zecca, ex-Arsenale
LAURA LIONTI
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
ENTRA NEL CAMBIAMENTO: Ti invitiamo a iscriverti alle nuove newsletter di milanocittastato.it qui: https://www.milanocittastato.it/iscrizione-newsletter/
Ti manderemo anche notizie che non pubblichiamo sui social
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.