Il SOUTH WORKING: lavorare a Milano stando AL MARE

L'obiettivo è di mitigare le disparità di lavoro tra le due parti d'Italia e prospettare un modo alternativo per concepire il lavoro nel nostro Paese

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Credits: unadonna.it - Lavoro al mare

Un progetto pilota lanciato da venti professionisti trentenni coinvolge i comuni di Milano e Palermo, e rispettive aziende e dipendenti, e ipotizza la possibilità per dipendenti di aziende con sede al nord di lavorare al sud in smart working per alcuni periodi. L’obiettivo è di mitigare le disparità di lavoro tra le due parti d’Italia e prospettare un modo alternativo per concepire il lavoro nel nostro Paese.

Il SOUTH WORKING: lavorare a Milano stando AL MARE

# L’ideatrice del progetto Elena Militello: “Potenzialmente potrebbe mitigare le disparità fra nord e sud”

L’idea di lanciare questo progetto pilota che unisce simbolicamente Milano e Palermo per fare lavorare dal sud i dipendenti di aziende del nord, è di Elena Militello, ricercatrice dell’Università del Lussemburgo, originaria di Palermo che ha lasciato nel 2010 per andare a Milano a studiare alla Bocconi. Poi il dottorato fra Stati Uniti e Germania, e in seguito il contratto di ricerca a tempo indeterminato nell’ateneo della piccola nazione europea. Pur trovandosi a suo agio in Lussemburgo vorrebbe avere la possibilità di poter lavorare anche in Sicilia o dalla Sicilia, a maggiore ragione in seguito alla pandemia da Covid-19 e la diffusione del lavoro in remoto.

Il progetto si chiama South Working e come primo terreno di prova avrà Milano e Palermo. Penso si possa cominciare ad immaginare un mondo diverso rispetto a quello di ieri grazie alla tecnologia e al lavoro agile. Un mondo nel quale alle persone sia consentito per periodi più o meno lunghi di trasferirsi al sud dove la qualità della vita è più alta e il costo molto più basso mantenendo il proprio posto nelle aziende attuali”. La prospettiva è ridiscutere le logiche che hanno portato le menti migliori a dover gravitare attorno a pochi grandi agglomerati urbani, in Italia come all’estero, costringendo le stesse aziende a limitare il reclutamento a determinate aree geografiche vicine alla propria sede ovvero in città congestionate, dove lo stipendio è utile a coprire giusto le spese necessarie per vivere.

# I benefici: meno costi, qualità della vita più alta

Lavorare per obiettivi invece che per tempo potrebbe avere ricadute positive dal punto di vista economico per i lavoratori, basti fare un confronto con gli affitti di un appartamento di cento metri quadrati nel centro storico di Roma con uno in quello di Lecce: il primo a 1600 euro al mese, il secondo a 600 il secondo, una differenza abissale. Va considerata inoltre la qualità di vita in termini di clima, inquinamento e ritmi più sostenibili.

Il progetto vede coinvolti altri venti professionisti, attorno ai 30 anni e tutti con esperienze all’estero, in parte aderenti all’associazione Global Shapers, legata al World Economic Forum, che ha 425 centri in 148 Paesi. L’ideatrice Elena Militello afferma “Non si tratta solo di trovare le modalità adatte, da quelle legali a quelle economiche, affinché chi è del sud possa tornare a vivere per certi periodi nella propria terra. Se fosse praticabile è un’opportunità per chiunque, al di là del luogo di nascita. Ma dobbiamo verificare in dettaglio la fattibilità”. La scelta di Milano e Palermo è dettata dal fatto che sono le due città italiane più cablate, e quindi più infrastrutturate a livello di connessioni digitali con l’obiettivo di arrivare a un patto istituzionale con aziende e comuni, delle linee guida e contratti quadro e spazi di coworking dedicati in entrambe le città.

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L’idea va oltre lo smart working. Si potrebbe mitigare le disparità fra nord e sud. Si tratta di intendere il lavoro in una nuova prospettiva: la digitalizzazione significa progresso non necessariamente per vie industriali tradizionali o nel settore del turismo. La rinascita di Lisbona grazie alle startup è un esempio.”

Al momento è stata fatta una lista di settori, di aziende e centri di ricerca interessate a valutare il “south working”: portali web, multinazionali italiane come Eni ed Enel, studi professionali che occupano avvocati, ingegneri, architetti, commercialisti, consulenti. Inoltre è stato predisposto un primo sondaggio per vedere chi e quanti vorrebbero vivere altrove perché non sono soddisfatti della loro quotidianità.

# Il target di lavoratori: 1 milione fissi più 5 milioni saltuari

Ad oggi però solo milione di persone potrebbe lavorare da remoto, secondo uno studio del Politecnico di Milano, e cinque milioni hanno la possibilità di alternare la presenza in ufficio qualche giorno ad altri in smart working. Pertanto poter vivere a Palermo lavorando per una azienda di Roma, Milano o Torino è ancora un’ipotesi lontana se non per singoli casi, ma l’idea del progetto “south working” rimane una via alternativa di concepire il lavoro in un prossimo futuro, che la pandemia da Coronavirus ci ha comunque già fatto intravedere. Rimarrà da capire come riuscire a bilanciare tutto: l’economia delle grandi città del nord e degli esercizi commerciali, la qualità della vita dei cittadini e la desertificazione di popolazione del sud Italia.

Fonte: repubblica.it 

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.