Easy Rider è un film simbolo che ha rilanciato il cinema americano con il movimento della new Hollywood. La trama è molto semplice: due personaggi si muovono in motocicletta all’interno degli Stati Uniti. È un classico road movie tranne quando alla fine arrivando a New Orleans il film entra in una dimensione onirica con il consumo di droghe tipico dell’epoca.
Negli anni sessanta e settanta la fuga dalla realtà si perseguiva con il consumo di stupefacenti che da un lato consentiva di uscire dalla banalità quotidiana piccolo borghese della società occidentale e dall’altro veniva usato in maniera conscia e strumentale come un modo per stimolare la creatività.
Questo scopo ricercato nelle droghe è stato via via sempre più normalizzato a livello di società che ha moltiplicato le modalità virtuali di evasione dal quotidiano rendendola sempre più endemica.
Una evasione dal reale che si attiva nel mondo virtuale, di internet, dei social, della stessa tv, che ha una dimensione collettiva non più individuale.
Si fugge dalla realtà della propria vita che è governata da forze spesso imprevedibili e che ha una atipicità fortemente soggettiva, per riparare in una realtà collettiva, artificiale, che è totalmente controllata dai mezzi di informazione e sociali che l’hanno costruita.
Si scappa pertanto da una realtà in cui comunque si era liberi per approdare in una forma di gabbia in cui tutte le scelte sono già programmate e ogni tipo di immaginazione al di fuori di questa realtà fittizia deve essere repressa.
La condizione per stare nella società è di essere in fuga dalla realtà. Chi è in contatto con la realtà è un asociale.
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