Stefano Bolognini, classe 1975, nato a Bergamo, è l’assessore di Regione Lombardia con delega alle Politiche Sociali e alla Casa.
Laureato in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi di Milano, si iscrive all’allora Lega Nord nel 1994, dove ricoprirà vari incarichi nel movimento giovanile prima e nel partito poi. Dal 2005 al 2007 è stato assistente di Matteo Salvini all’Europarlamento.
Intervista a Stefano BOLOGNINI (LEGA): «Molti rappresentanti politici milanesi e lombardi sosterranno il Referendum»
Come vede attualmente la città di Milano dal punto di vista italiano, europeo ed internazionale?
Ad oggi Milano è la città più internazionale ed europea del paese, e sotto alcuni punti di vista rappresenta un unicum. Attrae stranieri, aziende, giovani, studenti ed è il punto di partenza di molte tendenze. Questa è Milano: purtroppo non è così il resto del paese, che ha dinamiche diverse.
Come dice lei Milano attualmente è un faro in un paese che in parte è nell’ombra. In che ottica definire questo?
Milano da qui al 2030 aumenterà di 30000 il numero degli abitanti, la città di Napoli, che ha un’area metropolitana con cui possiamo confrontarci anche dal punto di vista Nord-Sud, ne perderà 150000. A una mia domanda che ho fatto al docente dell’Università di Venezia che ha fatto questo studio “Verranno tutti a Milano?”, la risposta è stata che già oggi i napoletani, più dinamici dal punto di vista dello studio, dal punto di vista delle start up, delle professioni, vengono a Milano perché qui trovano un contesto che non c’è nel resto del paese trovando le condizioni per crescere umanamente, professionalmente, senza andare all’estero.
Nel 2026 arriveranno le Olimpiadi. Attualmente sappiamo che sia il sindaco, sia i presidenti delle regioni che ospiteranno l’evento, stanno cercando di contrattare con il governo per avere “poteri speciali” per poter arrivare ai giochi con infrastrutture e servizi pronti. Perché serve questa legge? Così come siamo strutturati amministrativamente, potremmo avere problemi?
Oggi la complessità della burocrazia nel paese rende i percorsi amministrativi lunghi e molto spesso questo li porta a fermarsi o farli perdere. Ad oggi non c’è la certezza che alcune opere verranno realizzate, per la complicazione che hanno attualmente le norme. Per questo entro certi limiti, dove ci sono le condizioni intelligenti per poterlo fare, si deve derogare con poteri speciali, autonomie e norme semplificate.
Se serve creare strade, collegamenti con gli aeroporti, eccetera, queste strutture servono, non solo per le Olimpiadi, ma anche a Milano ed al resto del paese.
Forse davvero dobbiamo far comprendere, facendo un salto culturale, che quello che serve a Milano può essere utile per il resto d’Italia: ne gioverebbero tutti.
Dobbiamo quindi, per ora, aspettare sempre l’arrivo di grandi eventi per togliersi delle ingessature burocratiche, tramite queste leggi dette speciali, quando la città di Milano potrebbe già eliminarle ottenendo i poteri amministrativi previsti dall’articolo 132 della Costituzione Italiana (diventando una città regione ndr).
Questo è un esempio molto puntuale, perché le stesse difficoltà che ci sono state per realizzare il modello gestione di Expo, che era di Milano ma ha portato beneficio al paese, ci sono ora per le Olimpiadi. Ci fa capire come Milano, ma in altre circostanze anche altri territori, devono avere dei poteri speciali o delle procedure semplificate, per realizzare infrastrutture e non solo.
La verità è che oggi siamo in una situazione paradossale: per fare le opere a Milano, dobbiamo formalizzare ogni volta una legge speciale. Allora direi, in una forma che si può valutare, che questa legge speciale per una maggiore forma di autonomia dovrebbe diventare ordinaria.
Mi dice che questa forma di maggiori competenze amministrative dovrebbe essere la norma. C’è qualcuno che sta cercando di portare avanti questi obiettivi? Attualmente è Milano Città Stato che sta facendo leva su queste tematiche e le sta portando avanti
Questo è rappresentativo di un aspetto particolare di Milano, dove la politica sa essere più lungimirante che nel resto del paese: spesso queste dinamiche partono dalla società civile, dai comitati e dalle associazioni, come è Milano Città Stato.
E quindi il fatto che oggi ci sia un’associazione ed un progetto editoriale come Milano Città Stato, che riflette in modo laico, molto maturo e molto moderno su quale possa essere la visione di Milano dando alla città anche lo stimolo per migliorarsi, è un arricchimento della politica. Quando si riesce a fare una simbiosi tra la popolazione civile e la politica, le scelte sono sempre le migliori.
Non è un caso che spesso a Milano i sindaci difficilmente sono politici di mestiere, ma arrivano dalla cittadinanza, intercettano determinati bisogni, che poi li portano a fare l’attività politica. Milano Città Stato ne è un bell’esempio virtuoso.
Uno dei possibili passaggi per fare in modo che Milano possa diventare una città stato, anzi per essere più corretti una città regione, è quello di un referendum. Quali sono gli ostacoli che potremmo trovare lungo questo percorso?
Io vedo 2 ostacoli. Uno, le complicazioni e le difficoltà normative rispetto ad un iter, anche se virtuoso poiché manifesta la volontà popolare. Due, creare le condizioni culturali affinché la gente capisca e partecipi in modo consapevole ad un passaggio così importante e delicato.
Quanti milanesi, oggi, comprendono veramente che maggiori poteri possono davvero dare un grande aiuto a Milano e al territorio circostante?
Quindi oltre l’iter normativo, una delle principali problematiche sarebbe il coinvolgimento della popolazione milanese o l’appoggio della politica, in un iter di referendum?
Tutti e due. Per coinvolgere i cittadini è necessaria la macchina politica e viceversa. Se Comune di Milano, Città Metropolitana e Regione Lombardia avessero coraggio e sostenessero dal punto di vista istituzionale o dal punto di vista culturale il referendum, porterebbero far conoscere queste tematiche ai cittadini.
Dal vostro punto di vista, di Milano Città Stato, c’è già una maturazione nel portare avanti un dialogo ed un confronto con la politica. Poi da quando a Milano Città Stato è stata riconosciuta la civica benemerenza, l’amministrazione comunale in modo bipartisan ha riconosciuto valore alla vostra proposta.
Prima accennavamo ad un maggior coraggio da parte delle forze politiche. Quindi non c’è coraggio nei cambiamenti nelle forze politiche? Perché? Una riforma costituzionale per la città di Milano potrebbe dare fastidio a qualcuno?
Attualmente se dovessimo chiedere ai cittadini di altre città, se gli va bene che Milano diventi autonoma, a caldo risponderebbero di no, anche se in realtà andrebbero a giovarci anche loro. Se si fa comprendere che una forma di autonomia e federalismo, potrebbe essere un volano anche per loro, forse la loro posizione cambierebbe.
Oggi lo sforzo più grande può essere rappresentato dalla necessità ed opportunità di condividere tutto questo con il resto della regione e del paese: il fatto che se Milano diventa più autonoma e più forte, diventano più forti anche gli altri territori. Sono temi molto stimolanti che condivido e che mi sento di sostenere. Servirà tanta energia e tanto lavoro, perché dovremo abbattere anche delle barriere mentali.
Tutti sul carro vincitore di Milano, quindi, ma se si parla di maggiori competenze amministrative dicono di NO. Perché? Di cosa si ha paura?
Il cambiamento fa sempre paura.
Ma senza cambiamento non ci si evolve.
Milano così vincente può portare a sentimenti di gelosia, ostacolandola per paure di egemonia sul paese. Questo va ribaltato, mettendo Milano nelle condizioni di aiutare anche gli altri.
Se Milano dovesse avanzare una proposta di referendum popolare, per rendere Milano una città regione, e se i milanesi si esprimessero in maniera favorevole verso questa riforma costituzionale, come reagirebbero a Roma?
Io penso molto male, lo vedrebbero come un golpe.
Però mentre parlava, forse per la prima volta, mi ha fatto pensare a una legge votata 2 legislature fa, in cui sancivano il ruolo di Roma Capitale dandole più poteri, in virtù proprio del fatto di essere capitale. Roma è rimasta come era prima, anzi è andata indietro, Milano senza aiuti e senza più poteri è cresciuta. Questo è l’esempio lampante che, se Milano avessi maggiori competenze amministrative, non impedirebbe ad altre città di crescere. Il caso Roma-Milano ne è la prova.
Il modello di Città Stato non è qualcosa di nuovo, perché sia in Europa che nel resto del mondo molte città usufruiscono di questi poteri amministrativi: Londra, Berlino, Madrid e tante altre. Perché questo modello non è stato portato in Italia? Tanto più su Milano, che attualmente è la città più idonea per potere avanti questa tipologia di modello amministrativo.
La paura del cambiamento ci paralizza.
Possiamo mettere Milano nelle condizioni di poter competere a livello mondiale con queste realtà, che già sono delle città stato, avendo minor peso burocratico, potendo usufruire di maggiori risorse finanziarie, ecc.? Forse all’estero hanno un vantaggio competitivo, che noi in Italia non replichiamo. Perché non facciamo diventare anche Milano una città stato e la facciamo competere partendo dallo stesso livello delle altre città?
Ha fatto bingo! Molte società lasciano Londra per la Brexit e stanno aprendo a Milano.
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Sì ma la lasciano, perché “costretti”.
Sì, però lasciano Londra per venire a Milano perché qui trovano determinate condizioni, dove poter replicare le loro attività.
Ma ci sono due fattori di criticità. I tempi della giustizia, che nel nostro paese sono un freno, e la complessità della burocrazia. Allora se con dei poteri speciali, o una determinata forma di autonomia, si snellissero certe procedure e si semplificasse la vita non sono ai milanesi e alle aziende milanesi, ma anche agli investitori esteri, arriverebbero molte, ma molte più imprese sul territorio milanese. Con tutti i vantaggi che ne seguirebbero.
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Ultima domanda. Cosa state aspettando quindi a dare il pieno sostegno al progetto che Milano Città Stato sta portando avanti?
Quando ci sono stati occasioni di confronto sulle tematiche che Milano Città Stato porta avanti, la politica di Milano ha avuto grande sensibilità nel sostenerli. Un esempio su tutti è l’Ambrogino d’Oro. Quando inizierete, in maniera formale, ulteriori percorsi di realizzazione, per esempio l’iter del referendum, la politica potrà e vorrà in modo spontaneo aderirvi.
Quindi voi ci appoggerete in caso di referendum?
Quando ci sarà, molti dei rappresentanti politici milanesi e lombardi lo sosterranno. Quando ci sono temi importanti per il territorio, Milano ha saputo andare oltre gli schieramenti politici. L’autonomia di Milano e del territorio è un caso su cui bisogna trovare questa convergenza.
LUCIA MARTINAZZO
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