La sua attitudine ad essere poliedrico, eclettico, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da presentare al pubblico, sono state le caratteristiche di un artista generoso.
JOHNNY DORELLI, una vita al massimo
# Da Milano a New York, dove imparò a cantare
Johnny Dorelli non si vede da qualche tempo, forse l’età gli sta consigliando di starsene un po’ dietro le quinte, dopo una vita vissuta (e goduta) al massimo, nel “rosso dell’uovo”, come si diceva una volta in provincia, come sinonimo di “sotto i riflettori”. Lui la provincia l’ha vissuta a lungo, pur essendo nato a Milano. In età giovanile infatti visse a Meda, nella casa della propria famiglia. Nasce il 20 febbraio 1937. A 11 anni, a guerra finita e Repubblica Italiana appena iniziata, parte per gli Stati Uniti per raggiungere il padre, Aurelio Guidi, un tenore che portava lo pseudonimo di Nino D’Aurelio. Fu proprio Aurelio a far debuttare il figlio: “ho iniziato la mia carriera con piccoli spettacoli al fianco di mio papà”, confidò Johnny Dorelli (nome d’arte di Giorgio Domenico Guidi), in un’intervista degli anni settanta. Iniziò a cantare a New York, li fece le scuole, studiò al Conservatorio, imparò la musica e cominciò a cantare.
# Il ritorno in Italia: il debutto a Napoli
Torna in Italia dove, nel 1956, debutta a Napoli, al Festival della Canzone di Piedigrotta: qui lo notano alcuni addetti ai lavori del mondo dello spettacolo, che gli danno la possibilità di debuttare in Tv al Musichiere. Nel 1957, sempre a Napoli, passa all’Avanspettacolo, un’esperienza che, a vent’anni, è una buona gavetta, “anche se in realtà di gavetta ne ho fatta poca, sono stato fortunato a trovare abbastanza presto la possibilità di esibirmi con una certa autonomia”, confidò a Pippo Baudo in una “Domenica in” del 1977.
# Le nove partecipazioni al Festival di Sanremo, la prima insieme a Modugno con “Nel blu dipinto di blu”
Dorelli rivelò che nei primi anni di carriera aveva un difetto: “la “erre” moscia, caratteristica che allora era considerata intollerabile nel mondo della canzone. Per correggere questa “erre” mi consigliarono di esercitarmi dicendo frasi in cui la R la sostituivo con la D”. Chissà se è stato questo consiglio a far diventare la sua voce tra le più riconosciute e apprezzate, sia come cantante, che come attore. Nel 1958 entra nella storia, con “Nel blu dipinto di blu”, cantata al Festival di Sanremo abbinato a Domenico Modugno. L’anno dopo, sempre con Modugno, presentò “Piove”: due canzoni che hanno raggiunto l’Olimpo della musica e due vittorie di fila.
Al Festival si è presentato nove volte, l’ultima nel 2007 con il brano “Meglio così”.
# Uno showman a tutto tondo
Ma Dorelli è anche attore, compositore, conduttore televisivo, speaker radiofonico, e…showman a tuttotondo. Ha scritto tante canzoni, ha inciso circa venti album, ha recitato in trentaquattro film per il grande schermo e quindici per la Tv. Ha condotto programmi televisivi e ha preso parte a storiche pubblicità.
Al Cinema ha lavorato al fianco di Totò, Peppino de Filippo, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Milena Vokotic, Paolo Villaggio e Gloria Guida, con la quale nel 1979 iniziò una relazione, sfociata in matrimonio nel 1991 e tutt’ora ancora presente.
Nel 1974 è Don Silvestro in “Aggiungi un posto a tavola”, la commedia musicale di Garinei e Giovannini diventata il simbolo del musical italiano. Nel 1984 è il maestro Perboni in “Cuore” di Comencini, mentre nel 1988 è Zeno Cosini ne “La coscienza di Zeno” in un ruolo drammatico, dopo anni di canzoni e commedie.
# Un “arrampicatore amoroso”
Maurizio Costanzo tanti anni fa lo definì “arrampicatore amoroso”. Le sue tre principali relazioni sentimentali hanno rappresentato per Dorelli altrettante importanti tappe della vita e della carriera: da Lauretta Masiero ha avuto Gianluca, da Catherine Spaak ha avuto Gabriele e da Gloria Guida, la figlia Guendalina. La sua attitudine ad essere poliedrico, eclettico, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da presentare al pubblico, sono state le caratteristiche di un artista generoso. Generoso ed elegante, con quell’aria sempre un po’ da prenderti in giro che, come si avvicina al limite dell’irriverenza, sa che quello è il momento di deviare verso l’ironia.
FABIO BUFFA
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