Qualche riflessione dopo il martedì di fuoco che ha aperto la crisi di governo. Ho molti motivi di preoccupazione ma ancora una grande speranza.
La CRISI di governo vista da Milano (città stato)
#1 Conte
Non so se l’abbia fatto per ripicca personale o per ingraziarsi il PD ma il modo con cui Conte ha dileggiato il suo vice ministro uscente non l’ho trovato edificante. Nè per i tempi, o lo diceva prima o era meglio stare zitto, né per i modi, molto ineleganti che rischiano di disintegrare l’immagine elegante che l’uomo ha sempre cercato di trasmettere.
#2 Renzi
Questa crisi ha resuscitato Renzi. Questi sono i commenti unanimi. Il suo discorso è stato forse il più brillante della giornata. Però il suo atteggiamento mi lascia un senso di amaro sotto la lingua come di qualcosa di sgraziato che si è messo in bocca o come il fastidio all’orecchio per una nota stonata. Credo che chi è in una squadra o in un partito dovrebbe esserne sempre al servizio, condividendone le scelte e rispettando chi in quel momento è il leader. Mi sembra che invece si sia comportato da cavallo solitario, che parlando a nome del PD abbia espresso sue opinioni personali, mettendo in imbarazzo il suo segretario. La mia sensazione è che Renzi stia diventando vittima del suo essere bomba, di una sua tensione a fare esplodere il progetto di cui è parte, che sia un governo o un partito. Mi sbaglierò ma credo che il suo modo di fare sia più pericoloso per il PD che per Salvini.
#3 Salvini
Non mi riesco a unire alle critiche sulla forma del suo intervento, sul crocifisso, sul ritiro della sfiducia, sul Papeete e su tutto ciò per cui lo stanno bersagliando tutti. Tutto quello per cui chi lo odia lo attacca è lo stesso per cui tanti lo amano. Quindi credo che chi non lo ama debba capire che se lui è fatto così bisogna farsene una ragione e a quel punto affrontarlo non sulla forma ma sui contenuti. Anche sul fatto se abbia fatto bene o male ad aprire la crisi non mi sento di dare un giudizio. L’unico giudizio obiettivo che si potrà dare sarà sulla base di quello che avverrà, valutandolo nell’interesse suo, della lega e del Paese. Quello che personalmente non ho apprezzato è il suo passaggio in cui ha rivendicato di essere un uomo libero e che la lega è fatta di uomini liberi. Credo che questo sia il punto più pericoloso di Salvini: il suo concetto di libertà. La verità è che nessuno di noi è libero, né tanto meno chi governa un paese. Ci sono dei vincoli che ognuno deve rispettare, come quello di non bere acido muriatico o di non spendere e spandere al di sopra delle risorse che si hanno a disposizione. La sensazione è che abbia una visione un po’ distorta dell’economia, fatta di spesa dissociata dalle entrate, una visione dell’economia che potrebbe essere figlia di una vita da stipendiato statale, con la convinzione che qualunque cosa succede a fine mese i soldi ti arrivano. L’ossessione per la spesa pubblica come motore dell’economia ha il grande rischio, se non la certezza, di produrre ancora più debito, che è il vero macigno che ci sta legando e, quello sì, togliendo la libertà. Non so voi, ma io credo che di debito ne abbiamo già più che a sufficienza, con o senza l’Europa che ce lo ripete.
#4 Milano (e l’Italia)
E sul concetto di libertà di Salvini arrivo al mio più profondo motivo di preoccupazione. Mi sembra che la politica italiana stia rotolando verso sud, inteso come cedere sempre di più a una mentalità levantina che non promette nulla di buono. Sembra assodato tra tutte le forze politiche che l’unica politica praticabile per rilanciare l’economia sia quella di aumentare la spesa pubblica, dell’intervento dello stato, della flessibilità sul deficit con conseguente nuovo aumento del debito. Questa strategia in perfetta continuazione con tutte le principali politiche economiche del nostro paese dagli anni ottanta in poi si è mostrata fallimentare. E il motivo è semplice: dal punto di vista economico tra i tre attori del sistema, Stato, famiglie e imprese, il soggetto economicamente più inefficiente nell’impiego del denaro è lo Stato. Questo perchè le imprese per sopravvivere da un euro devono creare un valore economico superiore, le famiglie almeno devono mantenere il pareggio, mentre lo Stato è l’unico attore che è portato a spendere più di quello che produce: anche perchè il suo deficit sarà qualcun altro a coprirlo.
Insieme alla spesa pubblica come strumento di rilancio dell’economia, c’è un’altra ideologia diffusa nell’amministrazione dello stato che mi preoccupa seriamente. E’ quella che l’autonomia penalizzi le regioni più arretrate. Si tratta invece proprio dell’opposto: tanto più premi con più soldi e aiuti dello Stato chi gestisce male le sue risorse, tanto più incentivi chi fa male a fare ancora peggio.
L’idea che il sud abbia più bisogno di investimenti pubblici mantenendo un’assenza di responsabilità sulla sua gestione è il più grande pericolo non solo per il futuro di Milano e del nord ma per l’intero paese, in un momento in cui l’unica certezza all’orizzonte sembra essere proprio questa: qualunque sarà il prossimo governo con o senza elezioni, la sfida tra tutte le forze politiche rischia di essere quella di conquistarsi i voti del sud, in un momento in cui i voti del nord sembrano ormai assegnati. E per conquistarsi i voti del sud la modalità sia la stessa di sempre: la spesa assistenziale.
L’idea che il sud abbia più bisogno di investimenti pubblici e di assenza di responsabilità sulla sua gestione è il più grande pericolo non solo per il futuro di Milano e del nord ma per l’intero paese
Concludo con la speranza che dopo il triste spettacolo messo in scena da tutte le forze partitiche, la comunità dei milanesi abbia la saggezza di smettere di farsi ammaliare dalle sirene ideologiche dei partiti, che ci vogliono divisi e strumento passivo del loro potere, e che invece prenda in mano il suo futuro con responsabilità e unità di azione. Come sta facendo Hong Kong con la Cina, credo che arriverà il giorno in cui Milano saprà alzare la voce contro uno Stato che ci sta indirizzando all’autodistruzione.
ANDREA ZOPPOLATO
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