La GOCCIA della Bovisa: storia e futuro del bosco segreto di Milano

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Goccia

Oggi sono i grattacieli e i grandi complessi immobiliari, un tempo erano le industrie a dare forma al futuro di Milano. Per capire quanto siano cambiati i tempi basta fare un salto nella goccia della Bovisa. 

Ciò che rimane sono scheletri di cisterne arrugginite, magazzini vuoti e capannoni divorati dalla vegetazione. La “Goccia della Bovisa” è un’area abbandonata nella zona nord ovest della città di 42 ettari di bosco e ruderi a forma di goccia.

Si tratta dell’area dove sorgeva l’Union des Gaz che ha avuto il merito di portare a Milano un’innovazione storica: consentì ai milanesi di accendere la luce nelle loro case, oltre che di potersi lavare con l’acqua calda.

E’ il 1905 e l’Union des Gaz di Parigi costruisce delle officine in grado di produrre una grande quantità di gas ricavato dalla distillazione del carbon fossile. Fino ad allora l’illuminazione in città e nelle case funzionava prevalentemente ad olio con i lampedee, gli operai accenditori, che accendevano o spegnevano le poche lampade poste sulle strade.

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Con l’arrivo dell’Union des Gaz le cose cambiarono e la luce artificiale si fece strada via via in tutte le case della città. In più ci si poteva anche lavare con l’acqua calda e cucinare senza la stufa a carbone. La materia prima arrivava alla fabbrica via treno e per questo l’Union des Gaz fece costruire attorno un sistema di binari a forma di goccia.

La presenza della fabbrica della luce diede un’impronta decisiva sulla Bovisa, quartiere popolare che si sviluppò dando anche vita ad altri tipi di produzione, tra cui quella cinematografica di cui la Bovisa fu il primo centro di produzione in Italia fino alla fine della Grande Guerra.

Il futuro della Goccia

Che succederà della Goccia? Dovrebbe ospitare spazi per i nuovi incubatori del PoliMi, in una parte, mentre su un’altra parte A2A dovrebbe realizzare una termocentrale. Ma il problema è che lo spazio deve essere profondamente bonificato prima di poter essere utilizzato. Questo problema impenna i costi e dilata i tempi. Nell’attesa, il bosco spontaneo più bello di Milano si potrà continuare ad ammirarlo ma senza poterci entrare.

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