Ieri a passeggio con un amico a un certo punto davanti a un negozio di ferramenta è voluto entrare dentro. Mi ha detto devo prendere una cosa, aspettami pure qui se non vuoi entrare. Dopo pochi minuti esce e gli chiedo cosa hai preso?
Uno strumento di libertà, mi dice. Apre il sacchetto e mi mostra una lima da ferro con il manico verde.
Una classica tecnica di manipolazione psicologica è di togliere delle libertà naturali per potersi mostrare generoso nel riconsegnarle. Tipico esempio è nell’educazione da padre-padrone che si è protratta fino a una parte del novecento, in cui le pene corporali comprendevano la reclusione in un ambiente confinato dove il bambino meditava sulle sue colpe e l’educatore mostrava poi generosità e comprensione nel liberarlo.
Un po’ come la lima che per una persona libera ha scarso significato ma per un carcerato è un simbolo di libertà.
Emil era un telefilm svedese tratto da un libro di Astrid Lindgren. Raccontava di un bambino di nove-dieci anni che come tutti i ragazzini ne combinava di ogni. Per punizione veniva regolarmente rinchiuso dal padre nel ripostiglio degli attrezzi della fattoria dove vivevano.
In quello stanzino prendeva un coltello e si metteva a scolpire un pezzo di legno per creare una statuina. E quindi il ripostiglio era pieno di statuine di legno.
Quella che originariamente era considerata una punizione diventava un momento creativo e di realizzazione del bambino.
In una compressione della libertà la lima non è la sola via di uscita. C’è anche la possibilità di intagliare le statuine di legno o di scrivere le mie prigioni.
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MILANO CITTA’ STATO
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