Forse la vera questione del referendum per l’autonomia è questa: ha senso destinare le risorse dello stato a chi ha più bisogno?
La risposta sembra scontata, ma così non è.
Togliere ai ricchi per dare ai poveri
Questa filosofia ha reso Robin Hood popolare in tutto il mondo, specie tra i governanti italiani che, almeno in teoria, hanno da sempre seguito lo stesso principio nella redistribuzione delle risorse del Paese.
Secondo questa impostazione si tassano i contribuenti con imposte progressive, in modo da togliere di più a chi guadagna di più, per dare a chi guadagna di meno. Si toglie a chi lavora per dare a chi non lavora e si trasferiscono risorse dalle regioni più ricche a quelle più povere.
Sembra un principio banale, un dovere per uno Stato che vuole combattere le disuguaglianze, eppure redistribuire le risorse sulla base del bisogno non funziona. Tre risultati lo mostrano.
1. La crisi economica.
L’Italia è assieme alla Grecia l’unico Paese in Europa che ancora non si è ripreso dalla crisi del 2008. In termini reali il PIL italiano nel 2015 è tornato ai livelli del 2000. Grecia e Italia sono i Paesi in cui è più forte le redistribuzione delle risorse in senso assistenzialistico*.
2. La diseguaglianza tra regioni ricche e regioni povere.
Le tre regioni Europee che trasferiscono più ricchezza alle zone più povere sono italiane. Lombardia, Emilia Romagna e Veneto sono le uniche regioni europee che perdono più del 10% della loro ricchezza a favore di altre regioni*. Nonostante che in Italia ci siano i più alti trasferimenti di risorse d’Europa, la differenza tra regioni ricche e regioni povere in Italia è superiore a 20 anni fa, come mostra questo grafico di Bloomberg (in rosso l’andamento del PIL pro capite al centro-nord Italia, in blu quello al sud).
3. Indice Gini.
L’indice Gini viene usato a livello internazionale per misurare il grado di disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza all’interno di ogni Paese. Nel 1990 l’Italia risultava il Paese europeo con meno disuguaglianza (indice Gini 0,40). Oggi è assieme al Regno Unito il Paese che presenta la più alta disuguaglianza tra ricchi e poveri (indice Gini 0,51).
E questa non è l’unica disuguaglianza esistente in Italia. Oltre a quella tra ricchi e poveri è da primato anche la differenza economica tra le generazioni*.
Dal bisogno al merito
Redistribuire le risorse in base al bisogno non funziona: la dimostrazione è che i Paesi in Europa che adottano un altro sistema sono più prosperi e soprattutto più equi. Nazioni come Germania, Irlanda, Irlanda, Spagna e, ultimamente, il Portogallo, hanno infatti inserito un altro principio guida per la distribuzione delle risorse: invece di dare a chi ha bisogno, danno a chi se lo merita.
Vediamo tre esempi.
1. Imprese.
Era uno dei PIGS, i quattro paesi a rischio di insolvenza nell’Unione Europea dopo la crisi del 2008. Nonostante le molte pressioni ad aumentare le imposte sulle aziende e sui redditi più alti, l’Irlanda ha fatto l’opposto. Ha abbassato la tassazione sul capitale e sui redditi delle imprese. Il risultato è che l’Irlanda è uscita dalla crisi, presenta tassi di crescita da tigre asiatica e la “i” delle PIGS è diventata l’Italia.
2. Redistribuzione tra regioni.
Dopo l’unificazione la Germania si è trovata in crisi economica e finanziaria. Il cambio uno a uno tra marco occidentale e quello orientale ha dato potere d’acquisto ai cittadini orientali ma ha strozzato le imprese locali, che hanno visto perdere competitività nei confronti delle aziende dell’ovest. Anche i conti pubblici hanno subito un pesante deficit. Per risollevare il Paese, invece di prendere la strada “italiana” del fornire assistenza alle regioni più povere da parte di quelle più ricche, si è fatto un percorso diverso. Si è posto un limite, attorno al 4%, alla quota massima di ricchezza che poteva essere tolta a una regione per destinarla a un’altra. Questo ha comportato anni di crisi violenta nell’est del Paese a cui è seguita una grande rimonta dettata dalla maggiore competitività di quelle aree, ottenuta anche grazie ad altre iniziative politiche come quella di consentire contrattazione diversa da azienda ad azienda.
Risultato: l’est presenta i massimi tassi di sviluppo e la ricca Baviera destina appena il 3,5% di ricchezza alle altre regioni. Per fare un confronto in Lombardia tale quota supera il 17%*.
3. Sussidi a chi lascia il lavoro per fondare una start up.
In Italia lo Stato destina come spesa pubblica nell’ordine a: pensionati, chi ha perso il lavoro, chi non ha mai lavorato. Mentre non dà nulla a chi apre una startup. In Germania non è così. Siccome in media una start up ha bisogno di 2 anni prima di fornire un reddito ai fondatori, in Germania si è deciso di equiparare chi apre una start up a un disoccupato. Se uno abbandona il suo lavoro per lanciare una nuova azienda, riceve dallo Stato per sei mesi lo stipendio che aveva prima, per poi calare fino a due anni di copertura. Per il governo tedesco il vantaggio dato dal pagare chi apre una start up è che, nella peggiore delle ipotesi, si lascia libero un altro posto a disposizione di un disoccupato. Nel caso migliore, il nuovo imprenditore potrebbe creare lavoro per sé, per altri, oltre a produrre gettito per le casse dello stato.
Un principio più democratico
Sono questi tre esempi della diversa impostazione che si sta facendo largo in Europa: ridurre il principio del bisogno, sostituendolo con il merito.
Il risultato è quello di consentire un maggiore sviluppo economico e ridurre la disuguaglianza. Anche perchè il merito è un principio più democratico del bisogno: basta impegnarsi.
*Riferimenti e dati: 10 segnali inequivocabili che lo stato italiano è da rifare, Tutto quello che serve sapere sul referendum per l’autonomia della Lombardia