Ai tempi dei vichinghi essere re era una medaglia a due facce. Da un lato c’era l’onore di condurre il proprio popolo, dall’altro la responsabilità di non fare errori, in quanto nel mondo scandinavo deporre un re e tagliargli la testa era un fatto considerato normale. Il potere non era mai concesso senza una responsabilità, l’autorità era sempre in discussione ed era una concessione del popolo al sovrano.
Nel mondo mediterraneo, in particolare in Italia, nel corso dei secoli si è sviluppato un tipo di rapporto molto diverso, simile a quello della religione. Così come il potere del Papa è indiscutibile e una volta che lo si ottiene lo si esercita in modo assoluto, così chi arriva a una posizione di autorità si sente investito di un potere illimitato e garantito a priori dalla posizione che si occupa, invece che dalla capacità di esercitare il potere al servizio dei cittadini.
Al contrario dei professionisti che sono sempre in discussione e vessati da corsi di formazione e aggiornamento professionale, nella politica l’autorità è soggetta solo alla scadenza elettorale.
Questo tipo di relazione determina che il popolo tende a delegare all’autorità ogni scelta riguardante la propria vita, senza giudizio. Anche se l’autorità dovesse pretendere obbligazioni dannose per i cittadini, questi tendono a compierle in quanto emanazioni dell’autorità.
È un rapporto che si fonda sulla fedeltà assoluta, sull’obbedienza. E questa obbedienza è un lato di una medaglia in cui l’altra faccia è l’atteggiamento assistenziale nei confronti dello Stato: in cambio della obbedienza assoluta e incondizionata si riceve il proprio sostentamento. E questo può avvenire solo perché esiste una discrepanza perchè lo Stato non viene inteso come costituito dai cittadini ma come un’entità a sé stante, quasi di ordine divino che determina le nostre vite. E a cui dobbiamo essere sempre disposti a sacrificare tutto di noi stessi per il suo bene.
Forse questo è un retaggio di un popolo che nel corso dei secoli è stato quasi sempre dominato da potenze straniere che sottomettevano i cittadini pretendendo solo l’obbedienza. Come avviene nelle ex colonie e in generale in ogni forma di dominazione aggressiva.
In un periodo in cui l’autorità sta spesso dimostrando arroganza e incapacità di governare nella sua complessità il popolo, può essere l’occasione di risvegliare nei cittadini una coscienza critica nei confronti dell’autorità, per comprendere infine che l’autorità ultima sono i cittadini, mentre i politici sono dei semplici delegati da cui si deve pretendere sempre la massima aderenza al mandato costituzionale.
A costo della perdita di ogni autorità e libertà. Loro, non nostra.
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