Chi ha qualche anno in più si ricorda di Girardelli. Sciatore austriaco di origini italiane che gareggiava per il Lussemburgo. Perché lo fece? Per essere sicuro di poter gareggiare ai Mondiali e alle Olimpiadi senza dover lottare per il posto con l’agguerrita concorrenza degli sciatori austriaci. In questo modo Girardelli non solo poté partecipare a ogni competizione ma portò il piccolo Ducato in cima al mondo dello sci. Pur non avendo neanche una collina sul suo territorio. Che cosa c’entra Girardelli con Milano? C’entra, grazie a un’idea di uno dei milanesi più visionari.
L’altra squadra di Milano diventa MONDIALE: punta alla CHAMPIONS senza passare dalla Serie A
Come Girardelli voleva partecipare a Olimpiadi e Mondiali di Sci senza superare le eliminatorie nel suo paese, così c’è una squadra milanese che punta alla Champions League senza essere mai stata in Serie A. Non solo: senza aver mai giocato una sola partita in un campionato professionistico in Italia. La squadra ha un nome nobile ed è nota solo agli appassionati. Si chiama Brera. Ha la maglia nero verde, gioca all’Arena sgomitando nelle serie minori del campionato dilettanti. Ma presto la potremo vedere in Champions, la massima competizione europea. Come può essere possibile? Tutto nasce dall’intuizione del suo stravagante presidente. Ma facciamo un salto indietro.
# Brera, l’ “altra” squadra di Milano
Milano è una delle grandi capitali del calcio mondiale. L’unica città sul pianeta ad aver vinto la massima competizione europea con due squadre diverse. Neppure Londra, Madrid o Barcellona ci sono riuscite. Milan e Inter portano la gloria di Milano ovunque nel mondo, giocando tra le mura amiche di San Siro, la “Scala del Calcio”. Per una città di meno di un milione e mezzo di abitanti già due squadre così possono sembrare un lusso eccessivo. Eppure non tutti sanno che dietro di loro esiste una terza squadra. In verità bisogna andare molto indietro, oltre la serie A, la B, perfino la C, bisogna stare attenti a non perdersi tra le serie minori, finché si scovano dei giocatori in maglia nero verde sgambettare all’Arena, in seconda categoria, la quinta serie dei dilettanti, l’ottavo e penultimo livello della piramide agonistica del calcio italiana.
Nobile decaduta? Macché. La squadra dell’Arena dai dilettanti non si è mai staccata, lottando in uno dei 149 gironi della serie con squadre come il Partizan Bonola o lo United Cesate. Dove la Champions la si può vedere solo davanti alla tele con una birra in mano. Ma Brera rispetto alle altre ha qualcosa in più. Un marchio nobile e un presidente visionario, una di quelle figure che sembrano arrivate direttamente dagli anni Ottanta quando il campionato italiano in pochi anni da periferico divenne il più bello del mondo. Il suo nome è Alessandro Aleotti. E ha portato la sua squadra a quotarsi direttamente al Nasdaq di New York, saltando la Borsa di Milano, accanto a colossi come Apple, Microsoft o Alphabet (Google). E convincere gli investitori con una grande idea in testa, un’idea a forma di coppa dalle grandi ali, la Coppa dei Campioni.
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# Brera si trasforma in una rete di squadre internazionali. Con il cuore (e il cervello) a Milano
Nasdaq? Champions League? Che cosa c’entra con una squadra di dilettanti? Ce lo facciamo spiegare dal Presidente, Alessandro Aleotti: “Non vogliamo potenziare una squadra di dilettanti, ma usare un brand milanese, un marchio riconosciuto con alto indice di riconoscibilità, per andare nel calcio europeo non attraverso il campionato italiano ma in tornei più accessibili. Mantenendo però l’origine milanese. Diventando così una società milanese che gioca all’estero con nome, maglia e storia milanese.”
“una società milanese che gioca all’estero con nome, maglia e storia milanese”
Di quali campionati si parla?
“L’obiettivo del business plan è di avere 4 club in Europa e 2 in Africa. Tutti con lo stesso marchio, Brera, che richiama Milano nel mondo. Tutti in prima divisione. Progetti gestiti come una sola squadra. Si tratta di campionati in microstati, tipo Gibilterra o Andorra, o nazioni calcisticamente marginali, come la Macedonia o Mozambico, ma dove la competizione è molto bassa e si può accadere con facilità ai preliminari della Champions o della Conference League. In questo modo Brera trascende il territorio, porta nel mondo la dimensione dello spirito di Milano. Più che sul campo la vera sfida sarà virtuale: Brera sarà una squadra globale.”
“L’obiettivo è di avere 4 club in Europa e 2 in Africa. Tutti con lo stesso marchio, Brera, che richiama Milano nel mondo. Tutti in prima divisione”
Ma perché qualcuno dovrebbe investire in una squadra di dilettanti che punta a giocare nei campionati di microstati?
“Abbiamo creato la Brera Holding che ha raccolto 7 milioni e mezzo di dollari al Nasdaq dove siamo quotati in logica di Startup. Quando ho fatto il road show ho convinto gli investitori facendo leva sul marchio, sulla città che rappresenta la storia del calcio mondiale e sull’idea di squadra globale. Con i soldi raccolti compriamo dei club esistenti che giocano nella massima serie di campionati minori e li rebrandizziamo, modificando il loro nome in Brera. Abbiamo già comprato una squadra della Macedonia. L’obiettivo è di accedere alla Champions attraverso i preliminari per portare Milano in Europa. E i preliminari garantiscono un’escalation di premi pazzesca: prendi mezzo milione se vieni eliminato al primo turno dei preliminari. Ma se vinci tre partite e accedi al tabellone principale sono 17 milioni di euro di fee. Per una società di un torneo marginale sono cifre che valgono il budget di più anni.”
“L’obiettivo è di accedere alla Champions attraverso i preliminari per portare Milano in Europa. E i preliminari garantiscono un’escalation di premi pazzesca”
Ma come è nata questa idea?
“Da tanto che volevo trasformare la squadra in una logica multinazionale. In fondo Brera è sempre stata una squadra atipica. È sempre stata un laboratorio di esperimenti. Come storia sportiva è quasi inesistente: sempre stati nei dilettanti. Non ho mai investito soldi nella questione calcistica, ma sempre sperimentato innovazione. Un anno abbiamo vinto con tutti giocatori stranieri presi in Argentina con passaporto italiano e abbiamo ammazzato il campionato d’Eccellenza. Ora si potrebbero attrarre dei campioni a giocare in paesi che altrimenti non ci andrebbero mai. Tipo Andorra. Con contratti magari per due mesi: se superiamo i preliminari si va avanti, altrimenti si resta con giocatori di categoria inferiore. Con il miraggio della Champions si possono attirare calciatori svincolati, campioncini della Primavera che poi stanno rischiando di perdersi tra le serie minori o campioni a fine carriera che altrimenti mai andrebbero a giocare in Andorra o in Macedonia. Piuttosto che balbettare tra panchina e serie C, alcuni di loro potrebbero avere altre visioni. Perché sono campionati di serie A, professionistici, con l’orizzonte possibile delle grandi competizioni internazionali. Non solo: se arrivo ai preliminari posso ridefinire la squadra, mettendo assieme giocatori di campionati diversi. Brera è una squadra fatta di squadre diverse. Mansour sta facendo lo stesso, con un progetto di sviluppo del brand: con il marchio del Manchester City ha aperto cinque squadre del mondo. Sempre con City come brand abbinato alla città in cui giocano.”
“Con il miraggio della Champions si possono attirare calciatori che altrimenti mai andrebbero a giocare in Andorra o in Macedonia”
Ma portando Brera in esilio nel mondo non si rischia di perdere il contatto con Milano?
“Al contrario: così portiamo Milano nel mondo con un team sconosciuto anche ai milanesi. Quando prendiamo i preliminari, chiediamo di giocare a Milano. Due o tre volte l’anno organizzeremo amichevoli con Milan e Inter. Con i migliori giocatori del Brera nel mondo. Anche perché il cervello resta a Milano. Tra i soci e i dirigenti ci sono nomi celebri del calcio milanese, tra cui Pandev. Non siamo più una squadra che gioca a Milano e di dilettanti. Ma diventiamo una squadra del professionismo europeo.”
# Brera, la Girardelli delle squadre di calcio?
Vedremo dunque una terza squadra di Milano in Champions pur senza giocare a Milano? Può essere, il progetto fila, gli investitori sembrano entusiasti. E un giorno ci potrà essere un derby di Champions tra Milan o Inter e una squadra di uno staterello sperduto ma con campioni di livello mondiale e soprattutto con cuore, cervello e origini nel quartiere più milanese di Milano. Se è riuscito ad arrivare ai vertici mondiali uno sciatore con i colori del Lussemburgo, perchè non potrà riuscirci una squadra che porta nel mondo lo spirito di Milano?
Se è riuscito ad arrivare ai vertici mondiali uno sciatore con i colori del Lussemburgo, perchè non potrà riuscirci una squadra che porta nel mondo lo spirito di Milano?
Continua la lettura con: La Milano di Alessandro Aleotti, il Presidente di Brera
ANDREA ZOPPOLATO
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