Dopo vent’anni di discussioni, referendum, dichiarazioni bipartisan in cui tutti si dicevano più o meno d’accordo, la Camera approva con 172 sì 99 voti contrari e 1 astenuto. L’Autonomia differenziata diventa così legge dello Stato. Una riforma che avvicina l’Italia a un assetto moderno: più simile non solo a Paesi che si basano sull’autonomia dei territori, come Spagna, Germania o Svizzera, ma anche come quelli più centralisti che stanno spingendo forte sul tasto del decentramento, come Francia o UK. Tutto bene, dunque? Ovviamente no. Perchè siamo o non siamo il paese del Gattopardo, del tutto va male ma lo status quo va difeso sempre: addirittura dall’opposizione si è gridato che così si sfascia l’Italia. Facendo spallucce dell’ipocrisia dei partiti, vediamo cosa cambierà per l’Italia.
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L’autonomia differenziata è legge: in poche parole ecco cosa cambierà in Italia
# Il voto del Parlamento dà attuazione alla Costituzione (art.V) e ai referendum
Dopo il Senato anche la Camera ha approvato con 172 sì il ddl per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Si tratta della legge che dà attuazione ai principi, finora disattesi, dell’articolo V della Costituzione che invita ad attuare in Italia “il più ampio decentramento amministrativo”. Non solo: è una legge che segue anche l’espressione della volontà del “popolo sovrano”, almeno dei cittadini delle regioni che hanno votato oltre sei anni fa in larghissima maggioranza a favore di una maggiore autonomia regionale. Curioso che proprio chi aveva votato a favore dell’articolo V, il centro sinistra, oggi alza le barricate lamentando il rischio di secessione. Ma, in sintesi, che cosa definisce la nuova legge?
# La legge in poche parole: si premiano con più autonomia le regioni più meritevoli, a chi non rispetta gli standard minimi l’autonomia viene tolta
Il principio della legge è elementare. Le regioni possono decidere di gestire fino a 23 competenze in autonomia dallo Stato che però deve vigilare sul rispetto di un livello minimo delle prestazioni (LEP) per ogni classe di servizio. Se una regione non è in grado di garantire questi standard perde l’autonomia di gestione nei servizi deficitari. Un principio che tutela i cittadini, spingendo le regioni a garantire servizi migliori e che fa intervenire lo Stato quando questi servizi sono insufficienti.
L’autonomia differenziata prevede la possibilità di trattenere parte del gettito fiscale generato sul territorio per il finanziamento dei servizi e delle funzioni di cui si chiede il trasferimento. Si introduce pertanto un principio di responsabilità per le regioni che, finora, potevano agire “indisturbate” nella fornitura dei servizi, senza rischi. Anzi. Il modello di governance esistente tendeva a premiare le regioni più inefficienti, favorendo l’intervento dello Stato a colmare deficit.
# Un passo verso Milano Città Stato?
Da segnalare infine che l’articolo 132 della Costituzione consente che i territori con almeno un milione di abitanti possano diventare regione. Un articolo pertanto che consentirebbe a Milano e dintorni di poter diventare una città-stato (o città-regione) con poteri da regione, come accade per le migliori città del Continente, come Londra, Madrid, Vienna, Berlino, Amburgo o le città cantone della Svizzera. Più responsabilità significa anche dare più poteri ai singoli territori: la Regione Lombardia, autonomista con il governo centrale, si mostrerà altrettanto autonomista anche verso Milano?
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ANDREA ZOPPOLATO
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