Francesco Melzi, in origine Giovanni Francesco, della famiglia dei Melzi d’Eril, è stato il discepolo prediletto di Leonardo da Vinci, che lo nominò suo erede per tutto quanto riguardava la pittura e le tecniche collegate, oltre che dei suoi documenti.
Nel 1518, il Melzi ereditò dal suo maestro, fra i manoscritti e i disegni (che, come si disse all’epoca, tenne care come reliquie) anche il celebre Codice (ora detto Atlantico), documento che contiene, oltre ai famosissimi studi sulle macchine, centinaia di nozioni uniche nel loro genere e diversi esempi di scrittura a specchio, anche un disegno degli appartamenti che Leonardo occupò a Milano, nell’attuale Palazzo Litta.
Un Leonardo pigmalione
Conobbe il genio toscano nel 1506 e lo accompagnò in occasione del secondo soggiorno milanese di quest’ultimo, che durò dal 1508 al 1513.
Con lui (dato che entrambi conoscevano ed amavano la Francia, ove avevano una fitta rete di contatti) rientrò in Francia, sino alla morte del suo maestro, avvenuta nel 1519.
Il Re di Francia dell’epoca, Francesco I, stipendierà il suo omonimo milanese nella sua qualità di discepolo e seguace prediletto del Da Vinci, rendendolo gentiluomo della Camera di Francia nel 1520.
Tornato dalla Francia a Milano nel 1521, Francesco Melzi fece buon uso dell’endorsement leonardesco quale erede, divenendo la figura di riferimento da contattare sugli allestimenti artistici e negli eventi pubblici. Solo per citare le attività più importanti in cui fu coinvolto, consigliò, tra il 1533 ed il 1534, gran parte degli allestimenti per accogliere Cristina di Danimarca, sposa di Francesco II, Duca di Milano, mentre nel periodo tra il 1533 ed il 1538 fornì, su richiesta, pareri sulla costruzione della porta del Duomo che dava verso Compedo, laddove nel 1541, la sua carriera di facilitatore di buone relazioni venne confermata dalla riconoscenza del Governatore Alfonso d’Avalos allorché Carlo V di Borbone ribadì il suo dominio su Milano, che era stata addobbata per l’occasione secondo le indicazioni dell’allievo prediletto di Leonardo.
Melzi era un talent scout ante litteram
Dal 1550 in avanti, Francesco Melzi, che non aveva mai smesso di diffondere le opere del suo maestro presso i milanesi interessati, è utile a Milano nell’individuare gli artisti per ristrutturare e ridipingere il gonfalone di Sant’Ambrogio e nell’indicare ai Deputati della Fabbrica del Duomo i pittori che avrebbero poi dipinto le nuove navate che avrebbero ospitato l’organo. Nello stesso anno, una lettera di Bernardo Spina, un gentiluomo della corte milanese, indica il Melzi come figura informata e rispettata nell’ambito sociale, politico e culturale dell’epoca.
Francesco Melzi si spense a Vaprio d’Adda nel 1568, nella villa di famiglia, antica e famosa già all’epoca.
ANTONIO ENRICO BUONOCORE
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