Forse l’idea più rivoluzionaria nel dopo elezioni è stata del direttore de Linkiesta Francesco Cancellato: “L’unico modo per uscire dal caos elettorale: una legislatura costituente”.
Tutti dentro, dai Cinque Stelle alla Lega, passando dal Pd a Forza Italia: l’unica via per uscire dall’impasse del voto del 4 marzo è un accordo per cambiare le regole, questa la sua proposta.
Quasi sicuramente si tratta di un’idea irrealizzabile ma un senso ce l’ha, perchè la crisi dell’Italia è una crisi profonda, strutturale, che è stata perpetrata dai governi che si sono succeduti e che hanno tenuto fede a una linea comune: la difesa dello status quo.
Ora, per la prima volta dal dopoguerra, abbiamo un governo costituito nella maggioranza da partiti diversi da quelli tradizionali, partiti che sono espressione di una volontà popolare di cambiamento.
Se la politica vuole tornare a fare gli interessi dei cittadini, deve trasformare la volontà di cambiamento manifestata dagli elettori in azione concreta. Facendo ciò che nessuno è riuscito a fare dai tempi dell’assemblea costituente: mettersi tutti assieme per riscrivere le regole.
Questa potrebbe essere la finalità di questa legislatura: rivoluzionare lo stato italiano. Sognare per sognare si può immaginare a capo di questo governo la figura più credibile che l’Italia ha saputo produrre a livello internazionale: Mario Draghi, che tra un anno dovrà comunque lasciare la guida della BCE.
Certo, sarebbe difficile mettere d’accordo forze così diverse però ci sono alcune linee guida di riforma su cui si potrà trovare una intesa ampiamente condivisa. Ecco quali.
LA NUOVA CLASSE POLITICA deve trasformare la volontà di cambiamento manifestata dagli elettori in azione concreta. Facendo ciò che nessuno è riuscito a fare dai tempi dell’assemblea costituente: mettersi tutti assieme per riscrivere le regole.
Questa potrebbe essere la finalità di questa legislatura: rivoluzionare lo stato italiano.
Le 5 priorità per un governo costituente e rivoluzionario
#1 La riforma della struttura dello Stato: un’Italia federale
Una delle critiche principali che sono state fatte alla riforma tentata da Renzi era quella di voler aumentare il centralismo dello Stato. In un momento in cui la tendenza nel mondo è l’opposto: assegnare maggiore autonomia a livello locale. Questo sta accadendo in Cina, in India, che stanno mutuando il modello Singapore creando aree di autonomia, in Messico con la recente trasformazione della capitale in una città stato affine a quelle tedesche e, in generale, nei paesi europei, che stanno assegnando poteri speciali e autonomia crescente ai territori e alle città più rappresentative. Onu e Consiglio d’Europa hanno invitato le diverse nazioni ad aumentare il decentramento amministrativo, considerato un baluardo di democrazia e di partecipazione del popolo.
In Italia è in vigore una riforma federale che è l’antitesi del principio del federalismo che si basa su responsabilità e sussidiarietà, con autonomia in entrata e in uscita. Questo parlamento può dare una soluzione a un processo che va completato realizzando un federalismo simile a quello delle democrazie che funzionano meglio, come quella Svizzera o quella tedesca, che prevedono un’autonomia variabile, in certi casi a livello regionale, in altri a livello cittadino, con le città stato.
#2 La riforma del sistema fiscale e della burocrazia: un’Italia al servizio di chi produce
Altro punto evidente alla maggioranza delle forze politiche in Parlamento è il fallimento dell’impostazione del sistema fiscale e della burocrazia italiana. Quello attuale è un sistema che penalizza con tasse e ostacoli burocratici chi dà lavoro e chi produce reddito.
Come affermava Milton Friedman tassare chi crea lavoro è la strada maestra per produrre disoccupazione e povertà diffusa. E questo sta accadendo in Italia dove occorre capovolgere il sistema burocratico-fiscale, da strumento di controllo e di oppressione su chi fa impresa a strumento di servizio per chi fa impresa e, in generale, per ogni cittadino.
Serve un cambiamento epocale che solo un parlamento costituente formato da forze anti sistema potrebbe fare.
#3 La riforma del welfare: un’Italia che aiuta chi è rimasto indietro senza assistenzialismo
Sta divampando la polemica sul reddito di cittadinanza. Eppure in una democrazia bisogna saper rispettare quello che emerge dal popolo cercando di capirlo nelle sue cause e di fornire soluzioni capaci di risolvere le cause, non solo il sintomo manifesto.
La proposta del reddito di cittadinanza nasce dal fallimento del welfare all’italiana. Un welfare che ha ancora una logica assistenziale, anacronistica, arroccata nella difesa di diritti acquisiti- che sono spesso privilegi a danno di altri-, e che mette ancora più fuori chi è rimasto fuori da questo sistema. E’ un sistema assistenzialista perchè lascia nel bisogno, spesso per sempre, chi riceve assistenza e non aiuta chi avrebbe bisogno a rimettersi in piedi.
Anche in questo caso solo un’assemblea costituente antisistemica potrebbe rifondare un’impostazione economicamente fallimentare ed eticamente scorretta, per trasformare il welfare da una logica assistenzialista ad una di assistenza, finalizzata ad aiutare chiunque si trova ai margini a tornare il prima possibile ad essere in grado di avere un ruolo attivo in società.
#4 La riforma dell’istruzione: un’Italia che torna ad essere faro nella formazione
Siamo stati per secoli la culla della formazione. Anche nei periodi in cui politicamente l’Italia era divisa e scassata, sapeva essere un punto di riferimento per l’istruzione. Qui sono nate le università, qui si sono sviluppati i principi della formazione moderna. Almeno fino al novecento. Negli ultimi decenni l’Italia ha perduto terreno, precipitando in ogni classifica. In un mondo in cui tutti i paesi competono per formare i loro talenti, l’Italia ha saputo solo proteggere corporazioni e baronati, come spesso accade i governi si sono preoccupati più di tutelare chi fornisce il servizio che chi riceve tale servizio.
L’Italia sta perdendo il contatto con un mondo che si è trasformato e dove questo ritardo è più evidente è nel percorso di formazione. Siamo in ritardo nelle scuole e nelle università.
Una delle priorità di un parlamento costituente è quella di disegnare un nuovo modello formativo, che metta al centro uno studente che debba essere portato a svolgere il ruolo di protagonista in un mondo in trasformazione.
#5 La riforma dell’Europa: un’Italia che si pone alla guida di una nuova Unione Europea
Un parlamento così coraggioso e rivoluzionario dovrebbe avere tra le sue priorità anche quella più coraggiosa: la riforma dell’Europa. Mentre gli ultimi governi si sono limitati ad avere un rapporto da inferiori con l’Europa, limitandosi a pretendere più flessibilità o a criticare, questo parlamento può essere finalmente all’altezza di un paese fondatore. Non solo all’Italia, anche all’Europa serve una rottura forte con il passato. Bisogna saper dire basta all’Europa degli Stati e della difesa dello status quo, proponendo un nuovo modello che investa tutto il sistema di governance e di partecipazione dei cittadini. E chi potrebbe farlo meglio di un parlamento che ha il coraggio di riformare in modo rivoluzionario e radicale il Paese più malato del continente?
Queste sono le 5 priorità di un parlamento che ha l’occasione storica di mettere in azione la prima rivoluzione italiana.
ANDREA ZOPPOLATO