C’era una volta un’Isola a Milano, e c’è ancora. Ieri terra di nessuno e sancta sanctorum della mala di Milano, la Ligera, oggi questa isola – chiamata Isola – è il paradiso di motociclisti col ciuffo impomatato, donne in gonna a palloncino, barber shop all’ultimo grido e osterie tipiche milanesi.
L’ISOLA che c’è a Milano: storia di un quartiere divenuto mito
La foto qui sotto, per esempio, riproduce una giornata tipica da Bullfrog Milano, barberia per gentlemen metropolitani. Gettonatissima dal 2012, sembra aprire un varco temporale facendoci tornare ad almeno cento anni fa, cioè a quando Isola era un mondo a sè rispetto al resto di Milano.
Oggi, per esempio, nessuno chiamerebbe gli abitanti di Thaon De Revel ‘isolati’, eppure questa foto parla chiaro:
Questo perché Isola, in soli dieci anni, è rinata, si è trasformata, e questo cambiamento è avvento in modo così radicale da quasi nascondere la ragione del suo nome. E allora…
Perché Isola si chiama così?
Partiamo col dire che, come altri quartieri di Milano (Lambrate), Isola era uno dei Corpi Santi di Milano, una terra di cascine agricole che venne annessa al Comune solo nel 1873.
Siamo gli anni del primo piano regolatore di Milano, il Piano Beruto.
Il Naviglio scorre ancora su Melchiorre Gioia.
Chi può, dal Sud, arriva a Milano per lavorare nelle fabbriche di nuova costituzione, come la Pirelli in Bicocca o la Brown-Boveri a Lodi.
Quando va bene, trasferiscono con loro mogli e figli. Abitano in casoni, numerosissimi, con un bagno unico collocato alla fine della ‘ringhiera’.
Quando va male si danno alla rapina e ai furtarelli. Quei pochi che non conoscono il dedalo di vie e di palazzi che insiste in questa porzione settentrionale a nord di Milano, difficilmente vogliono avventurarcisi.
Molti si ricordano ancora dei lanci di frutta e oggetti dalle finestre contro l’esercito nazionale. Tutti sanno che il limite invalicabile è la ferrovia di Garibaldi, in costruzione. Ed ecco la ragione dell’Isola.
Per poter passare da una parte all’altra di Isola e perdersi nelle sue storie, tra le cantanti da ballatoio, i tangueri da cortile appena tornati dalle Americhe, prima di lasciarsi abbracciare dalla Casbà de Milan – così verrà chiamata per tanto tempo Isola – c’era solo un ponticello. Questo:
E questo rimarrà l’unica forma di collegamento tra Isola e Garibaldi almeno fino agli anni anni ’60, quando entrerà in funzione il cavalcavia Eugenio Bussa.
Un micromondo, quello di Isola, che oggi continua a costellarsi di una varietà di personaggi, storie ed eventi memorabili.
PAOLA PERFETTI
Articolo originale del 4 luglio 2017
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