Lo scontro sull’AUTONOMIA: due domande da Milano a Conte e a Fontana

Dopo lo scontro sull'autonomia, due domande tabù per il primo ministro e per il governatore della Lombardia

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Dopo mesi di contrattazioni si è arrivati nel giro di 24 ore a un duro botta e risposta tra il primo ministro Conte e i governatori di Lombardia e Veneto. Ripercorriamo i principali passaggi prima di concludere con le nostre domande.

I Risultati del Referendum sull’autonomia

22 ottobre 2017. In Lombardia e in Veneto hanno luogo due referendum per una maggiore autonomia in base all’articolo 116 della Costituzione italiana.
In Lombardia vincono i SI con il 96% dei voti (non c’era quorum), in Veneto si arriva al 98% dei SI, con quorum superato (affluenza al 57%).
Sulla base dei risultati le due regioni inviano al Governo un accordo preliminare in cui richiedono l’attribuzione rispettivamente di 23 e 20 competenze per Veneto e Lombardia, a cui si aggiunge la richiesta di autonomia differenziata anche da parte della Regione Emilia Romagna.

La controproposta del Governo

L’autonomia di Veneto e Lombardia viene inserita nel contratto di governo che unisce Lega e Movimento 5 stelle. Dopo oltre un anno di trattative nel luglio 2019 arrivano le prime indiscrezioni sulla controproposta del governo. I principali punti di divisione sono due. Il primo è quello relativo all’istruzione, con l’assunzione diretta dei docenti e ai concorsi regionali che porterebbe a privilegiare insegnanti del territorio. Il secondo riguarda l’extra gettito: a chi deve andare il maggior gettito fiscale che matura in Veneto e Lombardia, una volta saldato il conto delle funzioni trasferite dallo Stato centrale? Secondo Veneto e Lombardia l’extra gettito deve rimanere nelle regioni che lo hanno prodotto, anche per incentivare l’efficienza, mentre il governo vuole destinarlo a un fondo perequativo per finanziare i servizi delle Regioni (soprattutto meridionali) che hanno meno risorse.
A queste due ipotesi Zaia e Fontana annunciano il rifiuto a firmare un accordo “da cialtroni” che, a loro avviso, premia ulteriormente gli sprechi.

La lettera di Conte

Il 20 luglio il premier Conte pubblica una lettera aperta rivolta ai cittadini di Lombardia e Veneto. Il primo ministro spiega che le modifiche all’accordo sono per prevenire eventuali bocciature da parte della Corte Costituzionale e del Parlamento che sarà chiamato a decidere sulla questione. E che comunque occorre tenere conto della “sorte dei restanti 45 milioni di cittadini italiani”. La tesi è quella sostenuta anche dal Ministro per il Sud Barbara Lezzi per cui la priorità deve essere la riduzione del gap tra Nord e Sud.

La replica di Zaia e Fontana

Qualche ora e arriva la replica dei governatori di Lombardia e Veneto che in un post firmato da entrambi scrivono che “La Costituzione permette di poter realizzare una autonomia “differenziata” proprio perché riconosce le diversità che ci sono fra zone del Paese“.
Ribadiscono che “Senza una autonomia vera non riusciremo a rendere competitivi ed attrattivi i nostri territori e questo sarà grave, non soltanto per noi, bensì per l’intero Paese.” E concludono confermando il rifiuto a firmare accordi “non seri”, “Perché la spinta verso l’autonomia e verso la responsabilità nei confronti dei cittadini è ormai inarrestabile.”

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La domanda a Conte: errare è umano, perseverare?

Il movimento 5 stelle sembra fare quadrato sull’assunto che per ridurre il divario Nord Sud sia necessario proseguire nel trasferire risorse dalle regioni ricche a quelle povere. E se invece fosse proprio questo a esser sbagliato?
Per capire la domanda mettiamo a confronto Italia e Germania.
In Italia le 5 regioni più povere ricevono ogni anno oltre 33 miliardi di euro in più rispetto a quanto versano allo stato. Calcolando il residuo fiscale totale, la sola Lombardia versa allo Stato 54 miliardi in più rispetto a quanto riceve. Negli ultimi venti anni si calcola che oltre 1.000 miliardi siano stati trasferiti dalle regioni del nord a quelle del sud.

In Germania dai tempi dell’unificazione le regioni più arretrate sono quelle della zona orientale che vengono finanziate soprattutto da quattro regioni del Sud. Se si prendono i dati del 2016 le quattro regioni più ricche del sud hanno finanziato quelle più povere con 9,6 miliardi di euro, al primo posto la Baviera con un residuo fiscale di 5,4 miliardi, di cui 6,8 miliardi sono finite alle regioni della ex Germania Est (3,6 miliardi alla città stato di Berlino).

La differenza nei trasferimenti tra Italia e Germania è evidente, specie considerano che l’economia tedesca è molto più sviluppata di quella italiana. La Baviera ha un residuo fiscale di circa il 90% inferiore rispetto alla lombardia e i trasferimenti nelle regioni dell’est della Germania sono un sesto di quelle per le regioni meridionali italiane. Tra l’altro in Germania sta divampando la rivolta delle regioni ricche che dicono che stanno pagando pure troppo.

Il risultato di questo? In Italia il sud rimane sempre più distante dal nord. Il reddito procapite del sud è quasi la metà di quello al nord. In Germania invece si è passati in dieci anni dal 42,8% al 72,5%, con una disoccupazione che a est è scesa dal 18% al 9,2%.
Ha senso dunque andare contro la volontà di lombardi e di veneto difendendo una politica assistenzialista che non riesce a ridurre il divario tra nord e sud? E può avere ragione la tesi che questi trasferimenti siano un incentivo agli sprechi e alla corruzione?

La domanda a Fontana: supporterebbe un referendum sull’autonomia di Milano?

Occorre porre anche una domanda al governatore della Lombardia.
La domanda è: se, come scrive, l’autonomia differenziata risponde alle diverse esigenze di una parte del territorio e a rendere questo territorio più attrattivo, che cosa ne pensa della richiesta di Milano di dotarsi di quell’autonomia garantita dalla Costituzione per potersi gestire più liberamente e secondo le evidenti esigenze che differenziano una grande metropoli internazionali dal resto della regione?
E, soprattutto, appellandosi ai risultati del referendum, non crede sia corretto dare ai milanesi la facoltà di decidere in un voto popolare se restare all’interno della Regione Lombardia o se, invece, acquisire status, poteri e risorse in autonomia dalla regione, come succede per la gran parte delle metropoli internazionali?

Caro Presidente, anche noi crediamo che portare risorse e poteri a livello più basso favorisca efficienza e trasparenza, come tra l’altro prevede il titolo V della Costituzione. Per questo difendiamo il diritto della Lombardia ad avere più competenze e allo stesso modo quello dei cittadini di Milano di scegliere il tipo di autonomia per la loro città, come previsto dall’art.132. Confidiamo nella sua coerenza per supportarci in questo percorso.

ANDREA ZOPPOLATO

 

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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.