Debutta come ballerino al Teatro alla Scala, ma da sempre ama scrivere e capisce che la sua strada è quella di diventare autore di testi di canzoni. Diede vita a 2500 canzoni per i grandi della musica italiana, tra queste molti dei grandi successi del Molleggiato.
LUCIANO BERETTA: “il POETA del CLAN CELENTANO”
# Debutta come ballerino al Teatro alla Scala, ma il suo vero amore è la scrittura
Nasce a Milano, in via Guglielmo Pepe, poi con la famiglia si trasferisce in via Garigliano. Si diploma e contemporaneamente debutta come ballerino, nella scuola della Scala. Passa poi al teatro di rivista, accanto ad Ugo Tognazzi e Wanda Osiris. A Luciano Beretta però è sempre piaciuto scrivere, così, quando crea “La colpa fu…” e la sente cantata al Festival di Sanremo del 1956 da un certo Ugo Molinari, giovane impettito emergente che si esibisce nel tempio della canzone in mezzo a quattro belle coriste, Beretta capisce che diventare autore di testi di canzoni è una via che desidera percorrere seriamente. Con Alberto Testa scrive “Vecchio Landò”, con Niny Comolli crea “Rosa la lavandaia” e con Eros Sciorilli da vita a “L’aria del mare”.
# Per Celentano ha scritto i testi di 45 brani musicali
Luiciano Beretta, nato il 1 gennaio 1928, è stata una delle personalità più poliedriche del secolo scorso, uscite all’ombra della Madonnina. Ballerino e attore di rivista lo abbiamo detto, ma è stato anche scrittore e cantante. Quando il clan Celentano fonda la propria etichetta discografica, Beretta c’è e si mette subito all’opera per scrivere canzoni per quel sodalizio, un po’ troppo ricco di personalità forti, quindi litigioso.
Sono sue le parole de “Il ragazzo della via Gluck”, “La festa”, “Il problema più importante”, “Pitagora”, “Non esite l’amor” e “La coppia più bella del mondo”, tutti brani cantati dal “molleggiato” del quartiere di Greco. Per Celentano Beretta ha scritto 45 canzoni, oltre alle già citate, ricordiamo “Chi non lavora non fa l’amore” e le più recenti, “Splende la notte” e “Sound di verità”.
# Da Johnny Dorelli a Caterina Caselli
Alla fine degli anni ’50 per Johnny Dorelli comporrà “Un po’ di blues”, per Gino Paoli, all’inizio dei sessanta, “Devi sapere” e per Gianni Morandi diversi brani, tra cui “Il primo whisky”. Quest’ultimo lo scrisse insieme ad un altro grande milanese, Marcello Marchesi, con cui inizierà una collaborazione che durerà un paio d’anni, dando vita a “Che bella età”, canzone diventata poi sigla di un programma Tv.
Ma non è finita qui, perchè Luciano Beretta era un fiume di idee e di parole, così per Caterina Caselli scrive (insieme a Miki del Prete) un’altra storica canzone, l’indimenticabile “Nessuno mi può giudicare”. A sottolinerae la versatilità di questo genio del verbo, occorre citare “Bambino Pinocchio”, “Tutti abbiamo un cuore” e “Rascal-il mio amico orsetto”, scritte per Cristina d’Avena, che poi le ha naturalmente proposte ai più piccoli.
Una figura fondamentale per la carriera di Luciano Beretta è stata Elide Suligoj, la cantante e autrice scoperta da Nunzio Filogamo, che con il nostro artista milanese compone diversi brani (tra cui “Monica delle bambole”) resi popolari da Milva a metà degli anni ’70.
# Il ritiro sul lago di Garda
Ad un certo punto della carriera, Beretta decide di ritirarsi sul lago di Garda, lontano dal chiasso del mondo dello spettacolo milanese. Morì l’ 11 gennaio 1994: nel decennale della scomparsa, la sua Milano pone una lapide sull’edificio di via Garigliano, al numero 3, casa da cui partì la carriera artistica di questo nostro autore, che diede vita a 2500 canzoni e che fu definito “il poeta del clan Celentano”.
La targa cita: “queste strade che, come la via Gluck, si snodavano un tempo fra campi e cascinali, devono a Luciano Beretta, poeta milanese, di essere entrate nel novero dei percorsi del cuore della nostalgia“.
FABIO BUFFA
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