Il quartiere Comasina è uno dei principali interventi realizzati negli anni Cinquanta dall’Istituto Autonomo Case Popolari con lo scopo di diventare un’avanguardia in Italia di quartiere autosufficiente. Com’era il progetto e che cosa è successo.
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L’utopia della Comasina
# Il “quartiere autosufficiente”
La politica del quartiere, sviluppata in alternativa alle unità di abitazione, era finalizzata a costruire insediamenti in grado, grazie all’articolazione in unità di vicinato, di costituire una rete di relazioni interpersonali su cui ancorare la vita sociale della comunità.
L’indubbia facilità nel vivere gli spazi aperti si contrappone alla scomparsa totale degli elementi distintivi della città tradizionale e quindi si evidenzia l’eliminazione di tutti quei modi di vivere lo spazio pubblico connessi alla struttura tradizionale della strada e stratificati nell’immaginario collettivo.
Il quartiere è organizzato in quattro ambiti insediativi separati dai percorsi stradali di penetrazione: ogni unità residenziale è provvista di ogni servizio, tra cui quelli per l’educazione dell’infanzia, gli esercizi commerciali e gli spazi per il tempo libero.
Questo doveva comportare la piena autosufficienza del quartiere che avrebbe offerto tutto il necessario per fare restare sul posto i suoi residenti, limitando al massimo gli spostamenti in altre zone della città.
# Realtà e utopia
Più che un quartiere autosufficiente, la Comasina assomiglia a una zona segregata sia dal resto della periferia che dal centro della città, con percorsi pedonali ed automobilistici totalmente separati, così come lo sono i servizi principali dalle unità abitative e dai servizi considerati minori. Il frazionamento del lotto tra diversi finanziatori e la partecipazione di numerosi progettisti ha causato una straniante eterogeneità delle abitazioni nonostante l’unitarietà del piano.
Lo scopo di questo quartiere è quindi rimasta un’utopia che difficilmente diventerà realtà.
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FABIO MARCOMIN
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