Milano, per eccellenza città nel mezzo (Mediolanum, il cui significato etimologico in latino sembra possa essere “località in mezzo alla pianura” oppure “luogo fra corsi d’acqua”), quasi ‘medium’ tra mondi diversi e il passato ed il futuro della nostra nazione, presenta una texture artistica e sociale straordinariamente liquida e votata alla contaminazione estrema.
In questa breve raccolta di note (le fonti sono rare e non sempre sicure) vediamo come nel periodo 1923-1943, in un lasso di tempo, dunque, che contempla anche anni difficilissimi nella vita della nostra città, si sono venute a creare nell’ambito dell’arte/architettura/grafica/design/fotografia, una serie di straordinarie (e poco conosciute) contaminazioni che hanno fatto da trampolino di lancio alle tre vere e proprie “ondate” di innovazione/creatività nel dopo-guerra milanese: il boom economico anni ’60 affiancato nell’arte dalla nascita dello ‘Spazialismo”, uno dei movimenti topici dell’arte moderna mondiale; l’ondata del design anni ’70/’80 che vede il design fibrillare e, a partire dal Salone del mobile, dilagare per le strade della città (a questo riguardo l’attività di Cassina è stata pionieristica agli inizi degli anni ’70 per quanto riguarda il ‘Fuori Salone’) e l’ondata della moda e della Fashion Week anni ’80/’90.
Ecco qualche particolare sulla contaminazione nell’ambito delle arti visive connesse a vasti rami produttivi, nel periodo 1923-1943.
Iniziamo dal 1923
che segna la nascita della Triennale, manifestazione che trova la sua definitiva consacrazione e sede – dopo gli inizi nella Villa Reale di Monza – nel 1933 a Milano, con l’obiettivo di stimolare l’interazione tra il mondo produttivo e le arti applicate. In quest’ottica, negli anni, la Triennale ha assunto un ruolo di amplificatore mediatico e di grande aggregatore della bio-diversità culturale che andava a caratterizzare la metropoli.
Proprio nel primo anno di vita a Milano, la Triennale segna l’importante presenza di Gio Ponti, che porta nella rassegna il Razionalismo italiano, unitamente ad una serie di artisti che segneranno la storia dell’arte nazionale ed internazionale: Giorgio De Chirico, Mario Sironi, Massimo Campigli e Carlo Carrà.
Altra data topica è il 1928,
anno della fondazione della rivista Domus ad opera di Gio Ponti: quest’ultimo, promotore e driver della grande contaminazione milanese, merita una menzione particolare. Fu architetto – suoi, tra i tantissimi progetti, il Pirellone, la Clinica Columbus e i Palazzi Montecatini in via Turati; designer, iniziò negli anni ’30 con la strategia di disegno industriale della società della Richard Ginori, che è come un seme piantato nel DNA meneghino, anticipatore dell’ondata del design nella Milano del dopo-guerra; poi saggista, scenografo teatrale, pittore e fotografo sperimentale. Ponti, nel 1932 sulla rivista Fotografia, marca la distanza della fotografia dalla pittura e ne afferma l’autonomia di linguaggio. È il prodromo per il successivo sviluppo di una visione trasversale e il presupposto per la nascita dell’astrattismo italiano che vede il proprio centro nella galleria Il Milione. Intanto, un fervore entusiastico percorre la scena milanese – con molte diramazioni a Como, Torino, Venezia, Roma, Frascati …: nel 1928 nasce Casabella, una storica rivista di architettura, urbanistica e design e Pagano, uno dei suoi direttori, è anche animatore in un cineclub fondato insieme a Comencini e Lattuada (due grandi del cinema italiano); lo stesso Lattuada liceale fondò, nel 1932, insieme ad Alberto Mondadori e Mario Monicelli (altro grande regista del cinema italiano), la rivista Camminare. Fondatore dello Studio omonimo nel campo della grafica, nel 1933 Boggeri collabora con Xanti Schawinsky e giovani grafici come Bruno Munari, Erberto Carboni e Max Huber; proprio quest’ultimo, stabilitosi a Milano nel 1940 e lavorando all’interno dello Studio Boggeri, porta con sé le contaminazioni di forte valenza internazionale costituite dalle influenze del futurismo russo, della fotografia d’avanguardia e della vicinanza con Max Bill e Hans Neuburg. Insieme al designer Abe Steiner, la cui prima mostra grafica risale al 1940, costituivano nella VII Triennale di Milano la coppia di formazione più internazionale del panorama artistico/grafico degli anni ’30/’40.
Nel 1929
la rivista di fotografia “Luci e ombre” si apre col commento di Antonio Boggeri, figura chiave del rinnovamento grafico oltre che fotografico. Nel frattempo la fotografia avvia un fortissimo rinnovamento legato anche alle sperimentazioni fotografiche d’avanguardia con la partecipazione di Veronesi (artista e fotografo), Grignani, Munari, Muratore (tutte e tre operanti, anche se con personali e caratterizzanti particolarità, nell’ambito della grafica e del design). Franco Grignani proveniva per esempio dal secondo futurismo; si avvicinò poi all’astrattismo geometrico e al costruttivismo, sviluppando alla fine i propri interessi nell’ambito ottico visivo, con una ricerca anticipatrice dell’optical art , che danno corpo a quella linea “sperimentale” tendente all’astrattismo in fotografia. Un maestro riconosciuto invece della contaminazione e sperimentazione che interessa grafica e fotografia è stato Albe Steiner. Proprio questa contaminazione estrema trova, nel pieno della guerra, cioè nel 1943 con l’annuario di Domus, la sua sintesi. Importanza decisiva viene riconosciuta nell’annuario agli apporti provenienti dal mondo della grafica con la presenza di Antonio Boggeri, Erberto Carboni, Franco Grignani, Bruno Munari, Remo Muratore, Marcello Nizzoli, Albe Steiner e Luigi Veronesi. Gli stessi sono protagonisti del rinnovamento grafico e tipografico che si diffonde in Italia sin dagli anni ‘30 con la V Triennale di Milano del 1933, anno in cui viene fondato da Attilio Rossi il mensile “Campo grafico”. Ricordiamo che per primi Bruno Munari ed Erberto Carboni arrivano a disegnare nuove relazioni tra fotografia e grafica. Ancora qualche notizia sul milanese Munari, definito “uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo”: partendo giovanissimo dal futurismo arriva, attraverso una camaleontica attitudine leonardesca, allo spazialismo di Lucio Fontana.
Ecco i terreni di azione: pittura, scultura, cinematografia, disegno industriale, grafica nell’arte visiva; in quella non visiva: scrittura, poesia, didattica.
L’Astrattismo
fu un grande collettore di talenti e fu il driver portante di una forte accelerazione per tutto il settore sopra descritto. L’Astrattismo in Italia presenta – alle origini – due correnti: la prima, vicina alla galleria Il Milione di Milano con Belli, Mauro Reggiani, Lucio Fontana, Atanasio Soldati e Luigi Veronesi, intenti ad esprimere la bellezza geometrica con un atteggiamento istintivo; la seconda è rappresentata da un gruppo artistico fiorito a Como con Mario Terragni, Manlio Rho e Mario Radice e si riconosce nelle esperienze del Bauhaus sino all’astrattismo geometrico puro costruttivista.
Ricordiamo che l’apertura della stagione dell’astrattismo in Italia fu la mostra di Kandinskij nella Galleria Il Milione del 1934; questo luogo diventa in breve il centro delle esperienze astratte italiane ed è proprio a Il Milione, nel novembre-dicembre dello stesso 1934, che la galleria presenta nella prima mostra dell’astrattismo italiano i pittori Oreste Bogliardi, Virginio Ghiringhelli e Mauro Reggiani; tra la fine dell’anno e il gennaio 1935, propone inoltre Luigi Veronesi con Josef Albers. Nel corso del 1935 Il Milione presenta personali di altri astrattisti italiani: Lucio Fontana, Osvaldo Licini, Mauro Melotti e Atanasio Soldati.
La Triennale del 1936 è, per la seconda volta dopo l’edizione del ’33,
un vero e proprio incubatore di sintesi e contaminazioni essenziali allo sviluppo futuro di Milano. All’interno del Parco viene collocata la fontana di Mario Radice (uno dei maestri dell’astrattismo italiano), attualmente ammirabile all’ingresso di Como. La presenza straniera è di altissimo livello con Le Corbusier (architetto, urbanista, pittore e designer svizzero), Alvar Aalto (architetto, designer finlandese) e Max Bill (architetto, pittore, scultore, designer e grafico svizzero). Nello stesso anno, Giovanni Scheiwiller, padre di una prossima figura (Vanni Scheiwiller) centrale della cultura milanese del dopo guerra, nel 1936 fonda la sua casa editrice “All’insegna del Pesce d’Oro” oltre ad essere per decenni il direttore della libreria Hoepli.
Siamo quasi alla fine di questi miei appunti sparsi: Alberto Lattuada, ancora lui, nel difficile clima bellico, riuscì ad allestire una retrospettiva di film francesi per la Triennale di Milano del 1940 portando scalpore e conseguenti problemi giudiziari.
Il 1943 è una data importante ed è proprio con lo speciale “FOTOgrafia” di Domus di quell’anno, che terminiamo questa breve carrellata (che, data la scarsità di fonti controllabili, può presentare errori od omissioni), un’uscita che segnò, in quell’anno terribile, la consacrazione definitiva al “moderno”, un moderno che a Milano rifuggiva dagli schemi precostituiti e che dava sempre più attenzione alla prassi sperimentale e trasversale e al multidisciplinarismo, cifra che ha caratterizzato così tanto la Milano dei primi del ‘900 sino ai giorni nostri.