Una situazione che sta diventando sempre più insostenibile con servizi meno efficienti e pratiche sempre più lunghe. Ma si cerca di fare finta di niente.
Milano: SERVIZI sempre meno efficienti e PRATICHE sempre più lunghe. La motivazione di fondo che si cerca di ignorare
# A un dipendente pubblico non conviene venire a Milano
Servizi meno efficienti e pratiche sempre più lunghe. Questo è quello che sono costretti a subire i milanesi ogni giorno, una situazione che peggiora con il passare degli anni e che in futuro rischia di diventare insostenibile. Il motivo principale è il deficit di dipendenti pubblici occupati in biblioteche, scuole e uffici comunali.
Non sono i concorsi a mancare, nonostante per anni siano stati limitati per esigenze di contenimento della spesa pubblica e le assunzioni siano rimasti al palo, e il problema è presente anche a livello statale e regionale solo che a Milano la situazione è peggiore di altrove. Per il 2023 in città saranno assunti 607 dipendenti, in seguito alla negoziazione dei sindacati con Palazzo Marino che ne aveva proposti 400 visti anche i 250 milioni di euro di deficit nel bilancio. Secondo Patrizia Frisoli della della Cgil Funzione Pubblica, sentita da Milano Today, ne servirebbero almeno il doppio.
La differenza con il resto d’Italia risiede nel fatto che dei nuovi lavoratori pubblici non si sa quanti effettivamente accetteranno il posto dopo aver vinto il concorso e quanti lasceranno pochi mesi dopo l’assunzione.
# Lo stesso stipendio: al Sud da nababbi, a Milano in braghe di tela
Alla base c’è il basso livello retributivo, identico in tutta Italia. E questo malgrado a Milano il costo della vita sia molto più alto a partire dagli affitti insostenibili, staccando in modo sensibile la capitale oltre a tutte le altre città. Il numero di abitanti ha di nuovo superato la soglia di 1,4 milioni di abitanti ma cresce anche quello degli esclusi o respinti dalla città, in particolare le fasce più giovani che sono destinatarie di stipendi di ingresso per ovvie ragioni più bassi rispetto a chi ha un’anzianità di carriera più alta.
I casi di chi lascia un posto di lavoro fisso a Milano sono un costante. Maria Grazia come riporta Milano Today, madre 35enne di due figli originaria di Brindisi, nel 2021 ha vinto un concorso come insegnante nella scuola dell’infanzia ma ha resistito appena un mese: “Ho accettato l’incarico, ho cercato di riorganizzare la mia vita e quella dei mie figli, ma ho capito dopo poco tempo che non fosse sostenibile“.
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# L’unica soluzione: le gabbie salariali per il settore pubblico
Agire sul costo della vita non si può, salvo interventi del governo come quello messo in campo per ridurre il costo dell’energia, perché i prezzi delle abitazioni e dei servizi erogati dai privati sono determinati dalla legge del mercato. Un fenomeno ancora più evidente a Milano vista la sua attrattività, è tra le prime città in Europa per investimenti immobiliari, con l’offerta che fatica a seguire la domanda. L’unica soluzione, senza girarci troppo intorno, sarebbe quella di introdurre di nuovo le gabbie salariali, questa volta nel pubblico impiego, sulla falsariga di quelle abolite ufficialmente nel 1972.
Gli stipendi dovrebbero essere adeguati a garantire lo stesso tenore di vita che possono permettersi i cittadini del centro Italia e soprattutto del Mezzogiorno. Secondo i dati del report previsionale di Maiora Solutions relativi al periodo gennaio-dicembre 2022 il prezzo medio aggregato delle locazioni nelle città del Sud Italia risulta essere inferiore di circa il 40-45% rispetto a quelli di Centro e Nord Italia. Al Sud costa sensibilmente meno anche mangiare al ristorante o prendere un caffè al bar. Non è un caso quindi, ad esempio, che i posti a disposizione al tribunale di Milano siano coperti al 60% mentre nel mezzogiorno la copertura è totale.
Percepire uno stipendio di 1.200 euro e abitare anche solo in una qualsiasi delle periferie milanesi significa fare la fame, spesso nemmeno vivendo in un appartamento ma in una stanza, mentre vivere a Taormina vuol dire fare la bella vita. Non è forse giunta l’ora di riportare equità tra Nord e Sud, restituendo dignità a chi lavora nella città motore dell’economia italiana, invece di focalizzarsi solo a rilanciare una parte dell’Italia che, nonostante o forse per colpa di oltre mezzo secolo di aiuti economici, non riesce a ripartire?
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Fonte: Milano Today
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FABIO MARCOMIN
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