“Abbiamo concluso lo screening con i tamponi di tutti gli ospiti delle Rsa, quindi oltre 52mila tamponi fatti, siamo a 57mila perché alcuni hanno avuto due tamponi, ed è emerso che abbiamo circa il 30% di positivi all’interno delle Rsa, tutti collocati in aree adeguatamente separati e curati in maniera puntuale”, ha dichiarato l’assessore Gallera nella conferenza stampa del 22 maggio sulla diffusione del coronavirus in Lombardia.
A questo punto ci sono solo due possibili alternative:
– o la percentuale dei positivi al Covid fuori dalle RSA è sensibilmente superiore a quello delle RSA e questo significherebbe la prossimità a una immunità di gregge in Lombardia
– oppure significa che la diffusione del virus è stata maggiore proprio all’interno delle strutture dove si trovavano le persone più a rischio di conseguenze mortali.
Il 30% di positivi al tampone nelle RSA potrebbe pertanto rappresentare la “pistola fumante”, la prova che il disastro in Lombardia si è originato lasciando diventare le RSA uno dei principali focolai di diffusione del virus. Proprio i luoghi che dovevano essere più protetti.
Nota finale: se nel calcolo dei positivi si aggiungessero anche i degenti RSA deceduti causa COVID la percentuale di contagiati potrebbe addirittura essere più alta. A Milano, conteggiando anche i morti, risulterebbe superiore al 40% (qui i dati)
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