Non si può vietare la pioggia

A Viterbo il più grande ritrovo di giovani da tutta Europa da quando è iniziata la pandemia

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Credits: @teczowy_lis IG

Il concerto di Woodstock ha fatto la storia diventando il simbolo di una generazione.
Sono diventate epiche le immagini di queste centinaia di migliaia di ragazzi provenienti da ogni parte d’America che si sono ritrovati per alcuni giorni uniti dalla voglia di stare insieme all’insegna della pace, della libertà e della musica.
Un evento che inorgoglisce tutti quelli che hanno vissuto quell’epoca.

Dopo quel concerto la spinta non si è mai affievolita e nel corso dei decenni successivi sono fioriti in tutto il mondo eventi analoghi, dai mega concerti, ai festival e ai rave, per definizione non autorizzati e per questo particolarmente attrattivi per i giovani che ricercano lo spirito di Woodstock.

In questi giorni ha fatto sensazione a Viterbo il più grande ritrovo di giovani da tutta Europa da quando è iniziata la pandemia.
Lo stesso spirito che è stato sempre emblema dell’essere giovane ed esaltato dai media e dalla cultura progressista e libertaria, improvvisamente è diventato un casus belli all’interno del governo, con il ministro dell’interno che, in mancanza di cose più importanti in questo accaldato Ferragosto, affronta la situazione come fosse un attacco alla Repubblica.
Non comprendendo che in realtà la Repubblica è proprio questo.

È fatta di cittadini che hanno esigenze diverse, spesso anche segnate dalla loro classe di età, cittadini che se sentono un impulso della natura umana che ha sempre avuto libero sfogo nella storia, semplicemente lo seguono.

Anche se il potere politico crede di essere onnipotente nel governo delle leggi, travisando l’evidente limitazione del pensiero razionale, la natura è sempre dirompente e originale, nonostante i tentativi di prevederla o di gestirla.

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Non si può vietare la pioggia, mettere fuorilegge un tifone o reprimere le pulsioni umane che sono indissolubili con la natura. Sono argomenti al di fuori della giurisdizione.

Continua la lettura con: i due minuti dell’odio

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