Una protagonista di oltre sessant’anni della nostra storia artistica, del nostro costume e della nostra identità.
ORNELLA VANONI, Milano e Settembre
# Settembre è il mese del compleanno di Ornella Vanoni
Settembre è il mese del ritorno alle “attività”, ti lascia quel gusto agrodolce di un’estate sbiadita e dei nuovi (e buoni) propositi per una nuova “stagione”. Settembre è il mese dell’armistizio, della nascita di Aldo Moro e dell’inaugurazione dello Stadio Meazza. Settembre è il mese del compleanno di Ornella Vanoni, la signora della canzone italiana, nata (ovviamente) a Milano e che il prossimo 22 compirà 88 anni. Un anno fa diceva: “sono l’unica cantante che a 87 anni ha fatto un disco di inediti”, il disco è “Unica”, come lei.
Unica, perché il suo successo dura da 66 anni, unica perché ha fatto innamorare Strehler e Gino Paoli, unica perché ha saputo sconfiggere, con una forza bestiale, il male di vivere, la depressione, dopo una chiusura in se stessa durata un anno e mezzo: “quella depressione, che rimani chiusa in casa al buio e che se accendi la luce, vedi sempre il buio…”.
Unica perché, pur studiando in collegio in Svizzera e pur avendo da bambina una tata, tedesca e rigidissima, si è sempre caratterizzata come una cantante popolare, vicina alla gente. Dimostrò questa propensione già alla fine degli anni cinquanta, con le canzoni della mala, un repertorio popolare, con brani che trattano storie di carcerati, assassini, furfanti e poliziotti.
# Ma com’è nata Ornella Vanoni artista?
“Mi hanno mandata in collegio all’estero perché non avevo voglia di studiare – dichiarava in un’intervista di vent’anni fa – tornai poi a Milano da Ginevra, appena finite le scuole. Non sapevo cosa fare e mi sono iscritta al Piccolo Teatro, conobbi Giorgio Strehler e ci fidanzammo“.
Con il regista teatrale non furono solo rose e fiori, Giorgio era un personaggio impegnativo e Ornella era timida e introversa. “Erano gli anni in cui per la paura di esibirmi, la notte non dormivo, mi sentivo un bruco strisciante, Strehler mi diceva che avevo un grande talento ma non avevo i nervi per salire sul palco“.
Poi?
“Poi, pian piano, mi sono convinta che ero brava e ho iniziato ad avere fiducia in me, anche se la gente mi vedeva come una troppo raffinata, distaccata”.
# “L’appuntamento” è la canzone che l’ha resa popolare
La canzone che l’ha resa popolare e amata dal pubblico fu “L’appuntamento”, una canzone con tutta una storia dietro, scritta in portoghese da Roberto ed Erasmo Carlos, tradotta in italiano da Bruno Lauzi.
Studiando la personalità di Ornella Vanoni, si trovano atmosfere, arte, ironia, irriverenza, eleganza e amore: “Gino Paoli mi dedicò “Senza fine” (…) quando ci incontrammo, a lui di me dissero che cantavo le canzoni della mala ed ero lesbica, a me di lui dicevano che cantava canzoni orrende ed era gay”. E, comunque, sull’amore Ornella confessa: “nella mia vita tutto mi è accaduto per amore, perché io avevo bisogno dell’amore di un uomo. L’amore è una necessità, a 62 anni ho fatto la scelta di vivere da sola, ma ora mi manca la carezza, la tenerezza, le coccole che può darmi un uomo”.
# Una protagonista di oltre sessant’anni della nostra storia artistica
Leggendo e ascoltando le interviste di Ornella Vanoni nel tempo, impari quanto su un libro di filosofia. Con il passare degli anni confessa di essere più rilassata, meno impaurita dagli impegni e dalle vicende della vita: “con la vecchiaia impari ad essere meno importante per te stessa e diventano importanti gli altri e ciò aiuta a stare meglio“.
La Vanoni rappresenta l’impegno artistico e la leggerezza, la disciplina e la trasgressione, l’austerità e l’ironia, la fragilità e la forza d’animo, il fascino e la semplicità. Una protagonista di oltre sessant’anni della nostra storia artistica, del nostro costume e della nostra identità, di noi che, anche nei momenti felici, abbiamo sempre quel magone dentro, che ci fa compagnia.
Auguri, Ornella.
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FABIO BUFFA
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