La fermata Porto di Mare mi ha sempre incuriosito: perché si chiama così, non c’è manco un lago ed è incastonata tra la Rogoredo presa d’assalto dai pendolari e una Corvetto così urbanizzata? Cosa c’entra il mare?
Ogni volta che parlo della fermata di Porto di Mare mi vengono in mente i toto scommesse con gli amici di gioventù, ovvero di quando si prendeva la linea gialla verso Duomo e si provava a indovinare quante persone sarebbe salite o scese. Le cifre si aggiravano su nessuna, una, due, tre al massimo, e in genere ci azzeccavamo.
A distanza di qualche anno, qualche utente in più c’è grazie alla presenza di una palestra alla moda, la recente apertura di un american diner, l’inarrestabile suono del Karma e qualche cascina resistente al tempo che passa, con trattoria al seguito. Tutto intorno sono rimasti i casermoni e un quartiere – tra via Cassinis, via Fabio Massimo, via Gaggia – tagliato a metà dal raccordo tra Piazzale Bonomelli e l’imbocco alle autostrade. Molte novità, ma ancora niente mare e neppure un fossile di qualche precedente era geologica.
Il rilancio di Porto di Mare (che non inizia mai)
Il 6 aprile 2016, la fermata e per esteso il quartiere Porto di Mare sono tornati alla ribalta per la visita del Ministro Pier Carlo Padoan e la proposta di un progetto di riqualificazione urbana che, riporta IlGiorno riguarderà la messa a punto di “un’area pulita […] dall’amianto e da tutto, tranne che gli edifici storici come la Cascina San Nazzaro e Cascina Casottel […], spazio per attività artigianali e produttive, per strutture sportive, ma non per il residenziale, se non in particolari forme come studentati e alloggi per le famiglie degli ospedalizzati”. Costo complessivo: tre milioni di euro “che il Comune ha risparmiato nella transazione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (fonte. ilGiorno.it).
Solo a novembre 2013, MilanoToday titolava: “Milano: La rinascita della zona di Porto di Mare. […] Il nuovo piano regolatore prevede che entro Expo 2015 si procederà con la realizzazione di housing sociali, con la costruzione di un villaggio dello sport, comprensivo d’impianti di atletica, golf e tennis, e una parte sarà destinata a parco (almeno il 50% della superficie territoriale). La travagliata storia di questa immensa area risale però al lontano 1941.”
Facciamo allora un tuffo nel passato per capire la vicenda per intero.
Le origini del mistero di Porto di Mare
1884. Il piano regolare (PRG) Beruto è in atto: si prevede la scomparsa dei canali dal centro città.
“In questi anni l’Ing. Paribelli del Genio Civile propose di creare un nuovo porto che mettesse in comunicazione Milano al mare (naturalmente via Po)”, spiega il portale Vecchiamilano, che spiega come questa area collocata tra Rogoredo e il primo confine di Milano fosse ritenuta una zona appetibile, perché ‘vergine’, spaziosa, rurale e quindi adatta a far convogliare tutte le acque del milanese.
1907. Il Genio civile di Milano presenta il progetto per cui il porto a Rogoredo a sud di Porta Romana sia il naturale punto di convergenza delle acque che defluiscono dalla città. In pratica si trattava di creare nella zona una nuova Darsena.
Perché una nuova Darsena a Milano?
La risposta è ben spiegata da Storiedimilano:
“La Darsena era infatti ormai insufficiente per la mole enorme di materiali trasportati via barconi dal Po e dal Lago Maggiore, tramite rispettivamente il Naviglio Pavese e il Grande.
Il numero di imbarcazioni (oltre 70 al giorno) superava quello di porti affermati come quelli di Brindisi, Bari e Messina. Si trattava però di imbarcazioni di modesta portata (40/80 tonnellate) molto inferiori ai battelli di 600 tonnellate che percorrevano i canali francesi e che avrebbero potuto navigare da Milano a Venezia lungo il Po.
Il Pavese era caratterizzato da 12 chiuse per superare il dislivello che rallentavano enormemente il tragitto. Anche il percorso dal Lago Maggiore era lunghissimo, giorni di navigazione e traino.
Il Genio Civile presentò quindi il progetto di una enorme serie di darsene localizzate nel punto ove tutte le acque di Milano, di superficie e di falda, tendono a colare, la zona a sud dell’attuale Piazzale Corvetto.”
Il grande bacino avrebbe compreso 5 enormi moli di attracco, subito dopo ridotti a 4, sarebbe continuato verso nord, allacciandosi alla Martesana, passando ad est dell’Idroscalo, per connettersi con le linee ferroviarie di Rogoredo e di Porta Romana.
La storia non finita del Porto di Mare di Milano
1917. E se l’attuale via Fabio Massimo e limitrofe ospitassero una nuova Darsena per dismettere definitivamente quella Ticinese? Il Comune dice di sì: il piano Beruto e la copertura dei Navigli si avvia alla sua seconda fase, con buona pace dei mercantili che, arrivando a sud di Milano, non avrebbero dovuto varcare le dodici conche del Naviglio Pavese.
1918. Viene costituita l’azienda portuale.
1919. Inizio dei lavori di scavo del Porto di Milano per creare il grande bacino portuale e di spezzoni di canale diretto verso Cremona per 20 chilometri.
Si scava. L’acqua di falda riempie lo scavo. Corvetto diventa un’area gradita ai pescatori e, d’estate, ai bagnanti.
1922. Blocco dei lavori. Inizio della trafila.
Dal 1925 al 1928: l’area viene anche sfruttata come cava per la ghiaia da utilizzare per la costruzione del nuovo quartiere popolare Regina Elena che stava sorgendo in piazza Gabrio Rosa sotto la direzione dell’architetto Giovanni Broglio (fonte: Wikipedia).
Anni ’30. L’Ing. Baselli del Comune amplia il progetto in vista della realizzazione di un nuovo grande canale, il Naviglio Grande, di collegamento tra il Naviglio Pavese e l’area di Rogoredo, dal Lago Maggiore e fino a Cremona così da raggiungere il Po.
Progetto approvato.
1941. Tutto è pronto per partire, ma l’Italia è entrata in guerra.
1953. La nuova Darsena di Corvetto-Rogoredo è compresa nel nuovo piano regolatore. Il Comune torna nuovamente sul progetto, ma per la terza volta tutto si ferma.
1972. Viene il turno di Regione Lombardia che dichiarando la priorità dell’opera per i commerci. Per questo viene fondato il Consorzio Canale Milano-Cremona. Nuovi terreni vengono acquistati. Si scavano 20 chilometri di Canale tra Cremona e l’Adda.
31 marzo 1979: nella Darsena di Ticinese arriva l’ultimo barcone con il suo carico di sabbia. “Milano da quel giorno rimarrà una città senza porto”, Vecchiamilano .
1991. Arriva la metropolitana. Qui si dispone una fermata, la “Fabio Massimo”, ma si preferisce dedicarla all’opera mai conclusa.
Ecco la risposta. La fermata e l’intero quartiere Porto di Mare sono un omaggio ad un mai finito progetto milanese.
Il resto, è storia più recente.
Il Consorzio Canale Milano-Cremona viene messo in liquidazione del 2000.
Il canale Cremona- Adda giace tra i campi inutilizzato, “addirittura negli ultimi anni si è reso anche responsabile di danni ai campi vicini a causa dell’assenza totale di manutenzione e la Regione dovrà sborsare altri soldi per risistemare l’alveo” scriveva la nostra fonte nel 2013, che conclude, “nel 2009, infine, il colpo di grazia venne dal progetto di costruire nella zona la “Cittadella della Giustizia” andando così a far naufragare definitivamente il progetto del porto e a distruggere un’ulteriore area verde di Milano”.
Nei piani si sarebbe trattato di 1.200.000 metri quadrati di uffici e servizi, poi slittato di un anno, con l’avallo del ministero della giustizia, ripresentato nel 2010 e nuovamente messo da parte.
Ora una nuova bonifica tra amianto, allontanamento degli inquilini occupanti o senza contratto, sfruttamento di minori e prostituzione.
Un mare di problemi, insomma. Nessun tuffo nella nuova Darsena di Milano che è tornata ad essere quella di Ticinese.
Foto cover – dettaglio di via Marochetti angolo Brizi fotografata nel 1937 da Antonia Pozzi (fonte: Digilander.libero.it)
PAOLA PERFETTI
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