Se ne parlava già dal 2016, ma ora il progetto del Museo della Resistenza, arrivato alla sua fase esecutiva, è stato presentato alle associazioni che hanno sede nella Casa della Memoria, in via Confalonieri all’Isola, dove il museo verrà collocato. E l’accoglienza è stata tutt’altro che calorosa.
Il nuovo museo della resistenza di Milano è stato presentato come una conquista per la città. Ma è davvero così? Sono molti i dubbi che sono stati sollevati sia sulla sede individuata, sia sul progetto in senso stretto sviluppato sotto la supervisione dell’Istituto Ferruccio Parri, soprattutto in rapporto alle aspettative che si avevano per Milano, che come città medaglia d’oro della Resistenza poteva forse aspirare a qualcosa di più.
Da “casa” a museo
Intanto la sede. La Casa della Memoria era stata edificata nel 2015 con gli oneri derivanti dall’urbanizzazione di Porta Nuova, perché le associazioni ANPI, ANED, INSMLI/Ferruccio Parri, AIVITER (Vittime del terrorismo), Piazza Fontana 12 dicembre ’69, la gestissero come una vera e propria casa di quartiere, con l’obiettivo di svolgere un’attività di Memoria Attiva, di divulgazione e di educazione civica. Si tratta di un edificio estremamente semplice realizzato con materiali poveri e con spazi limitati, 2500 mq costati solo 3,6 milioni, ovvero con un costo di costruzione di meno di 1500 euro al metro quadro.
Non proprio un gigante, ma comunque adeguata alle funzione cui era destinata e che ha svolto molto bene in questi anni. Da quando è nata infatti, la Casa della Memoria ha realizzato quasi una iniziativa al giorno tra mostre, performance, conferenze, presentazioni e incontri, con la partecipazione di decine di migliaia di persone. Ed era uno spazio disponibile anche per i cittadini, che in mancanza di una biblioteca di quartiere e di un Centro Civico la utilizzavano come sala di lettura e studio.
La decisione di realizzarvi adesso un Museo vero e proprio, nei 400 metri quadrati del pianterreno, è stato vissuto come una sconfitta per le associazioni degli ex deportati e dei partigiani, soprattutto per ANPI e ANED che da sempre caldeggiano la realizzazione di un’istituzione degna di questo nome, in linea con gli standard europei. La scelta di uno spazio delle dimensioni una palestra di una scuola media non è propriamente quanto avessero immaginato per Milano.
Il progetto: un prisma nero dalle 24 facce
In più, il progetto che è stato presentato è parso non solo inadeguato nell’impostazione e nei contenuti, ma anche in palese conflitto con le attività che vi si sono svolte fino ad ora. Questo prevede infatti un grande prisma nero rivestito su ogni lato da monitor multimediali, contenente all’interno una saletta per le proiezioni video e un piccolo “spazio emozionale” fruibile da una quindicina di persone alla volta, che andrà ad occupare la quasi totalità del pianterreno dove fino ad ora si tenevano gli incontri con i cittadini (più 4 postazioni informatiche dove reperire i documenti digitalizzati di un rete di musei e archivi della Resistenza presenti sul territorio).
Il Comune cioè procede per sottrazione: per far posto ad un modesto museo multimediale, che per ragioni di spazio non potrà avvalersi dei materiali documentali delle associazioni coinvolte, toglierà ai cittadini un luogo pubblico aperto e di libera frequentazione. E questa è la ragione per la quale anche i comitati di quartiere e alcuni esponenti del Municipio 9 si sono espressi a sfavore.
Da notare che per questo progetto sono stati stanziati 2.500.000 euro, per un costo complessivo di più di 6000 €/mq, ovvero quattro volte tanto quello della costruzione di tutto l’edificio.
Ma quello che amareggia di più gli ex partigiani, al di là delle valutazioni nel merito del progetto, è il metodo. La Convenzione per la realizzazione nella del Museo Nazionale della Resistenza infatti è stata sottoscritta – in palese antitesi con la convenzione per la Casa della Memoria del 2015 – soltanto con l’INSMLI-Ferruccio Parri, che ha ricevuto in via riservata l’incarico di predisporre il progetto contenutistico e documentale. Mentre l’avallo al progetto sarebbe stato dato dall’allora Ministro alla Cultura Dario Franceschini addirittura nel 2014. Le altre associazioni non solo non sono state informate, ma hanno potuto prendere visione del progetto solo adesso che è arrivato alla fase deliberativa finale (mancherebbe ad oggi solo la firma del Ministro).
La posizione dell’ANPI
Poiché ci pareva che fare un museo della Resistenza senza l’ANPI sarebbe come fare una torta di pere e cioccolato con le rape, abbiamo fatto una chiacchierata con Roberto Cenati, Presidente dell’ANPI provinciale di Milano, da sempre contraria a questa iniziativa: “Questa sciagurata decisione provocherà due gravi conseguenze: non solo manderà in frantumi il progetto Casa della Memoria, diventata ormai punto di riferimento per decine di migliaia di milanesi. Ma ancora più grave è che priverà Milano della possibilità di vedere realizzato un Museo degno di questo nome, che dovrebbe essere ospitato in uno spazio adeguato”.
Se paragonati con musei simili di altri paesi europei in effetti questi numeri lasciano un po’ perplessi. Quello di Berlino, tanto per fare un esempio, ha larghissimi spazi a disposizione in cui propone una ricca documentazione, e ha un costo medio di circa 4 mila al mq. Ma non è nemmeno necessario costruire per forza ex novo: “Milano è piena di luoghi inutilizzati. Abbiamo proposto ad esempio l’ex Collegio Calchi Taeggi in Porta Vigentina, o alcuni spazi ancora liberi al Museo del Risorgimento, con il quale si potrebbe immaginare un percorso integrato sulla storia d’Italia”. Dalla Zona è arrivata anche la proposta di realizzare il Museo nell’ex Caserma Mameli, da anni in attesa di una nuova destinazione, che si avvarrebbe anche della vicinanza dell’Università Bicocca. “Con i soldi che spenderanno per questo allestimento si potrebbe davvero realizzare qualcosa di degno”.
Ma il Comune non sembra intenzionato a fare marcia indietro, e in questi giorni la polemica infuria sulle edizioni dei quotidiani cartacei, mentre La Repubblica lancia la proposta di un grande unico museo sulla storia di Milano. Dopo le polemiche nate lo scorso febbraio intorno al Giardino dei Giusti al Monte Stella, “monumento contro la guerra e in memoria della morte civile”, sembra in effetti il caso di chiedersi se Milano abbia davvero un problema di Memoria. Forse questa pioggia di grattacieli che sta inondando la nostra città ci stanno dando un po’ alla testa.
ROBERTA CACCIALUPI
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