Milano Città Stato. Il nome dato a questa testata, di cui sono onorato di dare questo mio piccolo contributo, non è casuale. Ci fu un tempo, dal tardo Medioevo al Rinascimento, in cui le città-stato italiane furono più potenti, economicamente, dei regni europei.
Quando le CITTÀ -STATO italiane erano PIÙ IMPORTANTI di LONDRA
# Quando nacque il capitalismo
Nel 1905, il filosofo tedesco Max Weber, nel suo saggio “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, sosteneva che l’attuale economia di mercato avesse origini dal pensiero luterano e calvinista anglo-americano, nato grazie ai riformatori europei del Cinquecento: Lutero, Calvino, Zwingli. Nel 1620, i puritani inglesi di fede calvinista, i Padri Pellegrini della nave Mayflower, salperanno verso le coste degli Stati Uniti, nell’odierno Massachussets, diffondendone lo spirito.
In realtà, non tutti gli studiosi sono concordi. In “Storia della finanza d’impresa”, Jonathan Baskin, docente di Corporate Finance all’Università di New York, afferma tutt’altra cosa. I primi banchieri, furono i cattolicissimi italiani, o meglio, i Fiorentini, i Veneziani e i Genovesi, già a partire dalla fine del Duecento, sulle rotte dei traffici marittimi dell’epoca, quando l’Italia, con le sue potenti Repubbliche e citta-stato, fu al centro dell’economia commerciale europea. I Bardi, i Peruzzi, i Medici di Firenze, i Soranzo di Venezia, o il Banco di San Giorgio di Genova furono i primi fornitori e banchieri d’Europa.
# Il capitalismo italiano del Medioevo
Una forma di capitalismo esisteva, quindi, già dal tardo Medioevo, nelle città-stato italiane, ben prima che a Londra e ad Anversa. Il fiorino toscano di oro puro, a ventiquattro carati, coniato a Firenze, fu nel Quattrocento, all’epoca del Rinascimento, la moneta di scambio preferita in Europa, come lo sarà la sterlina per il commercio mondiale nel XIX secolo e il dollaro oggi.
# L’importanza dei banchieri italiani
I primi banchieri italiani furono, verso la fine del Medioevo, i cambiavalute, chiamati cambiatores, che allestivano i banchi di legno su cui poggiare le bilance per pesare, confrontare e scambiare le monete. Si riunivano alle fiere i principali centri di scambio e di esposizione delle merci nello Champagne, nelle Fiandre e a Ginevra. Ecco come impareranno il mestiere gli svizzeri. Poi, a partire dal Trecento, iniziarono a concedere prestiti e a custodire il denaro per i propri clienti. Prima ai soli mercanti, poi ai signori e infine, ai regnanti. Il punto di svolta per lo sviluppo delle operazioni bancarie e commerciali, arrivò con la “nota di banco” (l’antenata della banconota, e anch’essa, d’invenzione italiana), che attestava il deposito di monete preziose con il sigillo e la garanzia di un banchiere-custode.
La girata delle note di banco, permetteva ai mercanti, di ottenere dalla filiale estera la stessa somma depositata in patria. I mercanti potevano così contare sul proprio denaro nelle filiali delle principali città d’Europa e affrontare i costi di navigazione, di trasporto e di magazzinaggio.
# Le merchant banking partenerships del passato
Le prime banche, quindi, furono le banche commerciali italiane, delle vere e proprie merchant banking partnerships, come si direbbe oggi. Queste società di banchieri-commercianti, che arrivarono a prestare denaro ai regnanti per il finanziamento delle guerre, ottennero in cambio speciali licenze di esportazione e importazione, oltre al privilegio delle esenzioni doganali e della riscossione delle imposte verso i sudditi, per conto del Re. Venivano chiamate “Compagnie”, dai parte dei Fiorentini, “Colleganze” da parte dei Veneziani e “Commende”, da parte dei Genovesi.
# La fine del dominio finanziario italiano
Ma andiamo alle cronache, narrate dallo studioso tedesco di storia antica Curt Gutkind in “Cosimo de Medici, il Vecchio”. Nel 1450, dopo l’esperienza inglese dei banchieri fiorentini dei Bardi e dei Peruzzi, viene finanziata da Cosimo dei Medici e ceduta al figlio, Piero, con un capitale iniziale di 4800 fiorini, la società d’affari di Londra, Piero de’Medici e Gierozzo de’Pigli e Comp, con scopo: le importazioni di spezie per la via di Venezia, soprattutto pepe, mandorle, zucchero, broccati di seta delle botteghe degli stessi Medici a Firenze, oltre alla stessa lana inglese lavorata e tinta in Italia. Destinazione: le ricche famiglie di Bruges, Anversa, Bruxelles, Lione, Lubecca e Colonia.
Ma il 22 giugno 1457 la popolazione di Londra insorge contro gli esattori veneziani e i mercanti fiorentini. Le città-stato di Firenze, Venezia, Genova, allora, tramite i loro delegati, pattuiscono il seguente accordo: “Nel nome di Dio Onnipotente, della Santa Vergine Maria e di tutti i Santi del Paradiso e sotto minaccia di severe pene pecuniarie, si fa obbligo ad esercitare per tre anni, con effetti immediati, un boicottaggio commerciale e mercantile assoluto contro la città di Londra.”
Il boicottaggio non otterrà risultati negli anni a venire, perché i mercanti tedeschi della Lega Anseatica, che impareranno il mestiere dagli italiani, ne prenderanno il posto. Ma il modello italiano di merchant banking lascerà un impronta indelebile nella finanza tedesca, inglese ed olandese. Il primo grande banchiere tedesco del Cinquecento, Jacop Fugger, infatti, farà il suo apprendistato, proprio a Venezia.
Continua la lettura con: L’Italia delle città-stato: da culla del Rinascimento a CARTA VINCENTE per il futuro dell’Italia
FRIEDRICH MAGNANI
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