Uno degli effetti più tangibili della globalizzazione è l’intreccio che si viene a creare tra città appartenenti a mondi profondamente diversi: Asmara, capitale dell’Eritrea, colonia italiana fino al 1947 e indipendente dal 1993, viene soprannominata la piccola Roma, per le sue somiglianze intrinseche con le atmosfere italiane. A Milano, c’è un quartiere situato a due passi dalla via dello shopping per eccellenza, corso Buenos Aires, che è arrivato a meritarsi il nomignolo di Asmarina.
L’Asmarina di BUENOS AIRES: il quartiere più esotico di Milano
Un quartiere unico
Gli eritrei registrati a Milano sono 1.558, ai quali si aggiungono 571 etiopi e 293 somali, persone riunite dal comune passato coloniale italiano dei loro Paesi d’origine.
Numeri che non hanno nulla a che vedere con gli oltre 27.000 cinesi presenti in città, eppure la zona compresa tra viale Tunisia, piazza della Repubblica, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires è un caso unico in Italia di quartiere abitato in modo stabile da una popolazione straniera che non sia quella del Celeste Impero, per di più con tutte le diversificazioni e le contaminazioni derivanti da tre generazioni di insediamento: la prima arrivò nel 1974.
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Oggi, non solo è fluida l’identità dei figli dei pionieri dal Corno d’Africa, immersi nella continua tensione e dicotomia tra la cultura italiana e quella dei propri padri, ma così è anche quella del quartiere, capace di essere la Goutte d’Or meneghina così come un fulcro LGBTQ della città: piazza Oberdan è il punto d’arrivo del Gay Pride e via Felice Casati è un importante punto di ritrovo per la comunità.
Musica, maestro
Purtroppo a Milano, al di là di qualche sporadico evento, non esiste ancora un centro dove andare ad ascoltare l’etno-jazz dall’Etiopia, paese che coi suoi spiritual e Minstrel shows ha dato il là a quel processo che ci ha portato il blues, il cui arricchimento e fusione con altri ritmi ha generato il jazz.
Sicuramente, girovagando per le vie di Asmarina si potranno talvolta apprezzare le melodie di questi suoni lontani, facendosi inebriare mentre si è di passaggio da un locale all’altro.
Pasti esperienziali
Per chi vuole apprezzare la cucina del Corno d’Africa, c’è l’imbarazzo della scelta: i piatti forti sono il wat, uno stufato con pollo, manzo o agnello, varietà di vegetali e una miscela di spezie, con influenze dall’India e dal Sahara, e le crêpes enjera, la base dello zighinì, piatto unico dove, disteso sopra le enjera appunto, troviamo dello spezzatino piccante di pollo o di manzo, con verdura cotta, legumi vari ed insalata fresca, pomodoro, cipolle e spezie.
I migliori ristoranti affascinano a partire dal nome: non poteva ovviamente mancare l’Adulis (dal nome di un sito archeologico situato nella regione del Mar Rosso Settentrionale dell’Eritrea, porto antichissimo), e il Warsà (parola urdu che sta per “eredi”: buona parte dell’Africa Orientale è culturalmente e socialmente molto vicina all’India) in via Melzo. Restano invece solo nel ricordo l’Asmara e il Massawa (città portuale con influenze portoghesi e ottomane, oltre che ovviamente italiane), ormai chiusi.
Un patrimonio difforme
Il miglior esempio di ciò che è oggi la comunità habesha (parola che è all’origine del termine “Abissinia”, e che comprende eritrei ed etiopi) a Milano è il Love, piccolo club gestito da una famiglia etiope di sole donne: una madre e le sue tre figlie. Il cocktail bar è gettonatissimo tra i giovani e mette insieme la musica hip hop più contemporanea alle serate con DJ emergenti e underground in un ambiente spartano, senza pretese, lontano dagli attuali canoni europei.
Alcuni tra i principali prodotti d’esportazione habesha in Italia sono la poliedrica scrittrice Erminia Dell’Oro, spesso e volentieri protagonista al Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, la celebre manifestazione, e Hailé Selassié, al contempo sanguinoso dittatore e padre del rastafarianesimo.
Da YouTube a Ethiopian Airlines
Per i più curiosi, fortunatamente da Malpensa partono voli quotidiani per Asmara e Addis Abeba.
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Per gli altri, c’è Asmarina, il documentario di Medhin Paolos e Alan Maglio, dedicato tutto al quartiere e alla comunità habesha di Milano, la cui seconda generazione è stata poi sviscerata in Appuntamento ai Marinai, spin-off del primo lavoro.
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HARI DE MIRANDA
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