Prendiamo due capitani d’industria illuminati come Cristoforo Benigno Crespi e il figlio Silvio Benigno, un bassopiano triangolare all’interno del suggestivo Parco dell’Adda Nord, la voglia di costruire il perfetto borgo operaio nell’epoca della rivoluzione industriale e abbiamo creato Crespi D’Adda, il primo villaggio industriale d’Europa.
Forse non tutti sanno che, a neanche 40 km da Milano, nel 1878 Cristoforo Benigno Crespi costruì il suo piccolo e personalissimo feudo, dove il suo castello e il suo cotonificio scandivano la vita degli abitanti del villaggio come incarnazioni perpetue della sua autorità e filantropia.
I segreti di CRESPI D’ADDA: Paradiso socialista o villaggio INFERNALE?
# Paradiso socialista…
Tutte le famiglie residenti avevano un membro all’interno della fabbrica, un dottore da cui farsi auscultare, una chiesa in cui pregare, una scuola per i propri figli, un lavatoio pubblico e una casa in cui dormire.
Ed era proprio la casa a rappresentare la posizione sociale delle famiglie all’interno del villaggio. Ancora oggi Crespi d’Adda annovera diversi tipi di abitazioni, identiche tra loro per posizione lavorativa dell’epoca. Abbiamo i palazzotti gialli dei primi operai, le villette bifamiliari con giardino degli operai specializzati e dei capufficio, le ville hollywoodiane dei dirigenti e di chiunque ricoprisse una posizione privilegiata. Il tutto organizzato in quattro vie ai piedi della fabbrica e del castello, per non far dimenticare il motivo di cotanta generosità.
All’interno di questo microcosmo autosufficiente non poteva certo mancare un cimitero per compiangere i proprio cari: una landa desolata di piccole croci ai piedi del maestoso mausoleo sede della cappella dei Crespi.
Di sicuro c’è che quando quelli dell’Unesco hanno inserito Crespi D’Adda tra i siti del Patrimonio Mondiale della Cultura, non potevano mica sapere che tutta questa particolarità architettonica e urbanistica, unitamente al singolare posizionamento in una conca tra la confluenza di due fiumi, avrebbe donato al villaggio un che di sinistro e inquietante con conseguente nomea di luogo di culti satanici.
# …o villaggio dannato?
Noi che ci siamo nati abbiamo sempre sfruttato questa leggenda per movimentare le nostre noiose serate di provincia con vere e proprie spedizioni di coraggio al cimitero, sfidando la presenza di presunti “incappucciati” che di notte si nascondevano dietro i cipressi del viale di ingresso per catturare gatti neri o compiere riti mefistofelici di svariata natura.
Ogni volta che si parlava di Crespi c’era sempre qualcuno pronto a giurare che qualche “amico di amici” era stato strattonato da satanisti, anche se a ben vedere, vista l’esigua densità di abitanti del comune di Capriate San Gervasio Crespi, questi amici di amici sarebbero dovuti essere, con ogni probabilità, cugini di secondo grado o vicini di casa.
Oppure si raccontava di persone morte di spavento trovate appese al cancello del cimitero stroncati da un infarto nell’eroica impresa di scavalcarlo; di coppiette in cerca di intimità interrotte da maniaci pronti a rapirli per sacrifici umani; di animali sgozzati ritrovati nel greto dei fiumi.
Insomma, il villaggio di Crespi conosce delle notti molto movimentate per essere un borgo di 10 case, un parrucchiere e un minimarket.
Di vero c’è che anche il principe dell’horror Dario Argento ha voluto il cimitero di Crespi in Profondo Rosso e che Le Bestie di Satana tra il 1994 e il 1998 “impararono” proprio lì i loro riti.
Ma nonostante la lugubre aurea, la storia di questo piccolo villaggio industriale di 400 anime e 85 ettari perfettamente conservati, è arrivata anche al Padiglione Zero dell’Expo 2015 dove un grande plastico di Crespi D’Adda lo ha consacrato tappa significativa della lunga lotta verso l’evoluzione civile.
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STEFANIA CERVI
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mi permetto di segnalare un errore: “aurea” è un aggettivo che vuol dire “dorata”. Forse l’autrice voleva scrivere “aura”
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