Le risorse europee devono ancora arrivare, ma l’Italia le ha già spese. A fronte degli 82 miliardi di euro previsti a fondo perduto, il fabbisogno delle casse statali ha già superato i 100 miliardi (in aumento di 72 miliardi rispetto l’anno precedente) e si prevede salirà ulteriormente mancando ancora 5 mesi al termine dell’anno. E non è la sola cattiva notizia: malgrado aver immesso nell’economia una cifra record l’effetto sul PIL non si vede. Anzi. Il reddito del paese è calato nel secondo trimestre del 12,4% con un tendenziale per il 2020 a -17,3%. Un calo che ci ha fatto tornare ai livelli di inizio anni novanta (vedi il grafico in copertina) e che rischia di fare impennare il rapporto debito/PIL tra il 160% e il 200%. Ora resterebbero altri 100 miliardi di prestiti. Riusciremo a non bruciare anche questi prima che ci vengano effettivamente corrisposti?
RECOVERY FUND già BRUCIATO: in sette mesi fabbisogno di oltre 100 miliardi. Più del fondo perduto promesso dall’Europa
# È di 102,4 miliardi il fabbisogno fino a luglio, 20 miliardi più di quanto arriverà dall’Europa a fondo perduto
Nei mesi di buio produttivo, con le aziende costrette alla chiusura forzata e collettiva, e con la gente asserragliata nelle case a causa del Covid, ogni dato è sempre stato declinato al ribasso. Questo ha provocato un peggioramento del fabbisogno, anche a causa delle minori entrate fiscali: a luglio il saldo del settore statale si è infatti chiuso con un fabbisogno di 7,2 miliardi, in peggioramento di 10,5 miliardi rispetto a un anno prima. Il fabbisogno dei primi sette mesi è di 102,4 miliardi, in aumento di 72,3 miliardi sempre rispetto a 12 mesi prima.
# Unica nota positiva: l’indice Pmi manifatturiero è tornato a superare quota 50
Dal punto di vista macro, la discesa agli inferi che si è finalmente interrotta in luglio, non appena allentate le restrizioni. L’indice Pmi manifatturiero, che misura lo stato di salute dell’industria, è tornato in Italia a superare quota 50, lo spartiacque fra contrazione ed espansione dell’attività. I 51,9 punti registrati il mese scorso, dai 47,5 di giugno, sono un risultato superiore appunto alle previsioni, rappresentano il miglior score dal giugno 2018 e, soprattutto, potrebbero essere la prima pietra posta sulle fondamenta di una ripresa che rimane incerta per tempistica ed entità. A far ben sperare, è però il generale miglioramento in Europa dell’indice Pmi. In particolare quello di un partner di peso per il nostro Paese come la Germania, dove il manifatturiero è salito a 51 punti, dai 45,2 a giugno. Era da giugno 2018 che non veniva oltrepassata la quota 50, e il recupero lascia margini per centrare il rimbalzo nel terzo trimestre.
Estratti articolo di Rodolfo Parietti per “Il Giornale”
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