L’industria italiana sta affrontando una delle maggiori crisi degli ultimi decenni, nonostante la ripresa economica, a causa della crescita in tripla cifra del costo delle bollette energetiche.
RIALZO RECORD dell’energia: RISCHIO BLOCCO per alcune FILIERE INDUSTRIALI italiane
# Rincari fino al 300% delle bollette mettono a rischio la sopravvivenza delle imprese italiane
L’industria italiana è messa a dura prova del rincaro delle bollette energetiche, di luce e gas, con un’impennata dei costi energetici che arriva superare il 300%. Nonostante la ripresa economica sono diverse le filiere a rischio.
Dalla fine di dicembre 2021 molte aziende del manifatturiero, dalle fonderie a quelle di vetro, carta, ceramica e automotive hanno deciso di fermare la produzione per qualche settimana, per evitare il tracollo. Anche le migliori imprese dell’agroalimentare sono davanti al bivio drammatico di chiudere per non accumulare ulteriori ingenti perdite di bilancio per via di una situazione diventata insostenibile. Come sottolinea Ivano Vacondio presidente di Federalimentare, il settore è costituito spesso da aziende di trasformazione medio piccole che lavorano con bassi margini, che vengono azzerati dal costo delle bollette.
# Nel distretto delle ceramiche il costo dell’energia non è assorbibile dalle vendite
Tra i settori dove l’impatto del rialzo record dell’energia è maggiore c’è quello delle ceramiche, che concentra tra Reggio Emilia e Sassuolo uno dei maggiori distretti al mondo. La bolletta del gas per questo comparto nel 2022 sarebbe pari a 1,25 miliardi di euro, un valore prossimo a un quarto del fatturato secondo Confindustria Ceramica: “un costo chiaramente non assorbibile per un fattore di produzione che pesa già oggi più del 25% dei costi di fabbricazione“.
Con il costo delle bollette triplicato dall’inizio dell’anno per le aziende del distretto è più conveniente fermare la produzione, come fatto in queste ultime settimane, perché pur con alti ordinativi è insostenibile economicamente lasciare accesi i forni e assumere altro personale, mettendo però a rischio la futura tenuta occupazionale degli attuali dipendenti.
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FABIO MARCOMIN
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