Roberto Biscardini è docente di urbanistica al Politecnico di Milano, ma dal 2012 ricopre la carica di presidente dell’associazione Riaprire i Navigli. Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e scambiare due chiacchiere per parlare della sua associazione e ovviamente di Milano.
“Riaprire i NAVIGLI per rendere Milano una città MONDIALE”
Buongiorno dottor Biscardini, intanto grazie per aver accettato e benvenuto tra le pagine di Milano Città Stato. Ci vuole, innanzitutto, parlare un po’ di lei?
Non è mai bello parlare di se stessi. Comunque, se devo dire qualcosa del mio curriculum personale, parto dal fatto di essere un urbanista che si è dedicato soprattutto all’insegnamento universitario e alla politica, da socialista, due passioni che ho perseguito tenendole entrambe sullo stesso piano.
I progetti per la città, quelli che io chiamo per “la città giusta”, non classista, con minori diseguaglianze, quelli che riguardano una città che non deve favorire i ricchi a scapito dei più poveri, non sono molto diversi dalle battaglie politiche per la giustizia economica e la giustizia sociale dei cittadini. Purtroppo, viviamo oggi in una fase nella quale sembra che i politici non abbiano più progetti e men che meno sanno intestarsi alle battaglie politiche.
Da qualche anno è presidente dell’associazione Riaprire i Navigli, ci racconti qualcosa
Sono presidente di quest’associazione dal 2012 quando insieme a un gruppo di cittadini milanesi l’abbiamo costituita, dopo qualche anno di gestazione.
L’Associazione è figlia dell’idea di riaprire i Navigli a Milano, quelli che furono chiusi dal 1929 in poi, nata in Facoltà di Architettura nel 2008 durante un mio corso di urbanistica.
L’Associazione è poi cresciuta ed è diventata un riferimento della battaglia per la riapertura dei Navigli, ha prodotto alcune pubblicazioni per divulgare il progetto, ha fatto attività di sensibilizzazione di massa ed è stata di stimolo nei confronti del Comune e della Regione.
La questione dei Navigli è da sempre oggetto di discussione, c’è chi vuole farli rimanere chiusi sotto Milano e chi, come lei e la sua associazione, vuole il loro ritorno in superficie. Perché, secondo lei, il Naviglio ha questa importanza?
I Navigli a Milano e in Lombardia hanno prima di tutto un’importanza storica, visto che hanno retto benissimo dal 1200 al 1900, prima che in città venissero chiusi. Hanno rappresentato un elemento centrale della vita e della ricchezza della nostra città, che poi Milano ha cancellato facendo perdere la loro memoria, causando un danno economico, culturale e di attrattività turistica enorme.
I Navigli avevano tre funzioni principali, prima di tutto il trasporto, funzione che è stata via via abbandonata con l’arrivo delle ferrovie e del trasporto su strada. Avevano una funzione agricola che hanno ancora in tutta la Lombardia. Avevano una funzione importante per la produzione di energia idroelettrica, ancora esistente sul Naviglio Grande, ma per esempio abbandonata sul Naviglio di Paderno.
Riaprire i Navigli a Milano e riqualificare le loro funzioni originarie significa quindi fare ciò che succede in tutto il resto del mondo e in Europa: potenziare la funzione agricola, la produzione di energia idroelettrica lungo tutto il loro percorso, fonte di nuova ricchezza, ed infine ripristinare la navigabilità. Più quella delle persone per lo svago e il turismo, meno quella del trasporto delle merci. Dalla canoa al piccolo bateau-mouche a trazione elettrica, comprese le piccole house-boat.
Non c’è niente da inventare, basta guardare cosa succede in tutte le altre grandi città del mondo. Basta andare a Parigi, Berlino e a Londra, per non parlare delle città olandesi. Negli ultimi anni tutte le città che hanno l’ambizione di essere “mondiali”, persino in America e in Asia, hanno investito nella difesa dei loro canali, li hanno perfezionati e ne realizzano di nuovi.
Sempre sulla stessa questione, che opinione ha della nuova Darsena?
La nuova Darsena è il segno del cambio di funzione. Dalla Darsena porto per l’attracco dei materiali edili, della sabbia in particolare, fino agli anni ’70, alla Darsena come nuovo luogo di incontro. Esempio di una rifunzionalizzazione dei Navigli e di un diverso uso dell’acqua. Forse si poteva fare meglio, soprattutto non perdendo la caratteristica di essere ancora un porto, così come lo è sempre stata. Ma quando i Navigli saranno tutti riaperti e navigabili lo sarà ancora, porto milanese della navigazione interna. Lì potranno attaccare le barche.
Quali sono i progetti più imminenti di Riaprire i Navigli?
Abbiamo consegnato al Sindaco, ormai qualche anno fa, un cronoprogramma che avrebbe potuto consentire di realizzare subito, entro il 2020, il recupero della Conca di Viarenna, da anni ci sono sia il progetto sia le risorse, come estensione del bacino della Darsena ad essa collegata. Si può ancora realizzare entro il 2026 la riapertura degli otto chilometri dei Navigli dalla Cassina de’ Pomm alla Darsena lungo via Melchiorre Gioia e la Cerchia dei Navigli.
Infine, non bisogna dimenticare tutti gli interventi per la navigabilità dei Navigli esterni. In primo luogo la riattivazione delle Conche, dai laghi di Como e Maggiore fino a Pavia. Un nostro volume, uscito di recente, testimonia l’importanza delle Conche e contemporaneamente lo stato del loro abbandono.
Ci auguriamo che sia il Comune che la Regione facciano ciò che avrebbero dovuto fare già dieci anni fa, il progetto della riapertura dei Navigli a Milano è inserito nel Pgt già dal 2012. Adesso persino il Sindaco sembra essersene dimenticato. Il progetto dei Navigli, tanto sbandierato, è entrato in un cono d’ombra incomprensibile.
Da personaggio politico che è stato, ha qualche idea o opinione su Milano come Città Stato?
Da socialista credo nell’importanza fondamentale delle istituzioni locali, della loro autonomia e della loro capacità di essere “Stato” al pari dello Stato centrale, ma credo difficile l’attuazione di “Milano città Stato” come nuovo livello istituzionale oltre quelli già esistenti, soprattutto se per Città Stato ci si limita alla sola Milano dentro i suoi confini.
Credo invece, non solo possibile, ma assolutamente necessario il rafforzamento della Città Metropolitana affinché sia un’istituzione forte e autorevole al pari di Milano e della Regione Lombardia.
Superando la condizione di assoluta debolezza voluta dalla recente legge Delrio. Questo è l’obiettivo principale per evitare da un lato che tutte le politiche siano rivolte alla sola città di Milano, perdendo di vista l’importanza anche economica dell’integrazione di Milano con il suo intorno, dall’altro che si perda di vista l’importanza della struttura policentrica dell’area metropolitana e persino della regione, quello straordinario sistema di relazioni che si è andato via via sviluppando tra le città lombarde nel loro alternarsi con le campagne.
Un paesaggio, prima della grande conurbazione, che traeva forza non solo dalle importanti infrastrutture ferroviarie regionali, ma dalla grande rete dei suoi canali. Esempio di magnificenza civile, con una Milano accessibile anche attraverso le vie d’acqua.
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MICHELE LAROTONDA
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