Diventata una canzone popolare, cantata dalla divina Milly e dei Gufi, Rosetta proveniva da una famiglia di umili origini e aveva il sogno di fare la cantante. Purtroppo la sua vita finì in tragiche e misteriose circostanze.
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Rosetta, la prostituta della Ligera uccisa in circostanze misteriose
# Le canzoni a lei dedicate da Milly e dai Gufi
“La povera Rosetta” è un’antica canzone milanese, di quelle popolari che, partendo dalla fantasia di uno sconosciuto chissachì, si tramanda da oltre un secolo. Le due versioni più popolari sono quelle della divina Milly e dei Gufi. Milly la cantava così: “il 26 d’agosto in una notte scura hanno trovato un corpo la squadra di questura, hanno trovato un morto con tre pugnal nel petto e quel corpo l’era quello dalla Rosetta. Hanno ucciso un angelo, di nome la Rosetta era di Piazza Vetra batteva alla colonnetta (…) chi ha ucciso la Rosetta non è della Ligera, forse viene da Napoli, è della mano nera (…)”.
La versione dei Gufi è quasi uguale a quella precedente. Quasi, perchè iniziava con una data diversa e con un’accusa chiara e diretta: “il 13 di agosto in una notte scura, commisero un delitto gli agenti di questura, hanno ammazzato un angelo, di nome la Rosetta, era di piazza Vetra, batteva alla colonnetta (…)”.
# Chi era Rosetta
Ma chi era la Rosetta? Era una ragazza, non ancora diciottenne, che morì in circostanze misteriose nell’Ospedale Maggiore, il 27 agosto del 1913. Si chiamava Elvira Rosa Ottorina Andrezzi, era nata il 1 settembre 1895: la sua era una famiglia di umili origini, il padre si chiamava Eugenio e faceva il facchino, mentre la madre, Genueffa Rainoldi, era casalinga. Elvira, l’ultima di nove fratelli, in origine abitava in via Arena. Da qui, in pochi anni, con la famiglia si spostò in corso Ticinese, Piazza Macello (ora Piazza Sant’Agostino) e in via Vetraschi.
# Entra in brutti giri legati alla Ligera e inizia a prostituirsi
Nell’adolescenza entra a far parte di brutti giri, legati alla Ligera milanese, e inizia a prostituirsi. Uno della Ligera era un certo Attilio Orlandi, dello Buterin, che accolse Rosetta a casa propria, in viale Espinasse; Olrlandi era un ladro e, secondo alcune testimonianze, gestiva l’attività di prostituzione della fidanzata. Rosetta poi decide di andare a vivere per conto proprio in un alloggio di via Ferrari.
# Il sogno di diventare una cantante: il nome d’arte era Rosetta di Woltery
Non aveva ancora diciotto anni e si rendeva conto dello squallore nel concedersi per denaro: il suo sogno era quello di diventare una cantante affermata. Lo scrittore e giornalista novarese Marco Ramperti le compose il testo della canzone “Scarliga”, pezzo forte delle interpretazioni che Rosetta teneva come canzonettista al Teatro San Martino di Milano, primo in Italia a proporre il cabaret. Non solo: Rosetta era un’artista ancora acerba, ma apprezzata, le sue performances canore furono proposte anche in altre città, tra cui Roma. Come cantante si era data il nome d’arte di Rosetta di Woltery.
Però non era riuscita a separarsi in modo netto dagli ambienti della prostituzione e della Ligera: lo stesso Ramperti scriveva che la ragazza, “veniva corteggiata da milionari ed era l’amante di teppisti”. La notte tra il 26 e 27 agosto del 1913 lei e un’amica si intrattengono in compagnia di quattro uomini: il gruppetto si trova all’altezza di largo Carrobbio, a duecento metri da Piazza Vetra, dove solitamente Rosetta si prostituiva, all’altezza della Colonnetta di San Lazzaro.
Arrivano alcune guardie che accusano il gruppetto di fare troppo baccano, mettendo a repentaglio, con il vociare e gli schiamazzi, la quiete pubblica notturna. In realtà una versione dei fatti ci dice che Rosetta, in quanto prostituta, era mal vista dalla Polizia. Secondo un’altra versione c’era un poliziotto proveniente dal Sud d’Italia, che si era innamorato della ragazza ma, sentendosi non corrisposto, le aveva giurato vendetta.
# La morte per suicidio da avvelenamento secondo la polizia
La canzone dedicata alla Rosetta infatti cita, “chi ha ucciso la Rosetta non è della Ligera, forse viene da Napoli, è della Mano Nera”. C’è da chiedersi se con “Mano Nera” l’autore della canzone volesse intendere la Polizia, oppure fare riferimento a quegli italiani emigrati in America che avevano intrapreso una strada delinquenziale, con crimini efferati, che si facevano chiamare, appunto, “Mano Nera”.
Dicevamo della Polizia che interviene a calmare il baccano del gruppetto di cui fa parte la nostra Rosetta: questi ultimi si ribellano, dicono che non stanno facendo nulla di male e che non stanno disturbando nessuno. La ragazza è determinata a farsi le proprie ragioni e riceve un primo colpo di manganello e viene arrestata. Secondo la versione ufficiale dei fatti, fatta dalle forze dell’ordine, Rosetta, per evitare la prigione e farsi ricoverare in Ospedale, tira fuori da una tasca delle pastiglie di veleno, ovvero il sublimato corrosivo, e le ingerisce. Verrà portata al Maggiore dove morirà alcune ore dopo, per suicidio attraverso avvelenamento.
# Le altre versioni dei fatti sulla sua morte
Però furono diversi i testimoni a dare un’altra versione dei fatti: testimonianze raccolte dal giornale socialista “Avanti!”, allora diretto da Benito Mussolini, dicevano che Rosetta sarebbe stata percossa più volte con i manganelli, anche quando era evidente che le botte subite l’avevano resa inerme.
Sempre secondo la versione raccolta dall’Avanti, la lavanda gastrica a cui venne sottoposta Rosetta in Ospedale, non evidenziò tracce di veleno. Piuttosto sono diversi coloro che affermano di averla vista tumefatta.
Rosetta morì alcune ore dopo il ricovero, la notizia fece il giro degli ambienti della Ligera, che pensarono subito alla vendetta. Al funerale parteciparono tantissime persone: quelli della Ligera milanese tutti vestiti di nero e le prostitute di bianco.
FABIO BUFFA
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