Una vigna che ha vissuto più vite dei gatti, tornato a rivivere nel terzo millennio: a San Colombano al Lambro si fanno vini DOC, IGT e spumante, come da antichissima tradizione lombarda, declinata al milanese.
San Colombano, il “VINO di MILANO” sulla collina con vista della Madonnina
# Quella collina all’ombra della Madonnina
Nei dintorni di Milano, nella zona del bassopiano meridionale, c’è un unico rilievo che caratterizza la fertile pianura. Siamo a San Colombano al Lambro, in piena Città Metropolitana. Il posto deve il suo nome ad un Santo irlandese che per primo si stabilì nella zona dopo la caduta dell’impero romano, attirato forse dalle similitudini con la verde Irlanda. Dopo aver preso familiarità con il podere, San Colombano e la sua comunità iniziarono a sfruttare la collina a Sud per metterci una vigna, secondo i criteri propri dei Celti.
Inizialmente curata per produrre vino per gli scopi liturgici della piccola comunità religiosa, la vigna ha iniziato a “respirare”, conoscendo periodi di grande cura alternati ad altri di abbandono, tornando ogni volta più bella e produttiva. Le invasioni barbariche, le guerre e l’abbandono delle campagne durante la fase di industrializzazione sono alcune delle fasi di espirazione. Solo episodi passeggeri, visto che le mani sono sempre tornate a prendersi cura della vigna, per farla inspirare e produrre vino.
# Il vigneto del terzo millennio
La collina è alta 147 metri ed è segnata dai terrazzamenti, una forma data al rilievo da quei primissimi monaci celtici. Da quel primo insediamento arriviamo ad oggi. Nel presente sono una dozzina le aziende agricole che si prendono cura della piccola vigna, appena 230 ettari. I prodotti sono vini “a tiratura limitata” denominati San Colombano, soprannominati affettuosamente “Vini di Milano”.
La produzione del 2020 è suddivisa in 2.450 ettolitri di San Colomano D.O.C., 5.850 di prodotto I.G.T e circa 700 di spumanti.
# San Colombano DOC e IGT
Il San Colombano D.O.C. può essere rosso o bianco, fermo o frizzante ed è ottenuto da uva Croatina, Barbera e Uva Rara. Il bianco, anch’esso fermo o frizzante, è ottenuto con uve Chardonnay e Pinot Nero. Le partite migliori hanno diritto alla moderna denominazione di Vigna. Il rosso, invecchiato almeno 24 mesi, di cui 12 in botti di legno, può essere trattato come Riserva. Il San Colombano IGT è invece denominato IGT Collina Milanese, etichetta dedicata all’intera produzione di bianco, rosso e rosato.
# Le caratteristiche e i sapori
L’enoteca, dove degustare i Vini di Milano, si trova nel Castello di Belgiojoso, che da epoca Longobarda protegge questa solitaria collina e la sua tenace produzione di vino. I rossi sono caratterizzati da colore rosso rubino intenso. I riflessi granati sono tipici del San Colombano Rosso Riserva. Al gusto è di sapore sapido, tranquillo, di corpo, secco.
I vini bianchi presentano invece il colore giallo paglierino più o meno scarico a seconda del vitigno, un delicato profumo caratteristico e al sapore regalano una sensazione fresca e vivace, giovane, davvero armonica.
# Il vino di Milano punta sulla qualità
I vigneti di San Colombano vennero abbandonati fino agli anni ’70, quando l’Università degli Studi di Milano avviò la sperimentazione di tecniche moderne per migliorarne la qualità. I risultati hanno segnato successi importanti. Dopo la DOC, nel 1995 è giunta anche l’IGT.
Scomparsa la figura del piccolo proprietario, oggi si sono diffusele aziende a conduzione familiare, che hanno abbandonato la coltura intensiva per puntare sulla qualità, aprendo le case a visite e degustazioni. I vini si possono trovare in alcuni ristoranti tipici milanesi della Città Metropolitana e del capoluogo, che sono il target preferito dai viticoltori meneghini. Un buon 20% dell’intera produzione è destinato all’esportazione e i mercati privilegiati sono la vicina Svizzera, la Cina e gli Stati Uniti.
E voi, l’avete assaggiato il vino di Milano?
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LAURA LIONTI
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