Quando appresi della sua morte andavo ancora alle elementari, ci rimasi male, come per la perdita di un parente, o di un vicino di casa, con cui hai una buona confidenza. Era bello sapere che ci fosse. Accendevi la Tv per qualche evento sportivo e lui era lì, tra il pubblico, oppure direttamente sul prato a salutare o ad abbracciare i giocatori. Erano i tempi del calcio in bianco e nero, del tennis di Adriano Panatta che sale sulle tribune e si mette a picchiare il pubblico e del “19.72” di Pietro Mennea sui 200 metri.
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Serafino, il “supertifoso” dello sport italiano
# Il simbolo della partecipazione attiva agli eventi sportivi
Per chi ha i capelli grigi e segue lo sport nelle più svariate versioni, la figura del “supertifoso” Serafino è una sorta di mito profano, che rimane ricordato negli anni, nei decenni, come il simbolo della partecipazione attiva agli eventi sportivi: calciatori, cestisti, pallavolisti, tennisti… l’importante, per Serafino, era che rappresentassero la nostra nazione. Quando ancora “Forza Italia” non era un partito politico ma l’incitamento sportivo alla maglia azzurra, qualunque fosse stata la disciplina.
Giuseppe Serafini (questo era il suo vero nome di Serafino) nacque a Milano il 23 maggio 1946. Non tifava una specifica squadra, lui amava tutte le società italiane e, naturalmente, tutto ciò che era “Italia”, indipendentemente dal tipo di sport. Era presente allo spareggio del 1972 per decidere lo scudetto del Basket, tra Simmenthal Milano e Ignis Varese e lui, malgrado fosse nato in terra meneghina, era lì a tifare per i varesotti.
# Ingaggiato da Milan, Inter e Juve
Diverse società lo ingaggiarono per dare verve al tifo organizzato, tra cui, sia l’Inter di Mazzola che il Milan di Rivera e la Juventus di Altafini.
Serafino un po’ strano lo era: seguì tutta l’epopea della Pistoiese dal dilettantismo alla seria A, per poi passare al tifo organizzato del Palermo, chiamato direttamente dal Presidente Renzo Barbera, per animare i supporters rosanero. Nel 1979 entrò in campo durante la finale di Coppa Davis, facendo arrabbiare McEnroe e sorridere Panatta.
La Rai lo inquadrava sempre, perchè la sua presenza non passava inosservata, con i suoi 200 Kg di stazza e qual vocione da tenore che incitava gli atleti. Riusciva sempre a trovare i biglietti delle partite, spesso gratis, perchè si diceva che la sua presenza in tribuna portasse bene. Sempre pacioso e sorridente, un prezioso ricordo di un mondo sportivo che non c’è più, seppellito dagli influencer, dalle interminabili trasmissioni televisive e da internet.
Aveva la faccia tosta e convinceva gli addetti ai lavori a chiudere un occhio per potersi accasare, sulle tribune, in curva o direttamente sul campo, insomma in un posto in vista. Qualcuno oggi dice che Serafino, fosse ancora al mondo, farebbe l’influencer: io credo di no, lui amava troppo essere presente, per decsrivere raccontare eventi tramite il web. Certamente era un simbolo, ora diremmo “brand”, di un modo di vivere lo sport a 360°.
# La figurina a lui dedicata nell’album Panini e l’articolo su Newsweek
Nell’album dei calciatori della Panini, edizione 1974-75, gli dedicarono una figurina che era una caricatura, mentre la rivista generalista americana “Newsweek”, gli riservò un articolo per descrivere le sfaccettature dell’italianità.
Serafino morì a Palermo il 17 aprile 1980, a soli 34 anni, sconfitto dalla sindrome di Pickwick, malattia che colpisce le vie respiratorie. Ricordo che, quando capitava di assistere a più eventi sportivi nell’arco di pochi giorni, c’era sempre qualcuno che ti diceva: “ma tu sei onnipresente, come Serafino!”.
FABIO BUFFA
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