SIAMO SOLO NOI: restrizioni anti-Covid che in UE sono adottate SOLO IN ITALIA

Dopo il lockdown più lungo e stringente rispetto a tutti gli altri Paesi UE, l'Italia sembra presa dalla "sceriffite", una gara al rialzo tra chi adotta misure più repressive. Tutto questo quando invece la tendenza in Unione Europea è opposta

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Dopo il lockdown più lungo e stringente rispetto a tutti gli altri Paesi UE, con l’epidemia alle spalle certificata dalle ormai vuote terapie intensive nel Paese, l’Italia sembra presa dalla “sceriffite”, una gara al rialzo tra chi adotta misure più repressive. Tutto questo quando invece la tendenza in Unione Europea è opposta: allentare fino in certi casi a togliere del tutto ogni forma di protezione o di distanziamento, senza che questo produca un peggioramento nella situazione sanitaria del Paese. Così anche numerosi medici in prima linea stanno ripetendo che bisogna smetterla con la politica del terrore e, invece, è il caso di tornare a una vita normale. Perché, allora, i governanti italiani continuano ad applicare regole più repressive contro i loro cittadini che nel resto d’Europa? Ecco alcune delle restrizioni verso cittadini italiani o turisti stranieri che volessero venire a visitare il nostro Paese.

SIAMO SOLO NOI: restrizioni anti-Covid che in UE sono adottate SOLO IN ITALIA

#1 Solo noi manteniamo obbligo di quarantena per chi arriva da fuori UE, anche da paesi non considerati a rischio 

L’Europa ha aperto le frontiere a paesi non a rischio. Unica eccezione: l’Italia.
I paesi che l’Europa ha inserito nella lista verde sono Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova Zelanda, Ruanda, Serbia, Corea del Sud, Tailandia, Tunisia e Uruguay. A questi si aggiunge la Cina, inserita in fondo alla lista con un asterisco: Pechino entrerà a pieno titolo nell’elenco Ue solo se garantirà la reciprocità all’Europa. Ma il Ministro della Salute Speranza alza il ponte levatoio: “L‘Italia sceglie la linea della prudenza e mantiene in vigore l’isolamento fiduciario e la sorveglianza sanitaria per tutti i cittadini provenienti dai Paesi extra Schengen. La misura si applica nel nostro Paese anche ai cittadini dei 14 Paesi individuati dall’Ue nella “lista verde”, da e per i quali ci si può muovere liberamente da domani.Tra chi sarà obbligato alla quarantena anche gli italiani di rientro dall’estero.

Da considerare sul fronte opposto la Svezia: ai paesi da semaforo verde per l’Europa aggiunge possibilità di ingresso senza quarantena a chi dovesse arrivare in Svezia per motivi di studio, anche da nazioni giudicate a rischio. Si prevede un boom di iscrizioni di studenti internazionali nelle università svedesi. 

#2 Solo da noi non sono ripartite le scuole e non c’è certezza neppure sulla ripartenza delle università

I primi a chiudere sono anche gli unici a non aver ancora riaperto.
Da fine febbraio le scuole hanno chiuso in Italia e non hanno più riaperto, a differenza di tutte le altre nazioni europee. Infatti tutte le altre hanno già riportato gli alunni in classe e anche la Spagna, che ha avuto un andamento della pandemia simile al nostro, ha già un piano dettagliato per ripartire il 7 settembre con il nuovo anno scolastico. Il Ministero dell’Istruzione ha individuato una data di massima per l’inizio dell’anno didattico e per la ripartenza scuole del 2020-2021 ovvero lunedì 14 settembre. Purtroppo però è solo una data indicativa, saranno poi le singole Regioni ad avere un margine per decidere se anticipare o posticipare di qualche giorno. Anche sugli ingressi presso i vari istituti è da definire l’eventuale scaglionamento e si deve ancora valutare se ci sarà l’obbligo di indossare la mascherina per chi ha più di sei anni.

Sul fronte università ad oggi c’è l’ipotesi di ripartenza a Settembre, ma non si conosce né la data né la modalità: allo studio didattica mista, in presenza e in digitale, un allungamento dell’orario per le lezioni o la necessità un maggior numero di aule. Una confusione che sta dirottando gli studenti Erasmus e stranieri verso Paesi più organizzati. 

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#3 Solo da noi si deve prenotare via web per andare in spiaggia

Mentre nelle spiagge d’Europa e del mondo si può accedere liberamente al mare, in Italia ci si dovrà prenotare tramite un’app per recarsi allo stabilimento balneare e persino per la spiaggia libera. Così è un fiorire di app per scegliere l’ombrellone, i due lettini e il giusto distanziamento sociale, perché ogni regione ha la sua e addirittura alcuni singoli litorali o spiagge: da quella friuliana su spiaggiafvg2020.it, a bookyourbeach.net in Liguria, fino a jbeach.app per la spiaggia di Jesolo. Oltre all’obbligo di prenotarsi in anticipo, c’è anche la scomodità di dover andare alla ricerca del portale giusto su cui registrarsi. Immaginiamo la confusione dei turisti stranieri. 

#4 Solo da noi obbligo di mascherina all’aperto (Lombardia)

Nonostante sia arrivato il caldo torrido tipico del mese di luglio e l’epidemia si sia di fatto arrestata, è stato prorogato ancora l’obbligo di indossare la mascherine anche all’esterno a prescindere dalle regole di distanziamento e dal fatto che ci siano rischi di assembramenti. Questa restrizione è prevista solo in Lombardia, le altre regioni italiane l’hanno eliminata già da tempo e non si capisce quindi perché la nostra regione debba mantenere assurda regola non suffragata da studi medici.

Leggi anche: MASCHERINE nell’afa: in Lombardia estensione obbligo all’aperto fino ad almeno il 15 LUGLIO

#5 Solo da noi obbligo per hotel e altri locali di misurare la temperatura corporea (con il rischio per il turista con qualche linea di febbre di finire rifiutato da ogni struttura)

Ai clienti di hotel, bar e ristoranti dovrà essere misurata la temperatura e verrà concesso l’ingresso solo a coloro che hanno temperatura corporea inferiore a 37.5°. In caso contrario l’ospite delle strutture alberghiere dovrà contattare il medico di base o le autorità sanitarie e non potrà alloggiare nella struttura ricettiva. Non solo: a quel punto nessun hotel è autorizzato a ospitare chi dovesse avere la febbre, anche se non fosse malato Covid. In più il turista con febbre potrebbe avere grossi problemi perfino a tornare a casa laddove non fosse arrivato in Italia con mezzi propri. Quindi il rischio è quello di avere sostenuto tutte le spese di viaggio e doversene ritornare a casa, sempre che ci riesca. Allo studio in Veneto e in Toscana c’è la minacce del carcere o del TSO per chi dovesse rifiutare le cure. Difficile che i turisti stranieri vogliano prendersi questo rischio.

#6 Solo noi abbiamo messo divieto per il bagaglio a mano in aereo

Eddie Wilson, amministratore delegato di Ryanar ha contestato la scelta italiana: “Il divieto del bagaglio a mano è folle ed espone i passeggeri a un maggiore rischio di contagio. La loro valigia viene toccata da altre persone che si occupano di metterla in stiva, quindi di scaricarla e depositarla sul nastro di consegna. Nastro che diventa altra occasione di assembramento a destinazione.” L’Enac, Ente Nazionale di Aviazione Civile, non ha risposto ancora alla lettera di chiarimenti della compagnia: “Servono regole comuni in Europa. Secondo l’Easa, l’omologo ente europeo dell’Enac, le persone possono tornare a volare se ci sono regole uguali in tutti i Paesi, non capisco perché l’Enac sia andata in un’altra direzione. Qualcuno mi spiega perché l’Italia è l’unico Paese del continente ad avere questa regola così restrittiva?“.

Pertanto si potrà portare a bordo degli aerei solo piccoli borse da tenere sotto il sedile, tutto il resto dovrà essere spedito in stiva e prima dell’imbarco ci sarà l’obbligo di autocertificazione che attesti di non avere avuto contatti con persone affette da patologie Covid-19. 

A questo si aggiunge che ci sono regioni, come la Sardegna, che richiede prima della prenotazione dell’aereo di compilare una serie di moduli di autocertificazione, una procedura piuttosto complessa per i turisti internazionali. 

Fonte: corriere.it

#7 Solo da noi obbligo di prenotazione del posto sui treni regionali (Trenord)

Nel weekend del 4-5 luglio parte il test per la prenotazione dei posti a sedere sui treni regionali di Trenord per rispettare le regole di distanziamento sociale stabilite dalla Regione Lombardia. Il test sarà al momento limitato a solo 8 treni, 4 corse Milano Cadorna – Como Lago e 4 corse Milano Centrale – Tirano, durante i weekend di luglio e agosto. L’obbiettivo, secondo quanto dichiarato da Trenord, è ottenere un più efficace monitoraggio e una maggiore programmazione dei flussi, ma sta di fatto che le regole assurde sul distanziamento trasformino in un’odissea spostarsi anche con i mezzi pubblici. Speriamo almeno serva a evitare che si ripetano le scene delle scorse settimane, quando decine di passeggeri sono stati fatti scendere dai treni per problemi di assembramento.

Leggi anche: LIGURIA da INCUBO: traffico in TILT per cantieri in autostrada, turisti fatti SCENDERE dai treni per rispettare il distanziamento nei posti a sedere

#8 Solo da noi ogni regione ha regole diverse di distanziamento sui mezzi pubblici

Se questo non bastasse, ogni regione ha proprie regole di distanziamento sociale su mezzi pubblici e questo determina che per ogni spostamento il viaggiatore debba essere a conoscenza di quelle previste per tutti i territori che attraversa. Come abbiamo visto, in Lombardia le regole di distanziamento sono le stesse introdotte durante il lockdown, mentre Veneto, Emilia Romagna, Puglia, Trentino e Liguria hanno ripristinato la possibilità di utilizzo dei mezzi al 100% e il Piemonte attende invece risposta da Roma.

Cosa succede ad esempio con i treni interregionali, tra territori con normative differenti, come ha dimostrato il caos emerso tra Lombardia e Liguria? Ferrovie dello Stato spiega che: “negli interregionali che partono da una regione e si dirigono in un’altra, se il treno parte e arriva in due regioni con regole diverse, si applica la regola del 50%: quindi se un treno inizia e finisce la sua corsa in una regione che ha deciso di togliere la regola del distanziamento, bene. Ma se invece non è così, allora Ferrovie impone il mantenimento della regola del 50% dei posti occupati, cioè la regola più restrittiva.” Il rischio di confondere i passeggeri e farli desistere da utilizzare il servizio pubblico è quindi molto elevato.

Fonte: corriere.it

#9 Solo noi andiamo in Europa con il cappello in mano per ottenere liquidità a fondo perduto per l’emergenza covid

A queste restrizioni che stanno trasformando l’Italia in un luogo caratterizzato da regole più simili a un ospedale che a una nazione in cui poter trascorrere le proprie vacanze, si aggiunge anche una mentalità penosa che ci sta ormai caratterizzando in Europa. L’Italia, paese tra i fondatori dell’Unione Europea, è ormai la nazione che va in Europa con il cappello in mano, chiedendo da destra e da sinistra, fondi, prestiti, quattrini, piangendo miseria. Addirittura con la pretesa che i fondi siano concessi senza condizioni, come quelle di riformare la Nazione come previsto dal Mes.

Una figura misera per il nostro Paese, che rispecchia l’assistenzialismo ormai diffuso quale cardine del nostro sistema politico e che ha avuto un’accelerazione con il Covid-19: tutti gli aiuti sono stati impostati, ricorrendo ad ulteriore debito pubblico, sotto forma di bonus o redditi di sostegno invece che incentivi alla produzione delle imprese o allo sviluppo e crescita personale. La medesima strada sembra verrà intrapresa con i fondi destinati all’Italia dall’Europa, che verranno impiegati per le aree già in sofferenza economica prima del Covid e che da decenni ricevono sussidi e una politica assistenzialista. La stessa che ora guida il nostro Paese in Europa. Un Paese sempre più repressivo verso le libertà individuali dei propri cittadini ma sempre più con il cappello in mano in un’Europa dove un tempo eravamo tra i protagonisti. 

Leggi anche: L’ITALIA con il CAPPELLO IN MANO: è questo che vogliamo?

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.