Nell’ultimo periodo si stanno ricevendo segnali di un malessere verso Milano che sembra volto a colpire la città proprio nelle sue eccellenze per farle ripiegare verso una mediocrità nazionale.
Quanto potranno incidere le scelte governative sul destino della nostra regione e di Milano?
Stanno DECAPITANDO Milano? 5 INDIZI di una strategia di abbattimento delle ECCELLENZE della città
#1 Il sistema sanitario lombardo a rischio “accentramento”
Tutti ben sappiamo quanto la sanità lombarda sia motivo di orgoglio per tutti noi. Ha saputo superare molte prove di forza, non ultima la più complessa: la battaglia contro il Covid-19 che, pur non essendosi ancora conclusa, ha mostrato debolezze di gestione ma soprattutto ha messo in dubbio la tenuta del sistema.
La Lombardia è la sede prescelta per le cure dai milanesi ma anche dagli abitanti del Molise, Calabria, Puglia, Abruzzo e Valle d’Aosta, secondo fonte Istat. Questo perché la nostra regione detiene il primato per gli elevati livelli di cura e nella ricerca da parte degli IRCCS, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Dei 49 IRCCS riconosciuti dal Ministero della sanità, 18 sono situati nel territorio lombardo e il 50% delle prestazioni a livello assistenziale, delle pubblicazioni scientifiche e dei finanziamenti della ricerca sono effettuati da ospedali lombardi sembra in base ai dati dell’Istat.
Detto questo, la tendenza del governo centrale di Roma pare quella di voler riaccentrare molte realtà che da tempo erano gestite, secondo il principio costitutivo del decentramento, dalle regioni. Un esempio potrebbe essere senz’altro quello della sanità. Se questa tendenza si trasformasse in realtà che scenari potrebbero aprirsi per noi milanesi? Il rischio è che il tanto osannato sistema lombardo non potrebbe più garantire degli standard così elevati ma allinearsi a una più bassa media nazionale.
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#2 La fiscalità penalizza le aziende lombarde in competizione con l’estero. E la Svizzera è a un passo
E’ una triste e nota realtà che l’Italia detenga il primato della pressione fiscale, tassazione sui profitti delle imprese, tassazione sul lavoro e altre tasse, più alto in Europa con il 64%.
Questo aspetto incide con forza nella vitalità e nella sopravvivenza di uno dei motori principali dell’economia italiana: il settore industriale. I piccoli e medi imprenditori soffrono ovviamente ancora di più: mediamente a causa dei cinque principali tributi ovvero IMU, TASI, IRAP e addizionali IRPEF le imprese versano nelle casse erariali più di 11.000 euro l’anno in media secondo Confartigianato Apla. Non possiamo quindi stupirci se molti industriali siano invogliati a scappare dal nostro Paese e a stabilire la propria impresa all’estero, come per esempio in Svizzera dove la pressione fiscale è del 28,8%, l’IVA non raggiunge il 10 % contro il 22% italiano.
A ciò, che di per sé per molti potrebbe essere sufficiente, si aggiunga la poca burocrazia elvetica, stabilità economica, il costo del personale molto più basso rispetto alla nostra Nazione. Ultimo elemento pro Svizzera è il tempo necessario ad un’azienda italiana per trasferirsi. E’ possibile infatti nominare un amministratore svizzero, redigere lo statuto di impresa, aprire un conto in banca e iscriversi alla camera del commercio in soli 10 giorni. La Lombardia, che costituisce storicamente un terreno fertile per l’attività industriale e dove è presente il 23,1% delle start up delle aziende, potrebbe essere molto penalizzata se questa tendenza fiscale non muta.
#3 I collegamenti azzoppati con le regioni confinanti e con l’Europa
Come tutti sappiamo dal 16 marzo 2020 l’aeroporto di Linate è chiuso. Si parla di riaprire ora il 13 luglio ma senza risolvere la criticità del trasferimento delle rotte con così poco preavviso e dei limiti di sicurezza contro il Covid che riduce il traffico aereo di almeno i due terzi.Tra gli innumerevoli danni che il Covid-19 ha causato non possiamo non citare la situazione dei collegamenti tra Milano e altre parti strategiche. La situazione quindi, già compromessa a causa della pandemia, sicuramente non ha beneficiato della scelta di chiudere uno degli aeroporti più cari ai milanesi, se non altro per la vicinanza al nostro capoluogo.
Che dire dei treni e degli autobus che dovrebbero collegare la Lombardia ad altre regioni, specialmente adesso che la stagione estiva sta partendo? Sul fronte ferroviario sono stati molto pubblicizzati i cosiddetti “treni del mare”, che sono attivi alla domenica e nei festivi e portano i passeggeri da Milano alle principali località di mare della Liguria di levante e di ponente senza cambi. Il problema però è duplice: nel periodo pre-Covid-19 il numero dei treni attivati a tale servizio era minimo, mentre ora che c’è stato un potenziamento i posti rimangono esigui a causa del virus e del conseguente distanziamento sociale, con il risultato che ci sono casi di treni da cui si sono fatti scendere i passeggeri.
La situazione forse più drammatica è quella delle autostrade che collegano Milano con la Liguria. Al momento in cui scriviamo, a Ponente tra Genova Voltri e Genova Savona i tratti di corsia unica sono quasi più di quelli con pieno utilizzo del battistrada.
Anche i collegamenti con il nord delle Alpi non è all’altezza di una metropoli europea e questi ritardi o arretramenti rischiano di far perdere a Milano la sua vocazione internazionale.
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#4 Il crollo di commercio e dei servizi
Uno studio di Confcommercio ha riportato che Milano nel commercio e nei servizi registra una perdita maggiore delle altre regioni italiane. Quelli più colpiti risultano i settori a maggiore competitività e connessione internazionale. Settore vitali per l’economia milanese come quelli degli eventi, la fiera, la moda, il turismo d’affari, solo per citarne alcuni, hanno ricevuto un colpo micidiale. Colpo accentuato anche dalle politiche di contenimento al Covid decise dal governo senza peraltro che venissero messe in atto compensazioni o iniziative per il rilancio di questi settori. Non solo. Si prevede per il Comune di Milano un buco a fine anno che rischia di superare i 400 milioni di euro, anche in questo caso senza alcuna manifestazione del governo di procedere alla sua copertura. Infine c’è anche l’elenco di iniziative e di opere ipotizzate dal governo Conte in caso di ricezione di contributi europei: nessuna menzione a iniziative di sostegno o di rilancio per Milano, nonostante che sia il centro dell’ara più colpita dal Covid.
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#5 Il paradosso del virtuosismo lombardo
Uno studio della Confcommercio ha calcolato che la spesa pubblica complessiva di Regioni, Province e Comuni ammonta a circa 176,4 miliardi. La spesa media pro capite delle regioni è di 2963 euro. Nell’analisi si specifica che se i servizi pubblici costassero come in Lombardia in tutta Italia si risparmierebbero 74,1 milioni di euro.
A questo aggiungiamo che la Lombardia è la regione a statuto ordinario meno indebitata del Paese in rapporto ai suoi cittadini, mentre al polo opposto c’è il Lazio che ha un debito che supera i 10 miliardi di euro, circa la metà del dato nazionale, e la Regione risulta essere la principale responsabile di questa situazione.
E ancora: la Lombardia costa allo Stato meno soldi di tutti, 3447 euro pro capite contro i 3658 della media nazionale, con un residuo fiscale record a livello mondiale di 56 miliardi di euro all’anno. Un altro dato interessante da segnalare è questo: la Lombardia paga un quarto delle pensioni nazionali, infatti insieme all’Emilia-Romagna fornisce la metà dei soldi necessari a coprire la spesa per il sistema previdenziale italiano.
A fronte del fatto innegabile che la Lombardia è in prima linea da sempre a finanziare spese e sprechi del resto d’Italia, è risultata anche la Regione di gran lunga più colpita dal Covid, contando circa il 50% dei decessi complessivi. Nonostante questo, il Governo ha dichiarato che gran parte degli aiuti europei che dovessero arrivare all’Italia per l’emergenza sanitaria, verrebbero destinati alle zone del sud Italia. Da ultimo disco rosso di Roma anche alla richiesta di maggiore autonomia regionale per la Lombardia o locale per Milano.
Questa tendenza governativa di livellamento nazionale che implicitamente gambizza le eccellenze presenti a Milano e in Regione a chi giova? Ai posteri l’ardua sentenza.
GIULIA PICCININI
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