I bambini di oggi l’hanno dimenticato e usano altre parole, ma un tempo a Milano (e nel resto della Lombardia e in altre zone del Nord Italia) non era inusuale sentire la parola “Arimo”. Ma cosa vuol dire, e perché veniva usata?
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Quando a Milano i bambini dicevano “Arimo!”
Se non avete dimenticato la vostra infanzia, potreste saperlo: “Arimo” era il modo in cui i bambini milanesi dichiaravano il “timeout”, la sospensione di un gioco. È la contrazione di “Arimortis” e, come molte altre parole milanesi, ha origine latina.
Secondo una versione, “Arimo” deriverebbe da “arae mortis”, ossia gli “altari della morte”: altari che, all’epoca dei Romani, venivano eretti sui campi di battaglia, in modo da onorare i defunti. Così come i bambini dichiaravano la fine di un gioco dicendo “Arimo”, questi altari segnavano il termine di uno scontro militare.
Più probabilmente, però, la parola “Arimo” deriva da un’espressione utilizzata nel gioco dei dadi, molto in voga tra i Romani. Il giocatore, prima di lanciare i dadi, annunciava l’inizio del gioco dicendo “alea vivis” (ossia “dadi vivi”), seguito poi da “alea mortis” (“dadi morti”) quando il tiro era concluso. Nel corso dei secoli, “alea mortis” è diventato “alimortis”, poi “arimortis”, infine “Arimo”.
Cosa dicevano i bambini, per riprendere il gioco? Semplice: “Arivivis!”
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VANESSA MARAN
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