Un’artista capace di rompere gli schemi femminili della sua epoca e superare il clichè della donna fatale. La sua storia, i suoi incontri e la sua gloriosa carriera.
Vera Vergani, l’attrice più amata del teatro degli anni ’20
# L’incontro con Antonio Gramsci e Piero Gobetti
Una sera del 1919, dopo aver recitato al Carignano di Torino, all’uscita del teatro incontra due giornalisti, esperti di spettacolo. Le fanno i complimenti e, con cortesia, garbo e ammirazione, la accompagnano, a piedi, fino all’albergo in cui questa attrice dimorava nella trasferta sabauda. Sono colpiti dall’intelligenza e dalla cultura di questa giovane artista, bella ma non fatale, carica di una simpatia difficile da vedere in quegli ambienti. Anche lei è intellettualmente rapita da questi due ragazzi, anche loro di grande cultura, educati e discreti: uno è piccolo, dai capelli nerissimi ricci e un po’ arruffati, l’altro è alto e magro, con un modo di rapportarsi estremamente fine. Lei è l’attrice milanese Vera Vergani, i due giornalisti sono Antonio Gramsci e Piero Gobetti. Vera, allora, non si rende conto che di fronte ha due ragazzi che diventeranno i simboli della storia antifascista del nostro Paese, loro invece sono ben consapevoli di avere intrattenuto una piacevole chiacchierata con una delle principali attrici italiane, non solo di quell’epoca. Un’attrice apprezzata da Pirandello e da D’Annunzio, che diventerà la più amata del teatro degli anni venti.
# Il debutto nella compagnia guidata da Virgilio Talli e Maria Melato
Vera Vergani nacque a Milano il 6 febbraio 1895, da una famiglia che, da parte di madre, era una leggenda per quanto riguarda il teatro dei burattini, con la creazione delle compagnia delle marionette “I Piccoli”, fondata dallo zio di Vera, Vittorio Podrecca, nel 1914. In quell’anno la nostra attrice, che era nata nella casa milanese di via Vigna, debutta nella compagnia guidata da Virgilio Talli e Maria Melato. Vera Vergani aveva conosciuto il proprio debutto nel 1912, con la commedia “Le distrazioni del Signor Antenore”. In principio si faceva chiamare Vera Podrecca, cognome della madre e degli zii, “principi” delle marionette, oltreché vivaci antifascisti e militanti del Partito Socialista.
L’attrice milanese, dopo diverse esperienze lontana dalla Madonnina, torna nella propria città al Teatro Kursaal Diana, con l’opera “Marcia nuziale”. Il caso la porta a sostituire la diva del tempo, Jone Frigerio, poi è la grande protagonista ne “L’invasore”, della scrittrice Annie Vivanti, ancora a Milano, ma al Teatro Olimpia.
# Dal teatro al cinema e ritorno
Giovanissima, la Vergani diventerà la prima attrice nella Compagnia Drammatica Italiana di Ruggero Ruggeri, ed è con questa nuova esperienza che l’artista milanese inizia a recitare con il proprio cognome dell’anagrafe. A 25 anni lascia il teatro (momentaneamente) per dedicarsi al cinema: sono gli anni in cui recita in pellicole come “La nemica”, di Guglilmno Zorzi, “La buona figliola” di Mario Caserini e, sempre guidata dal regista romano, “La modella”. Tornata al teatro, passa alla compagnia di Dario Niccodemi, entrando anche come dirigente della stessa società di recitazione. Nel ruolo della figliastra, riceve i complimenti di Pirandello in “Sei personaggi in cerca d’autore”, mentre per “La figlia di Iorio”, è lusingata da Gabriele D’Annunzio, che aveva scritto l’opera una ventina di anni prima.
# Il merito di rompere gli schemi femminili della sua epoca
Spavalda e impudente, Vera Vergani ha avuto il merito di rompere gli schemi femminili della sua epoca, capace, nella recitazione, di dar voce alle eroine tragiche e ai personaggi più comuni. Supera il cliché della donna fatale, per proporre un’immagine e un linguaggio nuovo, come donna artista. La Vergani ha recitato in circa venti pellicole e in tante opere teatrali, fino ai trentacinque anni, quando decide di salutare per l’ultima volta il pubblico e uscire dalle scene: era il 13 gennaio 1930 e l’ultima sua recitazione avvenne al Teatro Manzoni, proprio di Milano.
FABIO BUFFA
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