L’hinterland di Milano con i suoi 132 Comuni riserva sempre grosse soprese e se si tratta di nomi strani non è seconda a nessuna. Ecco la nostra classifica con i nomi dei comuni più strani e le loro origini.
I PAESI dell’HINTERLAND di Milano con i nomi più STRANI
# Morimondo
Detto così ha l’aria un po’ tetra, no? In realtà l’etimologia è piuttosto poetica: deriva dai monaci cistercensi di Miremont, che si stabilirono in quei luoghi e vi fondarono una basilica tuttora esistente e visitabile. “Morimondo” viene quindi da “Miremont”, ossia dal francese “mirer” che significa rimirare, specchiarsi et “mont” ovvero monte, montagna: un luogo elevato, dunque, situato su un’altura e da cui si arriva a guardare lontano.
Ci piace però lo spirito morboso, e si direbbe un po’ anticlericale, di alcuni che si ostinano a sostenere che Morimondo verrebbe dal molto meno sereno “muori mondo”. La spiegazione? In riferimento alla vita isolata e fuori dal mondo dei monaci. Poveri cistercensi, così denigrati. In realtà probabilmente a Morimondo se la passavano molto meglio di quanto lasci pensare questa finta etimologia.
# Gudo Visconti
Come molti paesi dell’area metropolitana, Gudo Visconti deve il suo nome agli antichi proprietari di quelle terre: in questo caso i Visconti, appunto, che nel Medioevo da quelle parti costruirono un castello, poi andato quasi completamente distrutto, anche se una parte delle mura è oggi integrata nella struttura di una trattoria.
Questo spiega il “Visconti”, ma cosa dire di “Gudo”? Qui il dialetto ci viene in aiuto. Infatti in milanese ci si riferisce Gudo Visconti semplicemente sotto il nome “Gùd”. Questione di pigrizia, mancanza di voglia di pronunciare il nome per intero? Ebbene no: il milanese è solo rimasto più fedele all’etimologia. Gudo, infatti, deriva dal germanico “Gut”, possesso. Il riferimento è dunque all’esistenza di alcuni possedimenti in quelle zone. Ma non ancora di proprietà dei Visconti: ben prima, quelli erano possedimenti dell’abate del monastero di Sant’Ambrogio di Milano, e soltanto dopo vari passaggi di mano, scambi ed eredità entrarono in possesso dei Visconti. Dunque alla base il dialetto ha ragione: i Visconti saranno anche riusciti a immortalare il loro nome, ma quei luoghi erano già stati il “Gudo” di ben altre famiglie prima di loro.
# Cassinetta di Lugagnano
Quando l’etimologia si sposa con l’urbanistica. E il culto della personalità. “Cassinetta” altro non è che il diminutivo di “cassina”, cioè “cascina”. In quelle zone però “cascina” non si riferirebbe tanto, come da definizione attuale, a un gruppo di fabbricati come stalle, fienili, magazzini e locali per la lavorazione del latte, ma semplicemente a una piccola dimora rurale. Non si sa dunque se “Cassinetta” sia in riferimento alla presenza di varie piccole dimore oppure, come da etimologia più accreditata, di una specifica “cassina”, proprietà di tale Maffiolo Birago, illustre cittadino locale.
Il toponimo “di Lugagnano” invece ci lascia un po’ delusi. Il web ci dice che deriverebbe dal nome latino Lucanius. Sia pure. Ma rimaniamo a bocca asciutta, senza sapere nulla su chi fosse questo personaggio tanto egocentrico da aver sparpagliato il proprio nome un po’ dappertutto nell’Italia settentrionale, come ad esempio Lugagnano val d’Arda in Emilia-Romagna, o Lugagnano di Sona in provincia di Verona. Lucanius, dunque, chi era costui?
# Vizzolo Predabissi
La ricerca di queste etimologie ci insegna una cosa: un modo facile e veloce di passare alla storia è possedere dei terreni. Ormai si è perso lo spirito del tempo: tutta ‘sta gente che si affanna pur di ritagliarsi un trafiletto nella mente dei posteri…nel Medioevo ti compravi un feudo e bum, il gioco era fatto.
Vizzolo Predabissi infatti non si riferisce ad altro che a un “vicociolus”, diminutivo del latino “vicus”, ossia un gruppetto di case, di proprietà di Francesco e Sofia Predabissi. Anche a Milano c’è una viuzza intitolata a Frascesco Predabissi. Ma era Sofia a tenere le redini, e infatti si è guadagnata addirittura un viale, a Melegnano. A differenza dei Visconti di Gùd, tuttavia, pare che i Predabissi non si siano nemmeno dati la pena di costruire un castelletto…
# Colturano
Per capire la metà dei nomi dei Comuni dell’area metropolitana di Milano bisogna partire dal postulato storico seguente: i Cistercensi erano gli hipster dell’epoca. Prendevi un misero pezzetto di terra incolta, glielo davi, e loro, sempre con quell’aria distaccata, nel giro di qualche mese te lo facevano diventare “the place to be” della zona.
E’ quello che è successo a Colturano. Nel Medioevo, i nostri monaci cistercensi hanno preso in mano quelle terre aride e incolte e, introducendovi l’irrigazione, le hanno rese fertili e hanno cominciato a coltivare a man bassa. Da qui “Colturano”, da “cultus”, ossia “coltivato, coltivazione”.
# Casarile
Qui andiamo sul facile. Se da una parte si coltivava la terra, dall’altra di faceva il formaggio. Dal latino “caseus”, Casarile rimanda al luogo dove si faceva e conservava il formaggio.
Etimologia lineare. Onesta. Senza asperità. Motivo per cui non ci soddisfa.
Siamo allora andati a cercare le versioni apocrife. C’è infatti chi fa risalire il tutto a “Casalium”, cioè il diritto di edificare case. Già più interessante. Oppure, e questa ci piace proprio per la sua inventività, da “Casa + Rile”: cioè una casa costruita su un “Rile”, forma dialettale per “fiumiciattolo”. E si scoprì che il Naviglio Pavese da quelle parti è un visto come un “fiumiciattolo”!
# Robecchetto con Induno
Qui solo a leggerlo l’etimologo sa che troverà pane per i suoi denti.
Vi sorprenderà, ma l’origine di “robecchetto” non è evidente. Potrebbe venire da “rebec”, piccolo strumento ad arco, dotato di due o tre corde e diffuso nel Medioevo e il cui nome stesso deriverebbe dall’arabo rabaab. O potrebbe rimandare, più in generale, al concetto di legame, laccio, corda, dall’ebraico ribqaah o rhabqaa, indicante la coppia di buoi tenuti insieme dal giogo origine, tra l’altro, del nome Rebecca. O ancora, potrebbe derivare dal verbo francese “rébequer”, ossia rimbeccare, ribattere, dire indietro.
Induno, poi, è tutta un’altra storia. Si potrebbe pensare a una derivazione dall’arabo “duunum”, una misura di superficie dei terreni. Più probabile però l’etimologia che rimanda al “dunum” gallico, cioè una “citta fortificata”, etimologia che condivide con la città di Belluno. Gerolamo Induno, poi, già che ci siamo, fu anche un pittore e patriota del XIX secolo.
Questi gli elementi. Sembra una battaglia di Cluedo: io dico che sono stati i buoi, nella fortezza, con una delle corde del rebec.
# Trezzano Rosa
Trezzano viene da “terriccia” o “terriccium”, quindi terricciola, o semplicemente terreno. E fin qui bene. Già sentiamo i passi veloci dei Cistercensi che si avvicinano sfregandosi le mani. Quello che però ci intriga è la specifica “Rosa”, aggiunta nel 1862 per distinguere questo Trezzano da altri contendenti al titolo, come Trezzano sul Naviglio. Nei documenti ufficiali non figura nessuna spiegazione in merito a questa scelta. Ci sono però varie ipotesi:
Rosa potrebbe riferirsi, banalmente, al fiore. Ma sì, ci saranno due roselline in qualche giardino a Trezzano! E quindi giù di simbologia con le rose per molte organizzazioni del paese. Altri fanno notare invece che Rosa era il nome della moglie del sindaco dell’epoca. Rosa, dunque, grande fan del già noto Sofia-Predabissi-style, si guadagna un posto nel nome del paese. E non solo: la sua pettinatura a treccia sarà anch’essa immortalata nello stemma comunale! Queste sì che erano influencer…
A noi però piace di più una terza ipotesi, che rimanderebbe Rosa al colore: il risultato che si ottiene mescolando Milano dallo stemma bianco e Bergamo la città dei garibaldini contraddistinti dalla camicia rossa, ossia le due città tra cui si colloca Trezzano Rosa, appunto.
E voi, la conoscete l’etimologia del vostro Comune?
Continua la lettura con: Trasferirsi nell’Hinterland? I dieci posti preferiti dai milanesi
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