Il mare senza sale, i racunt e i canzun dei Navili, è una raccolta di favole, leggende e canzoni sui Navigli di Milano. Un libro curiosissimo e ancora più curioso è il suo autore. Si tratta di Ignazio Pepicelli Sanna, uomo di Sardegna innamorato di Milano e dei Navigli.
“Mi sono avvicinato a Milano per caso nel 2011, io che sono mezzo sardo e mezzo napoletano, per scoprirmi innamorato di Milano.”, ci racconta, “Ho provato a fare partire un progetto perché la Sardegna mi stava stretta. Un progetto artistico musicale ricavato dalla raccolta di micro leggende e mi sono accorto che poteva avere orizzonti italiani e non solo isolani. Milano mi è piaceva perché era una piattaforma per agire in tutta Italia. Fino ad allora non conoscevo Milano, a parte Duomo e Castello Sforzesco oltre a un bagaglio di stereotipi”
Intervista a Ignazio Pepicelli Sanna
Quali stereotipi avevi?
Quelli di una città dove si corre, dove non c’è attenzione alla cultura e all’arte, che pensa solo al business. Invece ho scoperto che Milano è una città dinamica, attenta alla cultura, col gusto del bello e molto aperta con chi arriva da fuori. Quello che mi ha colpito di più è che i milanesi conoscono molto poco della loro città.
E quindi che cosa hai fatto?
Io sapevo molto poco dei navigli e ho iniziato a scavare per scoprire una storia immensa. I navigli sono stati l’essenza di Milano nei secoli. Ho messo su un progetto. Però devo fare una premessa: io ho fatto lettere moderne a Cagliari con indirizzo Antopologico, poi a Roma mi sono specializzato sullo spettacolo. Ho deciso così di unire queste due mie conoscenze e di mettere assieme tradizioni popolari per finalizzarle in un’attività artistica.
Ho iniziato a raccogliere le leggende che trattavano dei navigli di Milano e ne ho trovato un numero esorbitante.
Esempi di leggende?
Una fantastica che non riguarda il Naviglio grande ma il Martesana. Sul naviglio Martesana, dove Milano era ancora campagna, c’era un castello con un castellano che aveva un figlio scapestrato tanto da diseredarlo. Il figlio scomparve poi tornò con amici canaglie quanto lui per scoprire che il padre era morto e aveva dato il castello ai frati. Lui uccise i frati e prese possesso del castello diventando il terrore dei villaggi vicini. Finché, pentito, decise di farsi sacerdote e andare lontano per espirare le sue malefatte, con sollievo di tutti i milanesi. A un ceto punto, dopo anni muore il parroco, e lui riapparve, riprendendo a comportarsi da gran carogna, come faceva da cavaliere. Il duca di Milano decise di porre rimedio e mandò i suoi soldati per fare evacuare il castello e punire il sacerdote. Ma questi aveva protetto bene il suo castello e per entrare dovettero mettere fuoco il castello di notte. A un certo punto uscì lui con una spada che manco due uomini avrebbero potuto tenere in mano e iniziò a uccidere tutti. Intervenne il santone della Martesana che riuscì a imbrigliarlo e, grazie a lui, il sacerdote venne incatenato. Il popolo voleva la sua morte. Fu infilato in un pentolone in mezzo alla piazza e morì bollito. L’orrore si tramandò nei decenni come la vicenda del Prete Cotto, e il quartiere venne chiamato Pre-cotto.
Qualche informazione sul tuo libro, Il mare senza sale?
Tra il 1450 e il 1500 non c’era casa di Milano che non fosse raggiungibile in barca.
Così è venuto fuori il libro che è corredato di un CD musicale con 11 canzoni, tutti trattanti il tema dei navigli e tutte da me composte. E tutto il libro alterna italiano e milanese (doppia lingua), anche le canzoni.
Che cosa ti ha fatto innamorare di Milano?
Tutto ciò che Milano nasconde e che non si conosce. E soprattutto la disponibilità dei milanesi a mettere su un progetto.
Tant’è che Mare senza sale è solo il primo volume di un lavoro che continuerà. Ora sono in lavorazione su un progetto su Milano zona 5
La parte di Milano che ti piace di più?
Ho studiato molto l’Isola, per motivi facilmente comprensibili, considerando che sono sardo. Però ho scoperto la Milano sud con un coacervo di dinamismo culturale incredibile. E’ una dicotomia tra territorio difficile per certi versi e per altri apertissimo e disposto a investire su se stesso.
Da attento studioso di Milano, come la vedi in prospettiva?
Milano non esiste. E’ un insieme di tante Milano. Per cui l’autonomia che io vedo benissimo è importante qualora l’autonomia venga rivolta a ogni singola realtà di Milano, non solo a quella benestante. Mentre c’è tanta Milano nascosta che va valorizzata. Se l’autonomia non diventa un’autonomia snob e solo per intellettuali ma valorizza le diverse identità della città, a me va benissimo.
Milano nel futuro: da qui a trent’anni cosa ti immagini?
Temo una città che viva la stessa crisi del resto del Paese, che si chiuda senza dare attenzione a chi è in difficoltà economiche. Non so se Milano basti a se stessa, mentre credo che sarà sempre più inglobata in un discorso nazionale.
ANDREA URBANO
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