Lontano anni luce dalle uscite capolavoro della metropolitana di Napoli, ma anche dalla stazione di Amendola Fiera sulla M1 costruita negli anni ’60. Possibile che la città del design non riesca a partorire qualcosa di meglio?
Foto copertina: Urbanfile
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L’orrendo catafalco della metro dello Stadio San Siro
# L’apoteosi della bruttezza al capolinea ovest della linea M5

Il punto di forza della linea M5 non è di certo la bellezza delle sue stazioni, soprattutto le coperture realizzate per gli accessi. Le più brutte si trovano lungo la prima tratta, quella verso nord che conduce a Bignami, con le scale mobili protette da una una struttura curva in lamiera di colore verde e le scritte M5 viola sui fianchi. Pessima la scelta dei materiali, la forma della struttura e l’abbinamento dei colori, come un pugno in un occhio.
La situazione migliora nella prosecuzione del tracciato verso ovest, fino al capolinea allo Stadio San Siro. Proprio qui c’è l’apoteosi della bruttezza. La stazione che serve il Meazza ha l’uscita più grande di tutte le altre della linea, per consentire in modo sicuro l’afflusso e il deflusso dei tifosi tifosi di calcio e dei fani dei concerti grazie anche a tornelli di prefiltraggio al piano strada. Lo spazio è ampio all’esterno della stazione e non ci sono limiti in altezza, pertanto si sarebbe potuto costruire qualcosa di iconico. Purtroppo si è scelto di realizzare un orrendo catafalco grigio in lamiera, che assomiglia più a un magazzino di una zona industriale oppure, come suggerisce Urbanfile, a un deposito per materiali edili o a una banale velostazione. Non si è pensato nemmeno a un gigantografia dello stadio da applicare sulle pareti, per mitigare l’impatto, o altri elementi artistici e di design. Il nulla cosmico.
# Non si è fatto meglio con la M4: la Soprintendenza ha vietato le coperture nelle stazioni centrali

Un passo in avanti è stato fatto con la M4, ma anche in questo caso è stato scelto un design dozzinale che niente ha a che vedere con la nomea della città, sede del celebre premio del Compasso d’Oro, uno dei più prestigiosi premi internazionali di design. Dei brutti parallelepipedi in colore grigio scuro, adatti forse per un garage, vietati infatti dalla Soprintendenza per le stazioni centrali da Sant’Ambrogio a Sforza Policlinico.

E dire che sarebbe bastato scegliere una delle ipotesi progettuali iniziali, con uscite caratterizzate da eleganti strutture in vetro trasparente armonizzate alla perfezione con l’ambiente circostante.
# I capolavori della metro di Napoli
Come per gli interni, anche per gli esterni delle stazioni Milano ha molto da imparare da Napoli. C’è ad esempio quella di Duomo con una cupola in vetro trasparente che lascia passare la luce naturale consentendo di vedere i resti archeologici sottostanti, la Stazione Monte Sant’Angelo, con una scultura monumentale progettata dall’artista Anish Kapoor con una forma che ricorda una grande ciambella o una fenditura nel terreno, con superfici sinuose e curve morbide.
Troviamo poi la Stazione di Capodichino, protetta in superficie da una tettoia metallica ispirata a un hangar e che poi si sviluppa in profondità per 50 metri con un architettura che ricorda il Pozzo di San Patrizio. Infine quella del Centro Direzionale, una struttura ondulata con coperture in vetro e acciaio e una design caratterizzato da linee fluide e dinamiche, che creano un effetto visivo di movimento continuo.
# L’esempio a Milano sulla linea M1 con il gioiello di Amendola
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Spunto: Urbanfile
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FABIO MARCOMIN
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Ma che vogliamo pretendere se c’è stato chi ha voluto mettere un giardino tropicale davanti al Duomo…
Ma è una struttura “minimalista”, suvvia! E’ sullo stile di Bonola e di Bisceglie, che conosco. Per lo meno all’interno. Per l’esterno l’una vale l’altra. L’importante sembra sia la riduzione dei costi. Certo che gli architetti si sono sforzati molto, nevvero?