Parigi: la città a cui l’attuale amministrazione dichiara di ispirarsi per governare Milano. Ma cosa accade quando le si confronta con occhio critico, fuori dagli itinerari turistici? Stefano Sgambati, nel gruppo Cantiere Urban File, ha raccontato la sua esperienza paragonando una corsa mattutina tra le strade di Milano con una a Parigi in periferia. Il confronto è impietoso.
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Una corsetta per le strade di Parigi mi ha fatto capire cosa manca a Milano
# Le differenze tra Milano e Parigi
Il racconto di Sgambati è una fotografia sulla vita quotidiana nelle due città. Il confronto si concentra su diversi aspetti della vita urbana, facendo emergere profonde differenze tra le due metropoli.
«Corsetta il sabato mattina di circa 12 km per Parigi. Come da mappa, l’itinerario è compreso tra Courbevoie/La Defense, Levellaois-Perret (tecnicamente due comuni attaccati al comune di Parigi) e gli inizi del XVII arrondissement di Parigi. In pratica, siamo a meno di due chilometri dall’Arco di Trionfo e dal cuore pulsante della capitale Francese, la cui area metropolitana conta ben 12 milioni di abitanti. Il comune di Parigi in senso stretto è relativamente piccolo: ha poco più di 2 milioni di abitanti e il suo perimetro è definito fondamentalmente dal “bouelvard peripherique”, una strada comunale a scorrimento veloce (velocità recentemente portata a 50 km orari con disappunto dei parigini), a forma di anello e lunga circa 35 km (per confronto, la “circonvalla” è lunga 20 km e la tangenziale 105 km)».
Così inizia il suo resoconto che così precisa: «volutamente, ho ritratto la periferia di Parigi, un mix di comuni limitrofi e città che da noi non ha un esatto equivalente, e che in ogni caso non rappresenta la parte più suntuosa e nota della capitale francese, onde evitare la trappola per cui qualcuno dica: “ah, ma quello è il centro città, vai a vedere le periferie!”. Certamente, non tutte le periferie sono come Courbevoie e Levellaois-Perret ma la media è questa e in molti casi anche più alta».
Riportate queste premesse, passiamo in rassegna gli elementi più rilevanti della sua testimonianza.
#1 L’arredo urbano
Una delle prime e più evidenti differenze che Sgambati mette in luce riguarda l’arredo urbano.
«Cosa possiamo dire dell’arredo urbano? Bello, armonioso, ben progettato, ben mantenuto. Se per Milano purtroppo vale quanto scrivevo, ovvero “bitume mal posato dove sarebbe d’obbligo la pietra, pavé e sampietrini mal posati dove sarebbe raccomandabile l’asfalto; asfalto dei marciapiedi sciolto, perforato dai cavalletti delle moto o divelto dalle radici degli alberi soffocati; pali ammassati, caduti o piegati; avvallamenti e buche; cordoli dei marciapiedi in frantumi; dissuasori di ogni forma e colore (in acciaio, alluminio o ferro; a colonna, ad arco tondo, quadrati o più facilmente deformati; a cilindro o a panettone; cilindro moderno o “alla parigina” in tre-quattro stili diversi; panettone giallo, grigio o verde); ecco, a Parigi è vero diametralmente l’opposto. Armonia, ordine, cura del dettaglio, manutenzione. Eccetera, eccetera, eccetera.»
#2 I graffiti: Milano è una città “all-you-can-write”
Un tema molto caro a Sgambati riguarda la questione del vandalismo urbano, un fenomeno che ha preso piede a Milano in modo preoccupante negli ultimi anni. Milano è, infatti, tristemente famosa per i suoi graffiti che imbrattano edifici, monumenti e persino luoghi storici.
«Come non toccare il tema drammatico dei graffiti? A Parigi, praticamente non una virgola sui muri, tranne in situazioni estremamente compartimentate. Ho voluto fotografare appositamente un muro lungo la Senna in una zona fuori Parigi. Abbiamo tutti presente i muri che costeggiano i Navigli, sia che si tratti della zona più centrale o di quella periferica. Uno squallore immenso che non ha eguali nel mondo. La questione dei writer a Milano è estrema e non risparmia monumenti e architettura di valore. Una città “all-you-can-write” dove ognuno si sente autorizzato a utilizzare le mura di edifici pubblici e privati e i mezzi pubblici come post-it su cui scarabocchiare o esprimere il proprio dissenso o le proprie idiozie, senza che ci sia nessun intervento serio da parte della politica e delle autorità.»
#3 La pulizia: le strade di Milano sono una pattumiera a cielo aperto
«E c’è poi il tema della pulizia. Le foto parlano chiaro ed evidenziano una popolazione parigina fortemente rispettosa delle regole della convivenza civile, a differenza dei milanesi che mostano mediamente una maleducazione che rasenta l’ignoranza e la mancanza di senso civico ad ogni angolo. Defecazioni canine ovunque, carta, plastica e bottiglie buttate per terra o lasciate in giro come se strade e marciapiedi fossero una grande pattumiera a cielo aperto.»
#4 La sicurezza: a Parigi niente inferiate sui palazzi e biciclette lasciate in strada la notte
«Tocco per ultimo il tema della sicurezza. Basti osservare due cose di Parigi: finestre al primo piano di case anche lussuose in periferia che non hanno né inferiate né particolari sistemi di allarme, e moto anche molto costose e biciclette lasciate la notte per strada. A Milano i furti di moto avvengono anche in garage, sotto gli occhi inermi dei proprietari, e lasciare una bici legata la notte per strada, anche se si tratta di ferraglia arrugginita, equivale prima o poi a un furto certo. Si vedono inferiate anche al secondo piano o all’ultimo, perché Milano, si sa, è presa d’assalto da ladri acrobatici provienienti da tutto il mondo. Andare serenamente in giro con un prezioso al collo o al polso è praticamente impossibile, a meno che non si svolgano regolari e impegnativi corsi di autodifesa.»
# A Milano ci stiamo abituando a standard sempre più verso il basso: occorre una nuova consapevolezza a ogni livello
Il resoconto di Sgambati non è solo una critica alla sua città, ma un invito alla riflessione su come Milano potrebbe migliorare. Così infatti conclude con un moto di orgoglio: «E’ un vero peccato, perché Milano potrebbe essere una bella città ma si trova in uno stato impietoso quando paragonata alle altre città europee. Non ne faccio un tema politico riferito a questa giunta ma a una situazione sociale, culturale e strutturale di appiattimento verso standard davvero bassi di decenza e decoro che si è venuta a creare negli anni. Realtà che stride completamente con la definizione di città della moda e del design, a meno che non la si sia voluta appellare così a mo’ di ossimoro.»
Fonte: Stefano Sgambati nel gruppo Cantiere Urban File
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MATTEO RESPINTI
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Fino a quando non verrà ripristinato il vigile/poliziotto di quartiere, la situazione non potrà che peggiorare. Inoltre va modificato il contratto del comune con l’Amsa: non più asta al ribasso, ma asta ai migliori servizi con il prezzo più compatibile. Magari ripristinando il lavaggio strade e aumentando il numero dei ricoveri per le auto. E va mnodificato anche il contratto con i manutentori del verde: obbligo di pulizia del prato a ogni sfalciatura