10 PSICOPATOLOGIE TIPICHE a Milano

Queste 10 sono il marchio di fabbrica della nevrosi made in Milano

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Una città frenetica e quando il fattore velocità, il lavoro e lo stress diventano ingestibili, molti di noi, se non tutti, sviluppano compulsioni ed ossessioni che possono avere le forme più svariate. Anche se queste 10 sono il marchio di fabbrica del nevrotico made in Milano.

10 PSICOPATOLOGIE TIPICHE a Milano

# Il presenzialismo 

Credits: @paolo_streetshooting IG

Da non confondere con il presidenzialismo. Amici del Sud che vivono qui da tempo mi dicono che all’inizio Milano sembrava una città troppo veloce. Ad esempio, nella vita notturna. Chi viene qui e, per diletto o per lavoro, si trova a voler o dover frequentare un numero imprecisato di locali, eventi, musei e quant’altro. Il primo sintomo è sentirsi agitati a ogni invito ricevuto, anche quelli automatici di Facebook. Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? La classica domanda che quasi ogni milanese si fa per decidere se partecipare o no a un evento: spesso anche l’assenza è una forma di questa patologia. 

# L’orologiofobia

Credits: www.luxemozione.com

Orologi da polso e da muro, timer per cucinare, cronometri per correre. Il controllo del tempo è l’ossessione di molti che vivono a Milano, anche se poi succede sempre il contrario: è il tempo che controlla noi, trasformandoci tutti in bianconigli. E più ci ossessioniamo a voler incanalare a compartimenti stagni le nostre giornate, più saremo stressati e (probabilmente) meno saremo precisi e puntuali. Il tempo a Milano è un dio assoluto, spietato. O si cede al suo volere, o scatta la nevrosi. 

# La sindrome dell’esclusione

Credits: @gabrielepinese
cane abbandonato

Milano è socialità. E’ un continuo ciao come stai, ci vediamo eh?, strette di braccia, abbracci. Ci si sente parte di un corpo unico in cui ognuno si deve sentire come una cellula apprezzata dal resto dell’organismo. Ma una cellula non può sentirsi sola. Almeno, non a Milano. A Milano sentirsi esclusi è terribile. E prima o poi capita a tutti. 

# La connessione compulsiva

Credits lamentemeravigliosa – Ragazzi con cellulare

Un sottoprodotto del punto precedente. Per sfuggire alla paura di sentirsi esclusi, anche solo per due minuti, a Milano si tende a usare il cellulare in modo compulsivo, per riaffermare in ogni istante il proprio protagonismo. In auto, sul tram, perfino in bici ormai quasi nessuno riesce a stare per più di due minuti lontano dal cellulare. 

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# Le ossessioni alimentari

Credits: @martinabaiardi.fitnessfood
insalata fit

A Milano è difficile trovare qualcuno che non abbia un rapporto malato con il cibo. La colazione light, la merenda fit, il pranzo con l’insalatona, il sushino. A Milano l’idea del cibo come semplice fonte di energia, tipo pane e salame, non esiste. Anzi. E’ il momento in cui si cerca di compensare ogni squilibrio esistenziale. 

# L’ansia da prestazione 

Credits: @bosellipsicologapsicoterapeuta
ansia

A Milano non basta essere presenti. Una volta che si partecipa bisogna essere i protagonisti assoluti. Quelli che dimostrano di vincere sempre. Alla cena fra amici, alla convention aziendale o quant’altro. E il terrore di non essere alla massima altezza aleggia sempre come uno spettro. Si teme sempre di essere vestiti male, di lasciarsi scappare una battuta a sproposito, di fare cattiva impressione. Con chiunque. 

# Il complesso del provinciale

Credits: @mistermainagioia
inglesismi

Anche se l’Inghilterra ha lasciato l’Europa, l’inglese non ha abbandonato Milano. Anzi. I fan del Dogui ormai hanno una certa età e i film dei Vanzina iniziano a essere un po’ fuori tempo e soprattutto fuori moda. Certo, qualche milanese doc si cimenta ancora in inglesismi improbabili come see you later, prendo la car e passo a prenderti o il famigerato uè Paul (che vale per qualsiasi amico che sia chiami Paolo, come Dave per Davide, Philip per Filippo e così via). Chi vive a Milano non ha ancora vinto il complesso del provinciale che guarda all’estero con terrore per paura del confronto o, all’opposto, come modello di superiorità in ogni ambito. Anche linguistico. 

# L’abuso di ego contro il senso di inferiorità

Credits: angolopsicologia.com
egocentrico

Quello che a livello sociale diventa provincialismo mascherato, a livello individuale si dimostra come uno dei complessi più diffusi al mondo: quello di inferiorità. Per nasconderlo chi vive a Milano ha imparato ogni strategia: l’uso di frasi a effetto, vestiti, auto, biglietti da visita, partner, millantato credito. Punto in comune: un egocentrismo smisurato. Anche in chi cerca di distinguersi con la discrezione e la timidezza. 

# Il controllo del futuro fino all’eternità

L’unico limite per l’agenda di chi è a Milano: l’eternità. Ci si sfida a chi programma più lontano, dal ristorante alla pensione, ci si pone obiettivi da highlander, vivere l’istante come momento per programmare il futuro. L’unico svago è flaggare l’impegno rispettato. 

# Il poco ricco 

Credits: giuntialpunto.it

Complesso diventato celebre grazie alla canzone parodia di Checco Zalone: poco ricco. Ovviamente ispirata a Milano. Cero vivere a Milano costa. Non solo in termini di energia mentale, anche nel vero senso della parola. Affitti e acquisto di immobili, a Milano vivere sembra sempre una lotta per la sopravvivenza dove non esiste ricchezza che possa mettere nessuno al sicuro. E dire che su molte cose non è come sembra. Ci sono le trattorie dove mangi ancora con 5, e dico 5 euro, dove la sciura ovviamente ti insulta in milanese (e non in romano come nelle trattorie della capitale) e dove è tutto molto lento, adorabilmente genuino ed artigianalmente casereccio. Ma la realtà è che ci si sente tutti sempre poco ricchi, sempre sotto il livello di sopravvivenza. Pure se si vive nel Bosco Verticale. 

 

Continua la lettura con: Come riconoscere chi fa parte dell’Upper Class di Milano

CARLO CHIODO

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Carlo Chiodo
Nasco a marzo del 1981. Milanese moderno, ostinato e sognatore, alla costante ricerca di una direzione eclettica di vita. Laurea in Lingue e Comunicazione, sono appassionato di storia contemporanea, amante del cinema e del surf da onda. Dopo il romanzo d'esordio (Testa Vado Croce Rimango, 2016) ho pubblicato con Giovane Holden edizioni una silloge di racconti (Diario di Bordo, 2020).